Col
governo Monti si chiude probabilmente la seconda Repubblica. Così come
la prima era finita con i governi tecnici Amato e Ciampi, anche il
ventennio berlusconiano finisce sotto i colpi della scure del mercato.
Un sistema politico impaludato e sottosviluppato non riesce a
rigenerarsi senza un qualche shock esterno. Prima la fine dell’Urss e la
crisi dello Sme, ora il tracollo del capitalismo liberale ed il caos
finanziario che rischia di far scomparire l’Euro. Ma in Italia, come
nella Sicilia del Gattopardo, apparentemente, tutto cambia perché nulla
cambi davvero. D’altronde, appunto, questi cambiamenti di regime non
sono il risultato di una crisi organica, come avrebbe detto Gramsci.
Questi crolli non arrivano in momenti di avanzamento di un blocco
storico alternativo ma, anzi, durante la sua ritirata. Almeno la fine
della Dc e del Psi aveva portato a sperare in una nuova stagione
politica – ma il Pci era sparito, il sindacato firmava una resa quasi
incondizionata ed il liberismo avanzava trionfante. E nei fatti
l’emblema di questa fase è stato Berlusconi, non certo quello che in
molti sognavano quando si sperava di non morire democristiani.
Berlusconi si presentava come novello Cesare con l’intento evidente di
difendere interessi consolidati che rischiavano di scomparire dopo la
fine della guerra fredda, quel capitalismo all’amatriciana fatto di di
commesse pubbliche e corruzione di cui il Caimano era il miglior
esempio.
L’esperimento berlusconiano di modernizzazione si è rivelato però una barzelletta finita in una grottesca farsa, prolungatasi ben oltre la sua naturale scadenza, il 2006, perchè nuovamente, come nel caso mussoliniano, una borghesia troppo debole per essere egemonica si era fatta sfuggire di mano la situazione. Ora a mandare via il Biscione ci hanno pensato forze assai più vaste, quelle della speculazione. E le forze nostrane più tradizionali, la borghesia industrial-finanziaria ed il mondo cattolico si candidano con forza a tornare sulla plancia di comando, sotto la tutela europea.
La composizione del governo è inequivocabile. Passera a rappresentare la grande finanza, Gnudi l’industria, Ornaghi il mondo cattolico conservatore e Riccardi quello più progressista. Con Monti a gestire il tutto. Sembra quasi il governo del Terzo Polo (Bocchino, sfacciato ed ingenuo, se l’è pure lasciato scappare), non fosse che questo Terzo Polo è destinato a diventare il primo, riassorbendo l’elettorato in fuga dal coacervo berlusconiano proprio come Forza Italia era andata a raccattare i vecchi voti del pentapartito. Terzo Polo che si nasconde sotto le insegne del governo tecnico, contando molto sulla ventata fortissima di antipolitica che spira da diversi anni a questa parte. Ma è meglio non farsi illusioni, si tratta di un governo prettamente politico, che presenterà un programma economico forte e con un programma politico ancora più ambizioso.
L’obiettivo, in maniera lapalissiana, è il superamento dell’attuale assetto politico, a partire dalla scomposizione del Pd, una parte del quale verrà assorbita (basti pensare a Letta, Veltroni e all’astro nascente Renzi), mentre l’altra verrà marginalizzata, insieme alla sinistra extraparlamentare e l’Idv. A destra ritorneranno fuori dalle stanze del potere la Lega e le parti più impresentabili del berlusconismo. Mentre davvero non si capisce perchè il Pd si presti a questo gioco da cui non può che uscire perdente. La leadership del partito si è fatta cogliere, una volta di più, di sorpresa, con la linea dettata non tanto da Bersani, ma dal vero regista di tutta questa operazione, Giorgio Napolitano, che ha praticamente imposto a Pd e Pdl il nome di Monti e la svolta centrista.
Non illudiamoci, questo riallineamento è destinato a durare ben oltre la prossima scadenza elettorale ed oltre il gabinetto Monti. Il padronato italiano deve essere salvato (in primo luogo da se stesso e dalla sua storica incapacità), perchè ora a rischio c’è la sopravvivenza stessa dell’economia ed addirittura del paese. Addirittura dell’Europa. Alcuni (come Marchionne) hanno già abbandonato la barca, altri, che non possono fare altrettanto, si affidano ad un nuovo, ma vecchissimo progetto politico. Prima la sinistra (tutta) se ne accorge, meglio è.
L’esperimento berlusconiano di modernizzazione si è rivelato però una barzelletta finita in una grottesca farsa, prolungatasi ben oltre la sua naturale scadenza, il 2006, perchè nuovamente, come nel caso mussoliniano, una borghesia troppo debole per essere egemonica si era fatta sfuggire di mano la situazione. Ora a mandare via il Biscione ci hanno pensato forze assai più vaste, quelle della speculazione. E le forze nostrane più tradizionali, la borghesia industrial-finanziaria ed il mondo cattolico si candidano con forza a tornare sulla plancia di comando, sotto la tutela europea.
La composizione del governo è inequivocabile. Passera a rappresentare la grande finanza, Gnudi l’industria, Ornaghi il mondo cattolico conservatore e Riccardi quello più progressista. Con Monti a gestire il tutto. Sembra quasi il governo del Terzo Polo (Bocchino, sfacciato ed ingenuo, se l’è pure lasciato scappare), non fosse che questo Terzo Polo è destinato a diventare il primo, riassorbendo l’elettorato in fuga dal coacervo berlusconiano proprio come Forza Italia era andata a raccattare i vecchi voti del pentapartito. Terzo Polo che si nasconde sotto le insegne del governo tecnico, contando molto sulla ventata fortissima di antipolitica che spira da diversi anni a questa parte. Ma è meglio non farsi illusioni, si tratta di un governo prettamente politico, che presenterà un programma economico forte e con un programma politico ancora più ambizioso.
L’obiettivo, in maniera lapalissiana, è il superamento dell’attuale assetto politico, a partire dalla scomposizione del Pd, una parte del quale verrà assorbita (basti pensare a Letta, Veltroni e all’astro nascente Renzi), mentre l’altra verrà marginalizzata, insieme alla sinistra extraparlamentare e l’Idv. A destra ritorneranno fuori dalle stanze del potere la Lega e le parti più impresentabili del berlusconismo. Mentre davvero non si capisce perchè il Pd si presti a questo gioco da cui non può che uscire perdente. La leadership del partito si è fatta cogliere, una volta di più, di sorpresa, con la linea dettata non tanto da Bersani, ma dal vero regista di tutta questa operazione, Giorgio Napolitano, che ha praticamente imposto a Pd e Pdl il nome di Monti e la svolta centrista.
Non illudiamoci, questo riallineamento è destinato a durare ben oltre la prossima scadenza elettorale ed oltre il gabinetto Monti. Il padronato italiano deve essere salvato (in primo luogo da se stesso e dalla sua storica incapacità), perchè ora a rischio c’è la sopravvivenza stessa dell’economia ed addirittura del paese. Addirittura dell’Europa. Alcuni (come Marchionne) hanno già abbandonato la barca, altri, che non possono fare altrettanto, si affidano ad un nuovo, ma vecchissimo progetto politico. Prima la sinistra (tutta) se ne accorge, meglio è.
Nicola Melloni - Liberazione
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