Che la classe dirigente italiana faccia ridere (o schifo, a scelta)
risulta ormai un dato di fatto. E che l’Italia si meriterebbe qualcosa
di meglio è altrettanto fuori di dubbio. Ma il terribile problema, in
primo luogo di tenuta “fisica” del Paese (economica e sociale), ancora
una volta viene bellamente aggirato per tutelare il primato della
furberia sulle necessità e sulla decenza.
Agli inizi di Tangentopoli lo si fece virando la “questione morale”
in “istituzionale”: non si parlò più di comportamenti concreti, bensì di
regole astratte, consentendo alle “seconde file” della classe politica
di mimetizzarsi riciclandosi. Ora si vorrebbe ripetere quella gag
volpina sostituendo la capacità (e l’onestà) con la carta di identità.
Tutta qui la strategia dei cosiddetti rottamatori: rimpiazzare i furboni
(?) degli ex partitoni con i nuovi furbetti del partitino. Questi
ragazzotti, tirati su a pane e politica nei movimenti giovanili delle
sigle del tempo che fu, i quali non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla.
Difatti si predispongono a turlupinare ancora una volta i creduloni,
propugnando con insopportabile petulanza un rinnovamento di pura
facciata. Il loro iomaniaco capofila è l’attuale sindaco fiorentino
Matteo Renzi; il “classe 1975” figlio d’arte (su babbo Tiziano
fu consigliere comunale DC di Rignano sull’Arno: bella scuola!), già
inquartato dalla ribollita e con il pallore tipico di chi si aggira a
tempo pieno nei corridoi del Potere. E già, il Potere per il Potere; da
bravo clone della peggiore Democrazia Cristiana: mellifluo come un
Roberto Formigoni (anche lui indossa il cilicio?), demagogo come il suo
dichiarato maestro Giorgio La Pira (mistico e al tempo stesso
fanfaniano), eclettico assemblatore di suggestioni alla moda come un don
Giussani qualunque, che nel suo sincretismo fumistico ibridava suor
Teresa di Calcutta e Nietzsche (per quanto riguarda il primo cittadino
di Firenze, che c’entrano gli U2 con De Gasperi?).
Il solo elemento di novità del renzismo è l’uso spregiudicato delle
tecniche di comunicazione imbonitoria. Il novismo si ferma qua.
Perché –
quanto a idee – siamo al puro e semplice ricicciato del repertorio
reazionario. Infatti che cosa propone in sede programmatica il nostro
furbetto? Merce avariata come il “licenziamento senza tabù”, le
privatizzazioni acqua compresa (alla faccia dei referendum in cui il
popolo bue si è espresso in senso contrario), “il mettere mano alle
pensioni”.
Questi giovani politicanti dal volto paffuto, dentro sono vizzi
almeno quanto quelli che vorrebbero soppiantare. Sicché, da bravi
cinici, interessati solo alla carriera da imprenditori di se stessi,
subiscono il fascino (per loro) irresistibile del paradigma
simil-imprenditoriale incarnato dal supremo mentitore: il signore di
Arcore.
Difatti, nella villa brianzola harem di Silvio Berlusconi, il Renzi
ci va in pellegrinaggio, per abbeverarsi a tale fonte e trarne
ispirazione. Ma non in tema di Bunga-Bunga: quelli come il chierichetto
arrampicatore hanno metabolizzato l’eterno principio per cui comandare è meglio che fottere.
Insomma, il berlusconismo come modello impareggiabile pervasivo.
Tanto che, sul fronte dei portaborse bersaniani, il suo coetaneo di
scuola piccista – il nomenklatura junior Andrea Orlando – quale
responsabile giustizia del Pd, fotocopia i progetti di legge
antimagistrati messi a punto dai giuristi berlusconiani killer, tipo il
Nicola Ghedini proveniente dalla Transilvania di Vlad Drakul, alla
Maurizio Paniz, quello che scrive le comparse giudiziarie intingendo
l’alpenstock nel fiele.
Insomma, sotto la formula intrigante della “rottamazione” si annidano
i cascami di un ceto politico che è andato peggiorando ad ogni salto
generazionale. Prova-finestra che da quell’ambiente non può venire
nient’altro che questo genere di spudorati mistificatori in tenuta da
jogging, per le loro corsette in facebook o twitter.
Appunto, vecchissimi. Da non mettere alla prova come nuova (?) classe
dirigente visto che il loro irrefrenabile protagonismo rivela
perniciose attitudini all’irresponsabilità. Come già dà a vedere il
Renzi amministratore pubblico. Condannato a pagare 14.000 euro per danni
erariali il 5 agosto 2011.
Quindi, se abbiamo un disperato bisogno di buona politica, si
consiglia vivamente di rottamare i rottamatori insieme ai rottamandi.
Pierfranco Pellizzetti
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