martedì 13 agosto 2013

Re Giorgio, Re Clemente


REGIONALI: BERLUSCONI STASERA DA NAPOLITANO, POI CDMAnna Lombroso per il Simplicissimus
Il colle partorisce il topolino della resa all’intimidazione del condannato con la più antica e ipocrita ragione di Stato, quando lo Stato è stato espropriato di sovranità, legalità, giustizia.
“Di qualsiasi sentenza definitiva e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto”. Però, però  bisogna  “escludere la possibilità di una crisi,    contestare la tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere evitare di far ricadere il Paese nell’instabilità e nell’incertezza,  impedendo di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica”. Chiamato in causa   per offrire “risposte o soluzioni a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica”  il Presidente ricorda che Berlusconi non ha rivolto nessuna   richiesta ufficiale di grazia, ma qualora ci fosse, il Colle valuterebbe “con rigore” la possibilità di un provvedimento di clemenza secondo le prerogative di legge”.
L’avevamo forse sottovalutato: l’improvvido stravolgimento istituzionale più che al presidenzialismo aspira alla monarchia assoluta con tanto di pennacchi, armigeri fermati dalla concessione della grazia, reclusi magnanimamente e vibrantemente restituiti a amorevoli famiglie, ma, soprattutto, e meno pittoresca, la vigenza  di un regime, ispirato, voluto, stabilito dal re e offerto a un delfino prescelto e incoronato, ubbidiente e assoggettato, secondo un diritto “ereditario” in sostituzione della Carta, delle regole e dei diritti.
Così il sommerso deve essere salvato:  seppure condannato per frode fiscale, deve essergli assicurata l’“agibilità”, non le condizioni per una cristiana redenzione, non un responsabile pentimento, no, bensì l’impunità. Di modo che in cambio si garantisce  la sopravvivenza  del governo Letta, del quale ci sarebbe da dubitare dell’esistenza in vita e del suo manifestarsi con   decisioni, azioni e scelte.
C’è chi in questi giorni, e la nota burbanzosa del Quirinale confermerebbe l’ardita tesi  che, in fondo, la clemenza altro non è che la conferma del valore della condanna. Buone notizie dunque per le migliaia di condannati che giacciono nelle patrie galere. Se si dà forza a questo principio, altro che indulto, altro che amnistia e altro che svuota carceri: tutti a casa a godere della generosità del sovrano, marioli o assassini, spacciatori o ladri incalliti, con uan preferenza per questi ultimi.
Ma non sarà così: viviamo in tempi di disuguaglianze economiche e sociali sempre più profonde e le  moderne nuove frontiere della legittimità e della realpolitik  prevedono una loro applicazione rigorosa anche nell’amministrazione della giustizia a sancire definitivamente che mica è uguale per tutti, che se un criminale recidivo e poliedrico è per caso  un capopartito, un capopopolo, un magnate e un padrone ha diritto a uno speciale trattamento..magari anche in attesa che questo status eccezionale possa un giorno portarlo a calcarsi in testa, invece del parrucchino e al posto della bandana, una corona.
Nei paesi dei campanelli, nei reami delle operette i colpi di stato si facevano così, con procedure un po’ ridicole, con modi incruenti, ma non certo per le leggi e il diritti, senza veleni, salvo quelli che intossicano le regole della democrazia e della giustizia.  Un partito- azienda  che vuole delegittimare il sistema giudiziario, mettersi sopra la Cassazione, negare  i fondamenti della democrazia costituzionale, insieme a un alleato tanto sottomesso da essere complice,  stanno dando luogo a un processo eversivo, avvalorato dalla proterva ostinazione di un uomo anziano implacabilmente convinto della irreversibilità e ragionevolezza delle sue scelte,   intento non si sa quanto consapevolmente a perseguire un impeachment: quello del Parlamento, già svuotato di forza da un sistema elettorale osceno e reso ancora più impotente dai ricorsi alla fiducia e  dalla decretazione d’urgenza, per dare forma a un sistema nel  quale gli organi di rappresentanza siano  esautorati pressoché completamente e il capo del governo diventi  “una specie di Secondo console,  accanto al Primo,  il Capo dello Stato, che sembra essere incline aa nominare senatori asini oltre che cavalli, e nemmeno di razza.

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