di Stefano Galieni, www.controlacrisi.org
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Vendola fa il geloso e pone veto ai comunisti. A rischio il patto di non belligeranza con Idv e Bersani
di Antonio Calitri (Italia Oggi del 4 novembre 2011)
Oliviero Diliberto prova ad avvicinarsi al Partito democratico,
offrendo un patto di responsabilità senza se e senza ma. Ma trova il
veto di Nichi Vendola che lo respinge fuori dell'alleanza Pd, Sel, Idv,
così da poter ergersi a rappresentante di tutta quell'area che sta a
sinistra di Pier Luigi Bersani e non dividere l'eventuale premio di
maggioranza con altri.
I nuovi problemi intorno alla possibile alleanza elettorale continuano a spuntare come funghi sulla strada del segretario del Partito democratico. Bersani da un lato affronta l'ipotesi di un possibile governo tecnico e respinge le insidie lanciategli da Matteo Renzi lo scorso week-end, dall'altro lavora per consolidare il nocciolo duro della nuova alleanza elettorale. Strizza agli unici di cui si può fidare perché consapevoli che senza di lui rischierebbero di essere emarginati: Italia dei valori e Sinistra ecologia e libertà. Nel week end appena trascorso, a Rimini si è svolto il congresso dei comunisti italiani; una scelta non troppo fortunata vista la concomitanza con la Leopolda fiorentina e la riunione dei giovani del Sud del Partito democratico a Napoli. Nonostante la concomitanza di manifestazioni, l'evento è riuscito a ottenere un po' di spazio su stampa e tv anche grazie alla partecipazione e alle dichiarazioni «partigiane» del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. Attenzione mediatica dedicata alle critiche per la partecipazione del magistrato, ma comunque vitale la piccola formazione dei comunisti italiani. Il messaggio più importante del congresso, comunque, è stato quello della richiesta di apparentamento con il Pd e l'ingresso nella nuova coalizione elettorale in cambio della garanzia di fedeltà al programma e alla maggioranza di centrosinistra. Una proposta che non farebbe una piega. Dopo la traversata nel deserto di questi anni di vita politica extraparlamentare, di sacrifici e visibilità ridotta al lumicino, Diliberto pur di portare i comunisti di nuovo in parlamento e di battere Silvio Berlusconi (se si dovesse ripresentare) e il berlusconismo, manda a dire a Bersani che, negoziando un accordo su tre punti come lavoro, scuola pubblica e fisco, garantisce «appoggio al governo per cinque anni», «non si discute». Partendo da quel 2,7%, conquistato dalla federazione della sinistra insieme con rifondazione comunista di Paolo Ferrero, delle ultime elezioni amministrative (piuttosto che dai più recenti sondaggi) Diliberto fa notare che senza apparentamento resterebbero fuori dal Parlamento, con l'apparentamento al Pd conquisterebbero 21 parlamentari, 10 dei quali per i comunisti italiani. Un discorso che non farebbe una piega (anche se il segretario di rifondazione non ne è convinto) e che Bersani, nonostante il caos di questi giorni sta prendendo in considerazione. Cosa della quale è venuto a conoscenza anche il governatore pugliese, che ha posto subito il veto al segretario del Pd. E così ha puntato l'indice contro il suo arcinemico Ferrero e spiegato a Bersani (sembra in una telefonata molto accesa) che, in caso di apertura a sinistra, salterebbero tutti gli accordi stretti tra i due, compreso quello di Vasto e anche l'eventuale rinuncia a partecipare alle primarie. Tutto perché adesso l'obiettivo di Vendola è quello di ottenere il copyright su tutta l'area che sta a sinistra del Pd.
I nuovi problemi intorno alla possibile alleanza elettorale continuano a spuntare come funghi sulla strada del segretario del Partito democratico. Bersani da un lato affronta l'ipotesi di un possibile governo tecnico e respinge le insidie lanciategli da Matteo Renzi lo scorso week-end, dall'altro lavora per consolidare il nocciolo duro della nuova alleanza elettorale. Strizza agli unici di cui si può fidare perché consapevoli che senza di lui rischierebbero di essere emarginati: Italia dei valori e Sinistra ecologia e libertà. Nel week end appena trascorso, a Rimini si è svolto il congresso dei comunisti italiani; una scelta non troppo fortunata vista la concomitanza con la Leopolda fiorentina e la riunione dei giovani del Sud del Partito democratico a Napoli. Nonostante la concomitanza di manifestazioni, l'evento è riuscito a ottenere un po' di spazio su stampa e tv anche grazie alla partecipazione e alle dichiarazioni «partigiane» del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. Attenzione mediatica dedicata alle critiche per la partecipazione del magistrato, ma comunque vitale la piccola formazione dei comunisti italiani. Il messaggio più importante del congresso, comunque, è stato quello della richiesta di apparentamento con il Pd e l'ingresso nella nuova coalizione elettorale in cambio della garanzia di fedeltà al programma e alla maggioranza di centrosinistra. Una proposta che non farebbe una piega. Dopo la traversata nel deserto di questi anni di vita politica extraparlamentare, di sacrifici e visibilità ridotta al lumicino, Diliberto pur di portare i comunisti di nuovo in parlamento e di battere Silvio Berlusconi (se si dovesse ripresentare) e il berlusconismo, manda a dire a Bersani che, negoziando un accordo su tre punti come lavoro, scuola pubblica e fisco, garantisce «appoggio al governo per cinque anni», «non si discute». Partendo da quel 2,7%, conquistato dalla federazione della sinistra insieme con rifondazione comunista di Paolo Ferrero, delle ultime elezioni amministrative (piuttosto che dai più recenti sondaggi) Diliberto fa notare che senza apparentamento resterebbero fuori dal Parlamento, con l'apparentamento al Pd conquisterebbero 21 parlamentari, 10 dei quali per i comunisti italiani. Un discorso che non farebbe una piega (anche se il segretario di rifondazione non ne è convinto) e che Bersani, nonostante il caos di questi giorni sta prendendo in considerazione. Cosa della quale è venuto a conoscenza anche il governatore pugliese, che ha posto subito il veto al segretario del Pd. E così ha puntato l'indice contro il suo arcinemico Ferrero e spiegato a Bersani (sembra in una telefonata molto accesa) che, in caso di apertura a sinistra, salterebbero tutti gli accordi stretti tra i due, compreso quello di Vasto e anche l'eventuale rinuncia a partecipare alle primarie. Tutto perché adesso l'obiettivo di Vendola è quello di ottenere il copyright su tutta l'area che sta a sinistra del Pd.
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