giovedì 30 dicembre 2010

LE PRIMARIE DI MARCHIONNE, OBBLIGANO LA SINISTRA A RIPENSARSI

Alla fine sono state le primarie di Marchionne a sparigliare il PD, o almeno a rendere evidente a tutti quale sia l'impostazione del principale partito del centro “sinistra”. Il partito che a gennaio proporrà a tutte le forze dell'opposizione un piano programmatico con il quale sfidare Berlusconi dialogando con il terzo polo.
E' quindi sul terreno vivo della materialità della crisi e dello scontro sociale che si sta chiarendo dove si andrà a parare. Il Sì di Fassino e D'alema a Miraifori stanno aprendo una voragine che si amplierà sempre di più tra chi si oppone alla logica della globalizzazione liberista e chi invece accetta il suo ricatto. L'effetto Marchionne pertanto non ha soltanto impattato sul maggior partito dell'opposizione, ma ha anche impattato sul maggior sindacato italiano e contribuirà ad aprire una discussione a sinistra, di quelle vere.
A me pare che siamo di fronte ad un periodo lungo e duro per i lavoratori, in cui se è vero che il capitalismo in Italia e in Europa sta mostrando il suo volto più duro e feroce utilizzando la crisi per ristrutturarsi ed aumentare i profitti a danno dei diritti (sui media di regime si dice aumentare la produttività), esso continua a vincere perchè non c'è in campo nulla in grado di fornire alle doverose rivolte di queste settimane un programma comune in cui riconoscersi. Se siamo ottimisti possiamo vedere tutto questo come un'alba per la ripresa di nuovi conflitti, se siamo pessimisti possiamo vedere tutto questo come la fine delle ultime sacche di resistenza nel vecchio continente. Comunque sia, siamo di fronte ad una nuova prospettiva che obbliga la sinistra, non solo quella politica, ad una riflessione profonda sul proprio ruolo, in Italia e in Europa.
Come sostengo da mesi, la socialdemocrazia europea è sostanzialmente complice delle ristrutturazioni neoliberiste quando governa (Spagna, Grecia, Portogallo). L'internazionale socialista europea accetta con qualche timido mal di pancia la ricetta monetarista e la logica del nuovo patto di stabilità imposto dall'asse Franco-Tedesco. L'Europa insomma non è più un paese per riformisti e patti sociali, ma di controriforme a senso unico.
Il secondo dato è che la resistenza sociale e i conflitti si strutturano sul livello nazionale contro le politiche dei governi, anche se sempre più spesso la BCE-FMI e l'Europa stessa vengono identificati come avversari principali, un dato questo inedito se vediamo la storia recente. In questo quadro il movimento degli studenti ancor più di quello sindacale che ha cominciato con ritardo a strutturarsi contro le politiche di austerity, ha messo in campo a livello nazionale e continentale una risposta in grado di autoalimentarsi di piazza in piazza, costruendo un proprio simbolico e propri codici comunicativi.
Prima ancora di iniziare a discutere tra noi, ritengo che il terreno nazionale e continentale debba quindi essere assunto sempre come quadro di riferimento in termini strutturali, L'Europa infatti non è più il secondo tempo della politica nazionale, ma con il semestre europeo e il patto di stabilità revisionato, entra direttamente in campo dall'inizio, fin dalla costruzione delle finanziarie.
La prima domanda da farsi allora è come fare male agli interessi dei padroni, cioè come e con quali pratiche fare in modo che i prossimi scioperi si generalizzino sapendo che nella crisi non è facile lottare. Dovremmo su questo prendere esempio ancora una volta dalla capacità dei studenti dimostrata nel loro ultimo corteo di Roma, quell'andare dal centro verso la periferia ed i suoi bisogni come metafora del nostro agire verso tutte le figure sociali che vivono i morsi della crisi.
Io penso insomma che da qui al 28 gennaio non solo dovremmo invocare lo sciopero generale, ma lavorare perchè comunque vada, il paese si blocchi per davvero.
La seconda domanda invece è se abbia più senso pensare alla staticità dello spazio di conflitto che si è determinato o ad un suo dinamismo sul quadro politico dato. Faccio un esempio nelle prossime settimane assisteremo al dispiegarsi di nuove mobilitazioni di cui la Fiom sarà la spina dorsale, se Bersani dice che a Gennaio presenterà un programma alle forze politiche, perchè non presentare NOI (inteso come spazio pubblico comune di forze cooperanti ) un programma a Bersani costruito con tutte le forze in mobilitazione che stanno opponendosi a Marchionne e Berlusconi?
Aspettare che Bersani dia le carte per poi accomodarsi in bilaterali di partito è un errore enorme, occorre da subito chiedere a tutta la sinistra, di movimento, sindacale, sociale di trovare il coraggio, le forme e lo spazio per discutere in forma unitaria cosa vogliamo su lavoro, beni comuni, conoscenza, spese militari e come ci posizioniamo rispetto all'austerity europea.
Ognuno poi trarrà le dovute conclusioni su come proseguire rispetto alle risposte avute, ma un punto deve essere chiaro, se tutti dobbiamo lavorare per essere uniti contro la crisi ed essere utili nelle lotte, allora dovremmo provare ad esserlo anche per trovarne il modo di uscirne, magari costruendo un programma di sinistra.
Francesco Piobbichi,
www.controlacrisi.org

1 commento:

  1. Condivido quasi tutto, questo sotto no.

    o almeno a rendere evidente a tutti quale sia l'impostazione del principale partito del centro “sinistra”.

    Parli dei politici, dei compagni o dei bambini dell'asilo? Perchè per i primi due... se non lo si sa dopo vent'anni che li conosciamo...

    tanto sempre con il pd si vorrà andare.

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