Le forze politiche dell’opposizione sono arrivate impreparate sia alla precipitazione della crisi interna alla destra sia all’accelerazione del livello del conflitto sociale e della qualità delle lotte.
Di certo su questa impreparazione incidono diversi elementi, che hanno a che fare in primo luogo con lo spostamento di lungo periodo dei rapporti di forza sul piano sociale, a svantaggio dei lavoratori e del “paese reale”, e soprattutto con le risposte di segno progressivamente moderato date in questi anni da gran parte delle forze di centrosinistra in continuità con tale spostamento.
Fatto sta che la discussione e il conflitto all’interno del centrosinistra, anche in questi giorni, sono fortemente inadeguate: da una parte l’apertura del segretario nazionale del Partito Democratico all’alleanza con Fini e con l’UdC, dall’altra la proposta di Di Pietro di un “matrimonio” tra le forze del “nuovo Ulivo” e in mezzo la prosecuzione dell’offensiva di Vendola e di SEL sulle primarie.
Una discussione che perde di vista quello che, al contrario, dovrebbe essere l’obiettivo vero e di fondo: come (ri)costruire un nesso forte tra l’opposizione sociale e di piazza e l’opposizione politica. Sapendo, oltretutto, che l’immaginario dei movimenti è fortemente legato ad una sfiducia generale nei confronti della delega e della “politica”, dovrebbe nascere a maggior ragione una grande discussione su come fare.
La risposta senza dubbio qualitativamente più sbagliata, tra le diverse posizioni in campo è l’alleanza con il “terzo polo”. E’ evidente che la nascita del “terzo polo” ci dice del tentativo di una parte del gruppo dirigente del centrodestra di infilarsi nella sconnessione tra Berlusconi e alcuni dei poteri forti organizzati del Paese, al fine di sostituirsi al primo nella relazione con essi. L’alleanza con il “terzo polo” da parte del PD comporterebbe, ovviamente, il superamento della formula del centrosinistra e l’approdo ad un’opzione centrista a tutto tondo. Significherebbe riproporre le politiche della destra, emendate dagli interessi di Berlusconi e da alcuni picchi estremistici.
Di certo su questa impreparazione incidono diversi elementi, che hanno a che fare in primo luogo con lo spostamento di lungo periodo dei rapporti di forza sul piano sociale, a svantaggio dei lavoratori e del “paese reale”, e soprattutto con le risposte di segno progressivamente moderato date in questi anni da gran parte delle forze di centrosinistra in continuità con tale spostamento.
Fatto sta che la discussione e il conflitto all’interno del centrosinistra, anche in questi giorni, sono fortemente inadeguate: da una parte l’apertura del segretario nazionale del Partito Democratico all’alleanza con Fini e con l’UdC, dall’altra la proposta di Di Pietro di un “matrimonio” tra le forze del “nuovo Ulivo” e in mezzo la prosecuzione dell’offensiva di Vendola e di SEL sulle primarie.
Una discussione che perde di vista quello che, al contrario, dovrebbe essere l’obiettivo vero e di fondo: come (ri)costruire un nesso forte tra l’opposizione sociale e di piazza e l’opposizione politica. Sapendo, oltretutto, che l’immaginario dei movimenti è fortemente legato ad una sfiducia generale nei confronti della delega e della “politica”, dovrebbe nascere a maggior ragione una grande discussione su come fare.
La risposta senza dubbio qualitativamente più sbagliata, tra le diverse posizioni in campo è l’alleanza con il “terzo polo”. E’ evidente che la nascita del “terzo polo” ci dice del tentativo di una parte del gruppo dirigente del centrodestra di infilarsi nella sconnessione tra Berlusconi e alcuni dei poteri forti organizzati del Paese, al fine di sostituirsi al primo nella relazione con essi. L’alleanza con il “terzo polo” da parte del PD comporterebbe, ovviamente, il superamento della formula del centrosinistra e l’approdo ad un’opzione centrista a tutto tondo. Significherebbe riproporre le politiche della destra, emendate dagli interessi di Berlusconi e da alcuni picchi estremistici.
Replicare, però, a questa possibile svolta con il motto “dateci le primarie” significa produrre una risposta a sua volta inadeguata. Certamente il “dateci le primarie” coglie un elemento di crisi del Partito Democratico, nato con l’obiettivo del bipartitismo e, quindi, proprio dell’utilizzo a dismisura delle primarie per affermare quell’obiettivo. Del resto quale forza al mondo sceglie i propri segretari territoriali con le primarie? Ma detto questo, nella lettura di Vendola e di SEL, appunto, l’elemento più negativo della svolta integralmente centrista del PD sta nel far saltare proprio lo strumento delle primarie. Le conseguenze politiche più generali rimangono sullo sfondo. Insomma: al centrismo viene contrapposto il bipolarismo basato sul maggioritario, con l’idea di poter risultare vincitori da sinistra dentro questo schema.
Certamente non dobbiamo minimizzare quanto ci dicono i sondaggi su Vendola: l’evocazione continua di un quadro fortemente polarizzato dentro al centrosinistra e aperto alla competizione tra i leader ha fatto riemergere la speranza e la domanda di sinistra attraverso la candidatura del Presidente della Puglia a primarie ipotetiche. Speranza e domanda di sinistra che altrimenti, ad oggi, non riemergerebbero sul terreno della politica.
Forse però sarebbe opportuno che anche Vendola e SEL riflettessero: se, ad esempio, i movimenti che stanno crescendo marcano una distanza così grande dalla “politica”, non sarà anche perchè la logica del bipolarismo e del maggioritario – dentro cui stanno le primarie - ha in realtà cristallizzato e accentuato l’impermeabilità della “politica” e delle istituzioni da ciò che avviene nella società?
Ricordiamo spesso che il PCI ha ottenuto molto di più dall’opposizione di quanto non abbia conquistato il centrosinistra nelle sue esperienze di governo. E questo indubbiamente perchè il PCI non era neppure un lontano parente del PD e perchè complessivamente c’erano rapporti di forza sul piano sociale ben diversi da quelli attuali, ma anche perchè non c’era un sistema politico – parlamentare ed elettorale – basato sul bipolarismo e sul maggioritario.
Per Vendola e SEL sono più importanti le primarie o battersi per un mutamento complessivo che parta proprio dal rapporto tra società e politica? E’ più importante riproporre l’immaginario dell’uomo solo al comando o lavorare per la costruzione di un immaginario che nasca dai movimenti e dalle lotte oggi in campo?
E qui arriviamo, a mio parere, all’opposizione ad oggi “invisibile” – perlomeno stando ai giornali e alla televisione – e cioè a Rifondazione Comunista e alla Federazione della Sinistra. Il nostro compito è di dire un NO grande come una casa al centrismo, ma anche al feticismo delle primarie. Per noi l’obiettivo, oggi, è prima di tutto costruire un’opposizione di sinistra in grado di dialogare e di lavorare con i movimenti e nei conflitti. Un’opposizione che avanzi una proposta unitaria a sinistra, a partire dalla ridefinizione della politica come spazio collettivo. Certamente è un obiettivo complesso e difficile, rispetto al quale scontiamo a nostra volta una inadeguatezza di fondo. Ma non ci sono scorciatoie o alternative al provare a mettere in discussione la politica come luogo esclusivo dei poteri forti e di chi vince le elezioni.
Nando Mainardi, segretario PRC Emilia Romagna
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