Se
se siete a Monaco e volete fare una gita prendete la statale 92 verso
il Danubio che scorre grigio azzurro in attesa di traversare Passau e
poi arrivare a Vienna. A una quarantina di chilometri dal fiume, vicino a
una cittadina che si chiama Dingolfing vedrete un gigantesco
stabilimento industriale sul quale veglia lo scudo rotondo della Bmw. Li
dentro vengono costruiti i modelli più grandi della marca, ma anche,
insospettabilmente, i motori, le scocche e l’elettronica della Rolls
Royce. Il tutto poi viene trasferito in Inghilterra dove, grazie a
contributi del governo britannico e anche a convenienze di marchio, i
british worker montano la carrozzeria, la radica e la selleria. Si è
dovuto costruire un piccolo stabilimento nuovo, perché quello vecchio è
passato in eredità alla Bentley e dunque alla Volkswagen.
Se il paesaggio ci piace, la giornata è bella e magari abbiamo una
macchina veloce potremmo proseguire verso il nord… Regensburg,
Norimberga, Bayreuth, Lipsia e quando saremo vicino Berlino ecco un
altro complesso industriale: questa volta il nome Rolls Royce, si vede
bello chiaro, se non fosse che al nome è aggiunto Deutschland, sempre
società della Bmw che costruisce i motori d’aereo montati sugli airbus,
su una ridda di executive e su molti apparecchi militari.
Rolls Royce certo evoca molto di ciò che per noi è Inghilterra,
assieme alla Regina, all’immangiabile porridge e all’idea peraltro del
tutto falsa di una certa classe. Ma Rolls Royce è ormai altrove, quasi
si fosse realizzata la profezia che il vecchio leader conservatore
Harold Macmillan, espresse nel 1985, di fronte al massiccio programma di
privatizzazioni della Tatcher: “Prima scompare l’argenteria georgiana,
poi tutti i bei mobili che adornano il salotto. Infine tocca ai quadri
di Canaletto”. Ecco, sì Canaletto è andato. Ma insieme a molte altre
cose e facendo della Gran Bretagna un Paese incazzato e difficoltoso,
senza più una propria industria, dove la finanza londinese la fa da
padrone e le aziende private si crogiolano nei loro profitti e
nell’inefficienza nei confronti dei clienti.
Nel luglio dell’anno scorso British Gas (che opera per anche nel
campo dell’energia elettrica) ha aumentato le sue tariffe del 18 per
cento, cosa che naturalmente ha fatto incavolare le famiglie inglesi. Ma
chissà quanto si sarebbero incavolate se avessero saputo che l’azienda è
controllata dalla Rwe tedesca e dall’Edf francese le quali hanno
aumentato i prezzi in Gran Bretagna per tenere fermi quelli di Germania e
Francia. E di certo il fatto che sempre la British Gas sia stata
multata di 2 milioni di sterline per non aver dato alcuna risposta ai
reclami dei clienti è poco consolante se si pensa che in tre anni appena
il costo medio annuo dei servizi di BG è aumentato dalle 860 alle 1286
sterline. L’introito in più è stato di 15 miliardi di sterline annue,
tanto per far vedere che se qualcuno spera nella funzione salvifica di
authority e comitati o è un illuso o è in malafede.
Così la stagione tatcheriana che doveva salvare la Gran Bretagna,
trasformando tutto in privato ha ottenuto un brillante risultato: il
20% dei giovani dai 16 ai 24 anni è disoccupato, il che per la
statistica significa che in 365 giorni non ne ha lavorato nemmeno uno. E
si è raggiunto contemporaneamente il minimo storico di iscrizioni alle
università. Ma certo non è solo colpa della signora di ferro: anche il
labour di Blair ha le sue colpe e soprattutto quella di essere stato
sedotto da questa visione semplicistica di stato inefficiente, privato
efficiente. O dall’idea di una big society nella quale fossero i
cittadini stessi a sostituire lo stato nella gestione di molti servizi,
mentre nella realtà è accaduto che lo Stato è diventato debole ed
evanescente, mentre i potentati privati, spesso stranieri, fanno il
bello e il cattivo tempo. Blair è arrivato persino a vendersi le
ferrovie, esilarante esempio di una catastrofe ideologica che sarebbe un
buon soggetto per un Circolo Pickwick del 21° secolo: i biglietti
costano il 30% in più che in Germania, dove i treni sono gestiti dal
pubblico e sono assai meno efficienti. Ma costano allo stato che rimane
socio dei privati, il 40% in più di quello che costano all’erario
pubblico tedesco. Non è forse un caso che in queste condizioni e
situazioni Gordon Brown abbia speso la bellezza di 850 miliardi di
sterline per salvare le banche e si sia svenduto la metà delle riserve
auree inglesi, proprio prima che il prezzo del metallo schizzasse alle
stelle.
Ma nonostante questi esempi ancora si pensa di ricavare chissà che
cosa dalle privatizzazioni o di attingere chissà quale efficienza. C’è
ancora chi sniffa la polverina magica dell’ideologia liberista e pensa
che l’avidità privata e finanziaria sia l’unico motore della crescita,
ritiene che lo stato sia solo un grande peso: forse euroburocrati si
nasce e non si diventa. E altri si arrendono senza fiatare a questa
necessità perché dopo aver creato l’inefficienza del pubblico, usandolo a
scopi personali o di clan e facendone una sorta di welfare
elettoralistico, ora non sanno come rimediare e non sanno nemmeno se
vogliono rimediare. Broken England e Cresci Italia navigano sulla stessa
rotta a distanza di anni: è il fascino della società diseguale.
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