Dev’essere
«il vecchio che è in noi», in questo caso in me, a farmi sussultare
alla lettura dell’articolo del mio assai stimato amico Alberto Asor Rosa
sul manifesto di ieri ( vedi: I sette pilastri della saggezza).
Egli vede nel formarsi extra o postparlamentare del governo Monti, voluto dal Presidente della Repubblica e accettato più o meno obtorto collo dalle intere Camere, esclusa la Lega, un passaggio salvifico che ci ha estratti dalla palude del berlusconismo. E in questa ammirazione non è certo il solo. Ma, rispetto agli altri estimatori, sottolinea nell’emergere di Monti una superiore saggezza e oggettività, le cui radici attribuisce all’Europa di Bruxelles, esclusion fatta degli ineleganti Sarkozy e Merkel, augurabilmente sulla via d’uscita. Qui la sua argomentazione fa un salto, perché è impervio trovare nelle misure prese da Monti farina diversa da quella che sta nel sacco franco-tedesco. Ma Asor Rosa ne vede la necessità anche nella mancanza di alternative. Chiunque ne voglia avanzare deve godere di altrettanta saggezza e consenso, nonché del rispettoso silenzio dei partiti in deliquescenza e di una opinione sfatta sulla quale galleggiano pochi residui di classe.
Di tanta saggezza non mi sento, ahimé, portatrice. Ma di consensi ne ho conosciuti troppi perché mi persuadano. Nulla di quanto è avvenuto in Italia mi piace. Non la lunga berlusconata, assai consensuale, seguita allo spegnersi del partito comunista più grosso e intelligente del continente. Non la linea di un governo la cui «tecnica» sta nel seguire fedelmente le direttive europee. Non l’improvviso decisionismo del Presidente della Repubblica, che la stampa vorrebbe già fornito dei poteri relativi e dunque di una costituzione presidenziale che con le inedite attuali convergenze non sarebbe inattuabile. Non la decisione del suddetto Presidente di non chiedere una destituzione del precedente Premier per recidivo assalto alle istituzioni repubblicane, anziché lasciarlo con la sua maggioranza alle Camere, da dove potrebbe riemergere fra un anno e, unendo il suo populismo a quello della Lega, attrarre chissamai di nuovo le masse disorientate e afflitte dalle misure di rigore.
Le quali non sono né oggettive né obbligate, affatto. Non mi richiamerò agli Stiglitz, Krugman, Mary Kaldor, Fitoussi eccetera, che lo predicano da testate più autorevoli della nostra, ma al lavoro svolto da noi e da “Sbilanciamoci” fin da quest’estate.
Esso non lascia dubbi sulla natura di parte liberista di Monti e del suo governo, appoggiato senza sorprese dal moderatismo della Chiesa di Roma – mica siamo più all’irrequieto Vaticano II.
La liberazione da ogni vincolo che esige la proprietà, a cominciare dai lacci e lacciuoli che si era conquistato il lavoro dipendente, non ha nulla di oggettivo. E all’opporle da parte della Cgil la difesa dell’art.18 si può applaudire, non senza ricordare che, rispetto al 1970, esso non è in grado di difendere la massa imponente degli occupati nelle piccole aziende, dei precari, dei disoccupati, ormai quasi pari a quella degli ex garantiti. Né vedo che cosa ci sia di necessitato nel dire no alla modesta TobinTax. È forse super partes la differenza scandalosa fra l’imposizione sul lavoro e quella sull’impresa? E l’attuale franchigia delle transazioni finanziarie per miliardi? E poi che c’è di oggettivo nell’azzerare i referendum per l’acqua pubblica? E nell’assegnare altri servizi pubblici ai privati?
Il governo Monti non è né tecnico né oggettivo, è onesto e di parte. Meglio di parte che corrotto? Sì, non fosse per il fatto che il sistema berlusconiano ha indotto gran parte dell’opinione già progressista a non distinguere più fra destra e sinistra, sfruttatori e sfruttati, fra chi ha e chi non ha, chi si è arricchito e chi si è impoverito da vent’anni a questa parte, rovesciando la proporzione prima consueta fra redditi da capitale e redditi da lavoro – concetti vecchi ma realtà corpose lussureggianti.
Meglio ricordare che siamo tutti di parte, anche davanti al debito pubblico e alla sua formazione, che è precedente al governo Berlusconi, né può essere attribuita alla multinazionale dei tassisti e dei notai. E d’altra parte, la mancanza di “oggettività” di Monti non si deve a una sua malvagità, sono certa che oltre che impeccabile sia caritatevole; viene dalla persuasione, non solo sua, che a tassare i grandi patrimoni o i grandi profitti o le finanze questi si butterebbero di colpo all’estero invece che far valere i propri talenti, materiali e immateriali, nella nostra Italia. Non è vero affatto, se no perché non hanno fatto altro che questo anche con il Cavaliere? Perché da trenta anni in qua ci siamo deindustrializzati e ha prevalso l’investimento sulle finanze, ormai superiore a ogni Pil in giro per il pianeta?
Basta scorrere i materiali e le statistiche, ormai trovabili dovunque, sulle fusioni, sulle delocalizzazioni, su come emergono gli emergenti, sul mutato rapporto tra regioni del mondo. Sarà un caso che nove paesi d’Europa siano più che mai nei guai e degradati tutti dalle agenzie di rating, salvo la Germania e, credo, la Finlandia? Sarà un caso che non c’è crescita da nessuna parte del continente? Sarà un caso che le agenzie suddette non si siano accorte che i subprimes erano una truffa e la Grecia lasciava montare da anni il suo debito? Sarà un caso che le grandi famiglie già industriali, vedi gli Agnelli, siano passati alle rendite? Che nel conflitto fra Marchionne e i lavoratori né l’Europa né Monti hanno niente da dire? Che la disoccupazione cresca, e anche la povertà? Perfino in Germania c’è chi è pagato un euro all’ora. E che tutti i paesi siano indebitati, perché alla crescita dei disoccupati consegue il calo delle entrate pubbliche? Le politiche di rigore sono non solo crudeli, sono inefficaci.
Così stanno le cose, e su questo rifiorisce la destra estrema. Vorrei che Asor Rosa mi smentisse sui fatti. Può solo obiettarmi: ma tu chi sei? Chi rappresenti? Se parli per il mondo del lavoro, com’è che questo non vi sta a sentire? Tu, voi, davanti alla splendida schiera degli onesti non siete niente. Sta’ zitta, insolente.
Insolente forse sì, zitta no.
Egli vede nel formarsi extra o postparlamentare del governo Monti, voluto dal Presidente della Repubblica e accettato più o meno obtorto collo dalle intere Camere, esclusa la Lega, un passaggio salvifico che ci ha estratti dalla palude del berlusconismo. E in questa ammirazione non è certo il solo. Ma, rispetto agli altri estimatori, sottolinea nell’emergere di Monti una superiore saggezza e oggettività, le cui radici attribuisce all’Europa di Bruxelles, esclusion fatta degli ineleganti Sarkozy e Merkel, augurabilmente sulla via d’uscita. Qui la sua argomentazione fa un salto, perché è impervio trovare nelle misure prese da Monti farina diversa da quella che sta nel sacco franco-tedesco. Ma Asor Rosa ne vede la necessità anche nella mancanza di alternative. Chiunque ne voglia avanzare deve godere di altrettanta saggezza e consenso, nonché del rispettoso silenzio dei partiti in deliquescenza e di una opinione sfatta sulla quale galleggiano pochi residui di classe.
Di tanta saggezza non mi sento, ahimé, portatrice. Ma di consensi ne ho conosciuti troppi perché mi persuadano. Nulla di quanto è avvenuto in Italia mi piace. Non la lunga berlusconata, assai consensuale, seguita allo spegnersi del partito comunista più grosso e intelligente del continente. Non la linea di un governo la cui «tecnica» sta nel seguire fedelmente le direttive europee. Non l’improvviso decisionismo del Presidente della Repubblica, che la stampa vorrebbe già fornito dei poteri relativi e dunque di una costituzione presidenziale che con le inedite attuali convergenze non sarebbe inattuabile. Non la decisione del suddetto Presidente di non chiedere una destituzione del precedente Premier per recidivo assalto alle istituzioni repubblicane, anziché lasciarlo con la sua maggioranza alle Camere, da dove potrebbe riemergere fra un anno e, unendo il suo populismo a quello della Lega, attrarre chissamai di nuovo le masse disorientate e afflitte dalle misure di rigore.
Le quali non sono né oggettive né obbligate, affatto. Non mi richiamerò agli Stiglitz, Krugman, Mary Kaldor, Fitoussi eccetera, che lo predicano da testate più autorevoli della nostra, ma al lavoro svolto da noi e da “Sbilanciamoci” fin da quest’estate.
Esso non lascia dubbi sulla natura di parte liberista di Monti e del suo governo, appoggiato senza sorprese dal moderatismo della Chiesa di Roma – mica siamo più all’irrequieto Vaticano II.
La liberazione da ogni vincolo che esige la proprietà, a cominciare dai lacci e lacciuoli che si era conquistato il lavoro dipendente, non ha nulla di oggettivo. E all’opporle da parte della Cgil la difesa dell’art.18 si può applaudire, non senza ricordare che, rispetto al 1970, esso non è in grado di difendere la massa imponente degli occupati nelle piccole aziende, dei precari, dei disoccupati, ormai quasi pari a quella degli ex garantiti. Né vedo che cosa ci sia di necessitato nel dire no alla modesta TobinTax. È forse super partes la differenza scandalosa fra l’imposizione sul lavoro e quella sull’impresa? E l’attuale franchigia delle transazioni finanziarie per miliardi? E poi che c’è di oggettivo nell’azzerare i referendum per l’acqua pubblica? E nell’assegnare altri servizi pubblici ai privati?
Il governo Monti non è né tecnico né oggettivo, è onesto e di parte. Meglio di parte che corrotto? Sì, non fosse per il fatto che il sistema berlusconiano ha indotto gran parte dell’opinione già progressista a non distinguere più fra destra e sinistra, sfruttatori e sfruttati, fra chi ha e chi non ha, chi si è arricchito e chi si è impoverito da vent’anni a questa parte, rovesciando la proporzione prima consueta fra redditi da capitale e redditi da lavoro – concetti vecchi ma realtà corpose lussureggianti.
Meglio ricordare che siamo tutti di parte, anche davanti al debito pubblico e alla sua formazione, che è precedente al governo Berlusconi, né può essere attribuita alla multinazionale dei tassisti e dei notai. E d’altra parte, la mancanza di “oggettività” di Monti non si deve a una sua malvagità, sono certa che oltre che impeccabile sia caritatevole; viene dalla persuasione, non solo sua, che a tassare i grandi patrimoni o i grandi profitti o le finanze questi si butterebbero di colpo all’estero invece che far valere i propri talenti, materiali e immateriali, nella nostra Italia. Non è vero affatto, se no perché non hanno fatto altro che questo anche con il Cavaliere? Perché da trenta anni in qua ci siamo deindustrializzati e ha prevalso l’investimento sulle finanze, ormai superiore a ogni Pil in giro per il pianeta?
Basta scorrere i materiali e le statistiche, ormai trovabili dovunque, sulle fusioni, sulle delocalizzazioni, su come emergono gli emergenti, sul mutato rapporto tra regioni del mondo. Sarà un caso che nove paesi d’Europa siano più che mai nei guai e degradati tutti dalle agenzie di rating, salvo la Germania e, credo, la Finlandia? Sarà un caso che non c’è crescita da nessuna parte del continente? Sarà un caso che le agenzie suddette non si siano accorte che i subprimes erano una truffa e la Grecia lasciava montare da anni il suo debito? Sarà un caso che le grandi famiglie già industriali, vedi gli Agnelli, siano passati alle rendite? Che nel conflitto fra Marchionne e i lavoratori né l’Europa né Monti hanno niente da dire? Che la disoccupazione cresca, e anche la povertà? Perfino in Germania c’è chi è pagato un euro all’ora. E che tutti i paesi siano indebitati, perché alla crescita dei disoccupati consegue il calo delle entrate pubbliche? Le politiche di rigore sono non solo crudeli, sono inefficaci.
Così stanno le cose, e su questo rifiorisce la destra estrema. Vorrei che Asor Rosa mi smentisse sui fatti. Può solo obiettarmi: ma tu chi sei? Chi rappresenti? Se parli per il mondo del lavoro, com’è che questo non vi sta a sentire? Tu, voi, davanti alla splendida schiera degli onesti non siete niente. Sta’ zitta, insolente.
Insolente forse sì, zitta no.
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