Dopo l’ubriacatura dei festeggiamenti sono arrivati i dolori. Decine di amministratori hanno scoperto, il giorno dopo, che con i referendum parecchie delle strategie di privatizzazione dei servizi vanno a farsi benedire. Cito alcune cose tanto per rendere l’idea. La vittoria dei si dovrebbe fermare l’espansione (che sembrava inarrestabile) e la colonizzazione dell’Acea sulla nostra acqua pubblica. Di certo casserà (almeno si spera) il tentativo di Umbria Acque, frustrato dalla Cgil e dalla sinistra, di formare una nuova società “per la gestione privata dei profitti e la socializzazione delle perdite”. E ancora, che fine farà l’annunciata dismissione da parte del Comune di Perugia di tutte le quote possedute in Gesenu e, infine, come si deve rispondere alla domanda “può, adesso, una società a prevalente capitale privato gestire servizi pubblici?” (ogni riferimento alla predetta Gesenu è puramente casuale).
E così, un fronte , ogni giorno più largo, di amministratori e dirigenti del Pd, dopo aver cercato di passare all’incasso di una vittoria subita, già grida allo scandalo. “C’ è un vuoto normativo , bisogna riempirlo subito”. E come? Ma riproponendo e aggiornando la proposta di legge del partito, ferma in parlamento e mai ritirata; quella che parlava dell’acqua come bene economico (alla faccia dei quesiti referendari, sic). Insomma “Passata la festa, gabbatu lu santu”.
Mi si risponderà : “Ma le modifiche terranno conto dell’esito referendario”. Può darsi, ma è meglio non fidarsi in una realtà che era piena di accordi e contratti con i privati firmati o in itinere. La nuova situazione politica impone quindi che il movimento che ha promosso i referendum non si sciolga, ma rimanga in piedi per vigilare sulle mosse delle oligarchie politiche.
E’ in questo senso, io credo, che vadano accolti gli appelli all’unità della sinistra. Si deve creare fuori dalle organizzazioni tradizionali, senza che nessuno rinunci all’appartenenza di origine, un’area organizzata fatta di forze politiche intere o di parti e gruppi di esse, movimenti tematici, generalisti e specialistici, grandi e piccoli, singole persone che vogliono costruire l’alternativa nel nostro paese e, direi, per certi versi, anche in Umbria, dove va superato il conservatorismo di centrosinistra. L’obbiettivo è la creazione di una forma di pressione, di un laboratorio, di un’area vasta di partecipazione democratica verso un nuovo soggetto politico della sinistra e dei progressisti. Di una sinistra unitaria, come ha detto qualcuno oggi, che chiude definitivamente con la critica al vecchio capitalismo che non c’è più e si confronta con quello contemporaneo. Le indicazioni dei referendum sui beni comuni, lo sviluppo compatibile e la legalità, allargate ad altri temi come la centralità del lavoro e la difesa e l’allargamento dei diritti, sono già un programma, sono già un progetto, sono già un pezzo di alternativa. Per questo la parola d’ordine è “organizzarsi per difenderli”.
Ciuenlai, www.umbrialeft.it
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