L'VIII congresso della Federazione Provinciale di Perugia del Partito
della Rifondazione comunista fa propria la relazione introduttiva del
segretario uscente Enrico Flamini.
In un contesto mondiale
di ristrutturazione del capitalismo che genera l'attuale crisi di
sistema, l'azione delle classi dominanti si fonda sulla riscrittura dei
rapporti di forza e sullo smantellamento dello stato sociale. La crisi è
esplosa nel nostro Paese, un Paese dove dilaga corruzione, evasione e
criminalità, in una situazione economica e sociale peggiore rispetto a
quella dei principali paesi europei. L'Italia, sotto attacco della
speculazione internazionale, ha visto la nascita del governo Monti, una
sorta di commissariamento della BCE, che segna un'uscita a destra
rispetto alla caduta del governo Berlusconi, non solo per le misure che
si appresta a fare come privatizzazioni, peggioramento dei diritti per i
lavoratori, ma anche per il carattere marcatamente antidemocratico che
rappresenta. Anche i nostri territori sono interessati da una forte
crisi, frutto delle politiche neoliberiste fatte di precarietà, bassi
salari ed aumento della povertà: esiste nella nostra provincia una
crescente questione sociale.
Per questo pensiamo che occorra
ripensare il nostro territorio e soprattutto il suo apparato
industriale, con nuove politiche votate all’innovazione, alla ricerca e
al potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, alla riconversione
sostenibile in chiave ambientale e sociale, all’internazionalizzazione,
al lavoro di qualità, alla costruzione di sistemi e alla definizione di
reti e aggregazioni, ripensando anche un modello nuovo rispetto ai
consumi.
Riteniamo inoltre che una risposta possibile ai processi
di frammentazione sociale sia la valorizzazione e la centralità del
lavoro nelle sue forme, dal lavoro dipendente, al lavoro artigianale e
agricolo, dal piccolo commercio al lavoro autonomo eterodiretto, al
movimento cooperativo. Di più. Proprio per questo sosteniamo il
referendum per l'abolizione dell'articolo 8 della manovra economica di
agosto.
Su queste basi proponiamo la costruzione di un fronte
unitario al fine di rendere più efficace la nostra battaglia di
opposizione. La nostra proposta politica di fase è l’uscita a sinistra
dalla crisi nella direzione di un’alternativa di società che si coniuga
chiaramente con la riproposizione della “questione morale”. La capacità
di costruire un percorso in cui si passi dall'antiberlusconismo generico
ad una più chiara coscienza antiliberista è il nostro ruolo politico al
fine di continuare la nostra battaglia per l'eguaglianza e la giustizia
sociale. I continui tagli agli Enti Locali, operati dal governo
Berlusconi (cui l'attuale governo Monti sembra voler dare piena
continuità), ridimensionano gli strumenti in mano ai Comuni ed alla
Provincia per il governo dei territori. In questo senso ribadiamo che
occorre mettere al centro dell'azione di governo del territorio il
mantenimento dello stato sociale, la salvaguardia dei trasporti e dei
servizi pubblici locali per una mobilità alternativa (contrastando in
tal modo ogni ipotesi di privatizzazione), la difesa della sanità e
della scuola pubblica, una nuova politica di sviluppo che sappia
riconoscere la centralità al lavoro e all'ambiente. Allo stesso tempo
proponiamo di rompere il tabù del Patto di Stabilità come quello del
debito pubblico che, dietro il falso obiettivo di un rigore economico e
finanziario, sta espropriando le Istituzioni locali del proprio ruolo di
governo democratico dei territori. Su questo quadro pensiamo che
occorra continuare nella direzione di riforme strutturali capaci di
conseguire risultati di semplificazione e riqualificazione della spesa
pubblica intesa come leva di un nuovo modello di sviluppo sostenibile,
all'interno del riassetto federale dello stato, anche attraverso nuovi
strumenti fiscali, reperimento delle risorse e l'accesso al credito.
Inoltre
riteniamo che vada riproposto al centro del dibattito politico il tema
dell'Italia mediana come strumento per contrastare la divisione
territoriale particolaristica, frutto di interessi privati che
alimentano lo sfaldamento della cultura e dell'amministrazione del bene
pubblico; in questo senso intendiamo far avanzare la prospettiva di un
sempre più stringente coordinamento politico e amministrativo tra
regioni e territori che per storia a cultura politica comune hanno da
sempre valorizzato la valenza pubblica e universale dei servizi/diritti
al cittadino.
Per questo intendiamo opporci con forza alla vulgata
demagogica quotidianamente alimentata dal circuito mediatico, che
dietro il mito della casta e dell'antipolitica nasconde un piano
eversivo di desertificazione degli spazi e dell'agibilità della
rappresentanza democratica; coerentemente ci opponiamo alla chiusura
delle assemblee elettive e alla riduzione del numero dei rappresentanti
che sull'altare dei costi della politica indicano una strada che conduce
ad una pericolosissima regressione della democrazia. Al taglio delle
voci nel dibattito democratico opponiamo il taglio dei vitalizi e degli
emolumenti, indubbiamente elevati, percepiti da talune cariche, convinti
che la questione della rifondazione comunista sia oggi più che mai la
questione della democrazia e della sua espansione in senso progressista.
Ai
violenti attacchi alla democrazia, significative sono state le risposte
in termini di partecipazione popolare: un esempio su tutti ci è dato
dal referendum dello scorso giugno che ha segnato una importante
risposta da parte di milioni di cittadini agli esiti di anni di
politiche e di ideologia liberista. Noi condividiamo questa richiesta di
democrazia e partecipazione ed è per questo che ci batteremo in tutte
le sedi affinché venga avviato un percorso di ripubblicizzazione
dell'intero ciclo del servizio idrico nella nostra provincia. Riteniamo
inoltre che l'intero novero dei servizi alla cittadinanza vada riportato
sotto il controllo della sfera pubblica; in tal senso non ci mancano
esempi concreti anche nel nostro territorio a partire dalla VUS del
folignate-spoletino. Un'idea pertanto degli enti locali come luogo per
la costruzione di un modello alternativo di società e di governo dei
territori.
Anche rispetto all'Università, il calo delle iscrizioni
per le scelte scellerate del Senato Accademico perugino ripropone
un'idea di accesso allo studio di classe ed escludente. È necessario
lavorare quindi per riconquistare una nostra rappresentanza all'interno
delle assisi democratiche dell'Ateneo per avanzare le istanze dei
movimenti studenteschi e le nostre proposte. Siamo per la
“ripublicizzazione” dei saperi e per l'universalità della conoscenza,
per un pieno riconoscimento del diritto allo studio. Per l'Università
pubblica e di stato come bene comune.
Proprio su questi temi anche
nella nostra provincia è possibile aggregare la sinistra di
alternativa, in sinergia con i movimenti, con la Costituente dei Beni
comuni e del Lavoro, con l’impegno della Federazione della Sinistra. Per
questo avanziamo a tutte le formazioni politiche della sinistra, così
come alle compagne e ai compagni dei movimenti che, variamente
organizzati, si pongono la necessità politica di costruire una sinistra
ancora più forte ed incisiva nel nostro territorio, la proposta della
costruzione di un polo della sinistra di alternativa. Un polo che
coniughi lavoro, sviluppo, ambiente, qualità della vita e stato sociale,
un progetto che passa necessariamente per un percorso partecipato nella
società, una lunga e difficoltosa traversata nelle pieghe del dolore
sociale, tra le speranze e le aspettative delle classi subalterne.
partendo dalla partecipazione e dalle questioni vere che interessano il
nostro popolo: le questioni del lavoro, del salario, dell'agricoltura,
dell’artigianato, della sicurezza urbana, del piccolo commercio, delle
partita Iva, della scuola, del tipo di sviluppo economico locale. In
questo senso pensiamo occorra rafforzare a livello provinciale la
Federazione della Sinistra pensandola come luogo di incontro e
relazione, come leva di unità di azione tra tutti quei soggetti
politici, sociali e di movimento che sono disposti a opporsi alle
politiche neoliberiste imposte dalla BCE e dai tecnocrati dell’Unione
europea, mettendo in campo un movimento di resistenza al tentativo in
atto di svuotare la democrazia e le istituzioni locali, di creare un
mercato liberalizzato dei servizi pubblici locali, di cancellare i
diritti dei lavoratori. Il problema vero delle forze della sinistra nel
nostro territorio provinciale resta comunque il proprio insediamento
sociale. Non c’è processo unitario della sinistra se non c’è
legittimazione sociale e prospettiva politica. Anche nella nostra
provincia individuiamo nelle pratiche sociali una priorità strategica.
Dobbiamo continuare ad essere presenti nei luoghi di lavoro,
riconoscibili nelle vertenze operaie e del lavoro dipendente e autonomo,
nelle lotte delle comunità sui temi ambientali, nei movimenti che
rivendicano diritti e beni comuni, per contrastare in modo efficace le
difficoltà che la crisi produce tra i lavoratori e negli strati
popolari. Una sfida a cui dobbiamo rispondere con l'allargamento e
potenziamento dello stato sociale, con nuovi diritti sociali esigibili,
con nuove ed efficaci politiche dell'accoglienza, dell'inclusione,
dell'integrazione. In questo senso la lotta per la pace viene assunta
come centrale nella nostra iniziativa politica e culturale, anche
attraverso il recupero delle relazioni con tutte le organizzazioni
democratiche, progressiste e anti-imperialiste presenti nel capoluogo
provinciale, ad iniziare dalle rappresentanze dei movimenti della
“primavera araba” e dal popolo palestinese. La lotta ad ogni forma di
razzismo, ad ogni rigurgito di stampo antifascista ci impone anche su
questo terreno un rinnovato impegno politico e culturale sostenendo
anche il rafforzamento della presenza territoriale dell'ANPI. Questo
impegno si deve connettere anzitutto con la nostra presenza nel mondo
dei lavori e nelle organizzazioni sindacali per contrastare l’attacco
alla contrattazione nazionale ed i tentativi di inasprire i livelli di
precarietà ed insicurezza, per rilanciare il movimento di lotta per il
salario, per determinare risposte concrete alla crisi dell’apparato
produttivo provinciale come abbiamo fatto con la proposta di
introduzione del reddito sociale. Questo può favorire il nostro
radicamento sociale e determinare una discontinuità sostanziale rispetto
alle logiche perverse della politica attuale. Ciò non vuol dire che
rispetto al sistema delle alleanze dobbiamo perseguire l’isolamento.
Vuole dire solo che dobbiamo caratterizzarci per la proposta di una
svolta reale e netta, un profondo processo di innovazione e di
rinnovamento. Si può confermare e ricostruire un nuovo sistema di
alleanze locali su basi che partano da una analisi economico-sociale
condivisa del territorio provinciale. Per fare questo occorre rilanciare
l’azione politico-organizzativa del nostro partito. È necessario
continuare a rinnovare e rigenerare il partito, attraverso la centralità
dei circoli e dei territori. Un partito che continua a radicarsi,
capace di organizzare lotte e vertenze per la pace, contro la guerra,
per la ricomposizione di classe del mondo dei lavori e aperto alla
relazione con le diverse realtà sociali che operano nei comitati, nei
movimenti, nelle associazioni, nei sindacati. Non solo. Un partito
capace anche di utilizzare al meglio gli strumenti di comunicazione
offerti dal web e dall'innovazione tecnologica in genere ed anche capace
di fare formazione dei quadri dirigenti . In questo senso proponiamo
l'organizzazione di un partito che lavora a proposte alternative capaci
di raggiungere obiettivi concreti in favore delle classi subalterne, di
aggregare e di rilanciare l'iniziativa sui temi centrali del lavoro,
dell'ambiente e del modello di sviluppo. Su questo si dispiegherà la
nostra iniziativa attraverso la definizione di una Conferenza di
Programma.
Ponte San Giovanni (PG), 25 - 26 novembre 2011
Approvato con 87 voti favorevoli, 8 astenuti, nessun contrario
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