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Cosa sta succedendo? Molto semplicemente che le compagnie americane stanno cercando di tornare competitive, e lo fanno soprattutto comprimendo la quota dei salari: il costo del lavoro scende, i profitti aumentano e la capitalizzazione delle aziende quotate è già tornata ai livelli pre-crisi mentre l’occupazione continua a rimanere stagnante. In breve, succede che i costi della crisi vengono scaricati interamente sul mondo del lavoro. In America come in Europa, la risoluzione della crisi passa attraverso una generale ristrutturazione del sistema produttivo. Si rilanciano gli investimenti e i profitti, si salvano le banche, si regala liquidità alle imprese, sempre ignorando il mondo del lavoro. Anzi, è proprio sul monte salari che si interviene più duramente per aumentare la profittabilità. E’ il sistema classico di risoluzione delle crisi che da sempre predicano i liberali, ed in fondo è il sistema Marchionne, quello per cui sono i lavoratori a pagare per il rilancio delle imprese. Ed è quello che predica anche l’Unione Europea, che cerca di intervenire sulla competitività dei paesi mediterranei attraverso disoccupazione di massa e salari minori.
Ma tutto questo non sembra essere una notizia interessante per la
maggior parte dei media. Ormai non siamo più una repubblica fondata sul
lavoro, ma sullo spread e l’andamento della Borsa. Da anni giornali e
televisioni si occupano di MIB, Dow Jones e magari anche della Borsa di
Tokyo, come se tutti fossimo investitori preoccupati dei guadagni giorno
per giorno in conto capitale. O come se lavoro, salari, qualità della
vita dipendessero dall’andamento dei listini. Cosa ormai provata come
non vera, anzi, è quasi l’opposto. Per anni, soprattutto in America, si è
aumentato il valore delle azioni delle grandi compagnie diminuendo i
costi, soprattutto attraverso licenziamenti. Per vent’anni abbiamo visto
performance record delle Borse internazionali, mentre la povertà
aumentava, il lavoro veniva precarizzato, i salari rimanevano stagnanti.
Le compagnie macinavano profitti, i CEO di turno realizzavano guadagni
stratosferici ed intanto la diseguaglianza aumentava a livelli mai visti
da oltre un secolo. La storia che la ricchezza delle compagnie e
l’accumulazione dei profitti ricadano sempre inevitabilmente verso il
mondo del lavoro, e che sia il sistema tutto a godere della crescita
economica è ormai smentita dai fatti. In realtà è esattamente il
contrario, con i possessori di capitale, finanziario e/o fisico, che
accumulano sfruttando il lavoro, succhiando le risorse dello Stato,
piegando il sistema economico ai propri interessi. Si chiama guerra di
classe, un concetto che si è preferito dimenticare per lasciare spazio
alle notizie sulle Borse di tutto il mondo.
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