martedì 21 dicembre 2010

'Virata a destra'

Chi è stato il grande timoniere? Chi ha deciso che la barra della politica e del sindacato in Italia dovesse subire una brusca svolta inequivocabilmente a destra?
Dopo la compravendita della fiducia al governo e le prime flebili reazioni c’è stato un momento di stasi e poi uno scarto repentino, accelerazioni continue provenienti da diversi fronti. Due quelle particolarmente significative, una, già definita, operata oggi dalla Cgil,l’altra, più espressamente politica, verrà ufficializzata dopodomani, a meno di sorprese, nella direzione prenatalizia del Pd.
Il direttivo nazionale del più grande sindacato italiano, il cui ex segretario solo due mesi fa aveva minacciato lo sciopero generale in assenza di risposte da parte del governo, si piega alla ragion di Stato. Va avanti la discussione sul “patto sociale” che prevede una ricomposizione delle fratture con Cisl e Uil e la riapertura di canali di trattative con Confidustria, per contentare la base ci saranno, possibilmente in maniera unitaria, “marce del lavoro” e una assemblea convocata a Chianciano per l’11 e il 12 gennaio delle Camere del lavoro sulla contrattazione sociale.
Lo sciopero è rimosso dal dibattito, intanto si è discusso di regole interne, regole che secondo Gianni Rinaldini, coordinatore de “la Cgil che vogliamo” ingabbieranno il confronto nella logica del maggioritario. Un colpo esiziale al pluralismo e soprattutto alle minoranze più combattive che verranno di fatto messe a tacere se non accettano le decisioni della maggioranza. C’è stata a quanto pare una discussione aspra tanto che alla fine la minoranza ha scelto di non partecipare al voto. Insomma la Cgil che esce da questo Comitato direttivo, a parole attacca ancora il governo, nei fatti impone la sordina.
Dal Pd giungono segnali ancora più netti: la scelta di guardare ad una alleanza con il cosiddetto “Terzo polo” – c’è chi sembra intenzionato a proporre il leader dell’Udc Casini come candidato premier – dovrebbe ricompattare un partito in difficoltà su un asse che comprende ex Ds e ex Margherita. La parola più evocata è “responsabilità” termine che nasconde una precisa strategia politica. A gennaio, quando si capirà effettivamente se il governo andrà avanti, magari con una ricomposizione, o se verrà formalizzata la crisi politica, si definirà un'altra fase di incertezza. Il Pd, rinunciando ormai a qualsiasi ipotesi riformista in nome del rispetto del “patto di stabilità” si troverà a condividere scelte liberiste che incideranno sullo stato sociale e sul lavoro.
Se un governo di “responsabilità” andrà in porto il Pd dovrà dimostrarsi affidabile e sicuro anche per la Bce, se invece dovesse aprirsi lo scenario delle elezioni, spera di recuperare un voto di indecisi che, a detta degli esperti del partito, dovrebbe essere compreso in un settore moderato dell’opinione pubblica. Su tutti, il comportamento coerente del Presidente della Repubblica Napolitano che, smesse le parti dell’eterno silente, dichiara in ogni maniera la propria volontà di impedire che si vada al voto.
A sinistra si apre uno scenario tutto da decifrare: l’IdV si dichiara contrario alla svolta moderata del Pd, del resto nel terzo polo Antonio Di Pietro non risulta affatto gradito. Nichi Vendola, reclama il diritto alle primarie, una opzione che continua a trovare il parere negativo di gran parte degli esponenti del Pd intenzionati a non trovarsi ulteriori problemi.
La convocazione di una Direzione nazionale del maggior partito di opposizione, in una data così vicina alle feste natalizie, è motivata ufficialmente con la necessità di dare una risposta definitiva sul tema delle primarie prima che i giochi vengano definitivamente compiuti, in realtà inevitabilmente verranno vagliati i diversi scenari ipotizzabili. Un ragionamento compiuto nei Palazzi e nelle burocrazie, quando la realtà sembra muoversi da tutt’altra parte.
La crisi avanza ed avanza in un contesto europeo, non solo le piazze si riempiono ma il punto di caduta che si preannuncia per il prossimo anno, quando per centinaia di migliaia di lavoratori termineranno gli ammortizzatori sociali, aprirà inevitabilmente ulteriori conflitti. I dati Istat forniti oggi parlano di una ulteriore crescita nell’ultimo trimestre del 2010 della disoccupazione, 56 mila persone in più rispetto al trimestre precedente. E intanto si balla sul Titanic, riproponendo fallimentari ricette neo liberiste, le vere responsabili di una crisi irreversibile.
Stefano Galieni,
www.controlacrisi.org

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