Siamo al giorno dopo. Quasi. La domenica scorrerà
via lenta, nel torpore che coglie a seguito di un evento a lungo
atteso, salvifico nelle promesse. Domani i mercati emetteranno la loro
sentenza e “la fiducia dei consumatori” li seguirà, come una pecora al
macello.
Siamo al giorno dopo. E dai piani alti degli “spin doctor” ci arrivano valanghe di messaggi tutti convergenti su un unico segnale: “lasciate fare a noi, non preoccupatevi più di nulla”. Un esempio? Il titolo del pezzo di Scalfari, su Repubblica: "un cittadino al servizio del paese". Detto del consulente di Goldman Sachs, del presidente eruoepeo della Trlaterale, dei membro del direttivo del Bilderberg, ci sembra davveo un po' troppo...
Comunque. Questi spin sono più forti delle televisioni del
Cavaliere, più pervasivi, più aggiornati nelle tecniche di
comunicazione. Totalitari perché bipartisan. Le telecamere hanno già
smesso di inquadrare Berlusconi e il suo seguito, cercano soltanto Monti
e i volti di coloro che potrebbero stargli al fianco.
Ci saranno problemi nella formazione del governo? O almeno nel
garantirgli il voto in Parlamento? Sì, certamente. E molto di agitano,
specie a destra. Specie i servi, con manganello o senza. Sognano ancora
di trasformare l'”aula sorda e grigia” da cui sono stati inopinatamente
emarginati in un ring, in un Conclave dove Monti entrerà papa per
uscirne cardinale; o comunque condizionabile ogni giorno nelle decisioni
di governo.
Non hanno capito nulla. Sono entrati in campo i pesi massimi, le corazzate sostenute da valanghe di debito insostenibili, i droni telecomandati del capitale finanziario. Un Gasparri o una Meloni sono per loro ostacoli grandi quanto uno straccio in discarica. Basterà una telefonata “seria”, una “proposta che non possono rifiutare”, una piccola promessa, per addomesticarne l'orgoglio ferito o l'ambizione azzerata.
Tutti sanno che quel che è stato deciso altrove dovrà esser fatto. I fortunati deputati chiamati a dare il loro assenso col voto non hanno una seconda scelta. Sarà tollerata la fronda leghista, per ora, in attesa di metter mano ai trasferimenti agli enti locali, quote latte, “riserve di grasso” che hanno nutrito anche la masnada lumbard.
Lo stesso Berlusconi dovrà darsi da fare per tenere nel recinto questi scavezzacolli da discoteca. Ne va delle sue aziende, delle sue vicende giudiziarie, del suo restare nel club di quelli che contano almeno qualcosa. Il suo cedere il passo nel giro di una sola settimana testimonia che le potenze ora in azione vanno al di là dell'immaginato.
Questo è il tempo della crisi, non più dell'avanspettacolo. I rapporti di forza si stabiliscono sui numeri solidi, non quelli dei sondaggi; si organizzano le truppe su gerarchie ferree e obiettivi chiari, che sbaragliano l'orda variopinta dei piccoli cacicchi aggregati sulla base del diritto di saccheggio una volta entrati nelle stanze del potere.
Anche per il capitale, dunque, è finita la stagione dello spontaneismo...
Non hanno capito nulla. Sono entrati in campo i pesi massimi, le corazzate sostenute da valanghe di debito insostenibili, i droni telecomandati del capitale finanziario. Un Gasparri o una Meloni sono per loro ostacoli grandi quanto uno straccio in discarica. Basterà una telefonata “seria”, una “proposta che non possono rifiutare”, una piccola promessa, per addomesticarne l'orgoglio ferito o l'ambizione azzerata.
Tutti sanno che quel che è stato deciso altrove dovrà esser fatto. I fortunati deputati chiamati a dare il loro assenso col voto non hanno una seconda scelta. Sarà tollerata la fronda leghista, per ora, in attesa di metter mano ai trasferimenti agli enti locali, quote latte, “riserve di grasso” che hanno nutrito anche la masnada lumbard.
Lo stesso Berlusconi dovrà darsi da fare per tenere nel recinto questi scavezzacolli da discoteca. Ne va delle sue aziende, delle sue vicende giudiziarie, del suo restare nel club di quelli che contano almeno qualcosa. Il suo cedere il passo nel giro di una sola settimana testimonia che le potenze ora in azione vanno al di là dell'immaginato.
Questo è il tempo della crisi, non più dell'avanspettacolo. I rapporti di forza si stabiliscono sui numeri solidi, non quelli dei sondaggi; si organizzano le truppe su gerarchie ferree e obiettivi chiari, che sbaragliano l'orda variopinta dei piccoli cacicchi aggregati sulla base del diritto di saccheggio una volta entrati nelle stanze del potere.
Anche per il capitale, dunque, è finita la stagione dello spontaneismo...
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