di LUCA TELESE
Andando a vedere, scopri sempre qualcosa. Per intervistare Paolo Ferrero,
segretario di Rifondazione, vado a citofonare al piano nobile del
palazzone di via del Policlinico che dal 1994 ospita il partito. Non
rispondono. Chiamo il centralino: “Suona l’altro interno!”. L’intero
piano è stato appena venduto, e da pochi giorni Ferrero si è ritirato
nelle stanze spartane del pianterreno. Così, per introdurre l’intervista
sul prossimo congresso di Rifondazione e sulla critica drastica al
governo Monti, partiamo dal taglio dei costi imposto dalla crisi:
“Abbiamo dovuto venderlo per campare – dice Ferrero con un sorriso
malinconico – e non è finita. Venderemo anche l’appartamento dove ci
troviamo ora”.
Quanto ha fruttato questa cessione?
Tre milioni di euro.
All’epoca era stato un grande investimento. Ci copriamo il bilancio di
un anno.
Quanti dipendenti sono rimasti?
Quando sono arrivato erano 160.
Oggi 40!
Fate i tagli come Monti?
Non lo dire nemmeno per scherzo. Ci
sono stati imposti dalla mancata elezione. A Liberazione abbiamo dovuto
fare lo stesso.
Cioè?
Quando sono entrato, il compagno Sansonetti ci
aveva lasciato 3 milioni di euro. Oggi con il contributo pubblico –
sempre che arrivi – siamo in paro.
Per essere sinceri fino in fondo
bisogna dire che avete mandato via la metà dei redattori e dimezzato la
foliazione!
Con la morte nel cuore.
Il segretario è finito in una
stanzetta … Spirito di sobrietà?
Era meglio lasciare quelle più grandi
ai compagni che la dividono in tre.
Con quanto viveva Rifondazione,
prima del mancato quorum?
18 milioni di euro all’anno. Adesso sono un
sesto.
Erano troppi prima?
Ma anche troppo pochi adesso. Avessi potuto
scegliere avrei ripartito diversamente le risorse. Se scompare la
politica scompare la democrazia. E se tagliano il contributo dobbiamo
chiudere pure il giornale.
È giusto che lo Stato copra il 70 % delle
spese con il finanziamento pubblico?
Secondo me sì. Nessun imprenditore
compra pubblicità in un giornale comunista, nessuno vuole finanziarlo.
Vi sentite isolati?
Per nulla. Pensa che alla riunione in cui abbiamo
discusso le tesi del congresso è venuto a parlare con noi Fausto
Bertinotti.
Me lo dice per dare un dolore a Vendola, a cui Bertinotti ha
detto che la sinistra non può governare?
Non ci pensavo proprio. Solo
per spiegare che non abbiamo nessun senso settario.
Quanto l’ha turbata
la morte di Magri?
Moltissimo. Ma per spiegarlo dovrei parlare di una
storia personale ….
Facciamolo.
Questa estate ho scoperto di avere un
tumore al colon. Grave? Dico al medico: quando devo tornare che stasera
ho una riunione? E lui? ‘ Se vorrà fare altre riunioni, in vita sua,
questa dovrà saltarla’. Operato d’urgenza. È stato un bene: mi hanno
tolto una bistecca di carne, ma non era ancora diventato maligno.
Vuole
dire che ha pensato anche lei al suicidio?
Al contrario. Mi sono
scoperto relativamente spensierato. Angela, la mia compagna, quel giorno
mi manda un sms: ‘ Cosa dicono? ’.
E lei?
Le ho risposto secco: ‘
Cancro’. Lei pensava a uno scherzo, e ha chiamato il compagno che era
con me: ‘ Paolo è impazzito’.
E quale è la riflessione di ora, a mente
fredda?
La mia cultura valdese, al contrario di quella cattolica, mi
impedisce di venire schiacciato dal dogma della sacralità della vita. La
morte, per noi, è una fatalità possibile.
Quindi il suicidio non è
peccato?
Non è una caso che Lucio si sia suicidato in un paese
protestante come la Svizzera. Mia madre avrebbe detto: ‘ Ha finito di
soffrire’. Per molti cattolici la morte biologica annulla tutto il resto
…
Quando hai visto l’ultima volta Magri?
Il 15 ottobre, alla
manifestazione degli indignati. La sua disperazione è anche una nostra
sconfitta. Magri ha combattuto una vita per la sinistra di governo.
Il
suo alleato Diliberto dice che la vostra federazione deve imporre ai
suoi eletti il vincolo di fiducia al governo. (Sorride).
Con il governo
Monti questo problema non è più all’ordine del giorno, direi. Io avrei
detto diversamente da Oliviero, ma è evidente che non potevamo andare al
voto e poi far cadere un governo.
È una risposta elusiva.
Al contrario.
Noi volevamo votare. Ma la crisi del Pd ha fatto sì che Bersani, che
era con noi, sia stato messo in minoranza. La crisi del Pd? Mi pare
evidente che in quel partito c’è un conflitto in atto fra un’ala
socialdemocratica e una liberomercatista. Per ora hanno vinto i secondi.
Monti è un nemico?
Siamo contro questo governo. É inquietante
l’analogia con quello che è accaduto in Grecia. Si è impedito che la
gente potesse votare, e si è messo un banchiere, in entrambi i casi un
ex membro di Goldman Sachs.
Era meglio Berlusconi?
Non mi passa per la
testa. Berlusconi ha servito gli stessi interessi neoliberisti. I primi
passi di Monti sono devastanti, un massacro sociale.
Facciamo una prova:
pensioni?
Una mossa iniqua, regressiva, inutile …
Lei conosce la
Fornero, è espressione dei poteri forti pure lei?
È parte di quella
sinistra ideologicamente neoliberista. Non serve per abbattere il
debito? Facciamo i conti: quanto riduce? 100 miliardi in dieci anni se
va bene.
Le pare poco?
Cambia nulla. Però ammazza delle persone che
hanno lavorato, e non meritano di essere tartassate. Nemmeno i giovani
che sono già al contributivo puro. Ecco lo schema del vangelo
neolibertista. C’è qualcuno che già sta peggio di un altro. Allora si
dice: è una ingiustizia! Facciamo stare peggio tutti! Nel mercato del
lavoro è il metodo Ichino.
Anche lui un nemico?
Un difensore delle tesi
neoliberiste.
Ma voi non avete ricette alternative …
E chi lo dice?
Abbassiamo tutte le pensioni a 5 mila euro, e recuperiamo dieci
miliardi. Invece, se tolgono quattro anni di vita a operai, come mio
fratello, che lavorano da quarant’anni, fanno pagare chi ha già pagato.
I tagli sono una cura?
É come se per curarmi il tumore al colon avessero
amputato una gamba. E non rida. L’hanno fatto alla Grecia.
Perché?
Per
comprarsela.
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