“E’ la prima volta dai tempi del fascismo che si prova a togliere il diritto dei lavoratori ad eleggere i propri rappresentanti”. E’ un fiume in piena Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale della Fiom. Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil è l’unico a non aver sottoscritto l’accordo separato del 23 dicembre con il numero uno di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne sul destino dello stabilimento torinese di Mirafiori.
L’intesa, che ha ricevuto il via libera delle altre sigle (Fim, Uilm, Ugl e Fismic) prevede una serie di regole che vanno dall’orario di lavoro alle assenze per malattia. Ma la novità più importante è che, con l’uscita da Confindustria, la NewCo che sorgerà dalle ceneri di Mirafiori non sarà più obbligata a riconoscere il contratto nazionale siglato con Federmeccanica. E così potrà anche abolire le relazioni sindacali stabilite dall’intesa tra industriali e sindacati confederali nel 1993, che prevede il diritto dei lavoratori di uno stabilimento di eleggere autonomamente i propri rappresentanti (che vanno a formare le Rappresentanze sindacali unitarie). Nella nuova azienda avranno voce in capitolo solo gli esponenti eletti da quei sindacati che hanno firmato l’intesa.
E qui, per la Fiom, casca l’asino. Secondo Cremaschi, il patto di Mirafiori è il segno tangibile dell’avanzata dell’autoritarismo. “E’ come se Berlusconi dicesse che per risanare il bilancio bisogna cancellare le elezioni”. E affida il suo pensiero a un paragone storico: “E’ come il 2 ottobre del 1925, quando l’allora presidente del Consiglio Benito Mussolini assieme a Confindustria e ai sindacati fascisti firmò un accordo per l’azzeramento delle commissioni interne alle fabbriche”.
Il patto di Mirafiori è stato però accolto in maniera positiva da molti ambienti politici e sindacali. A partire da Uilm e Fim-Cisl che, al contrario della Fiom, hanno firmato il documento, passando per il premier che ha parlato di accordo “innovativo, storico e positivo”, fino ad alcuni esponenti del Partito democratico.
Cremaschi ce l’ha soprattutto con le due sigle: “Sono sindacati gialli, alle complete dipendenze della Fiat. Non è mai successo – continua il sindacalista – che due organizzazioni firmino un accordo di quella portata escludendone un altro. Che per giunta è il sindacato principale e più rappresentativo”.La tuta blu non risparmia colpi anche a quegli ambienti del centrosinistra, soprattutto piemontese, che hanno salutato positivamente l’accordo: “Non si può essere contro Berlusconi e a favore di Marchionne. Faccio un invito a tutti i politici del Pd che si sono detti favorevoli all’intesa di Mirafiori: vadano con Berlusconi. A partire dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino”.
In realtà le frizioni all’interno del sindacato riguardano anche la stessa Cgil. In un’intervista rilasciata oggi a Repubblica, il segretario generale Susanna Camusso ha detto che “la Fiom, possibilmente con la Cgil, dovrà aprire una discussione su questa sconfitta. Perché un sindacato non può limitarsi all’opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori”. Anche su questo punto Cremaschi non cede di un millimetro: “La Cgil doveva fare lo sciopero generale annunciato lo scorso 16 ottobre se è vero, come ha dichiarato la Camusso, che il disegno di Marchionne è autoritario e antidemocratico”. Un altro errore del neosegretario secondo il leader delle tute blu è quello di aver cercato un accordo con la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia per isolare il numero uno del Lingotto. “Il risultato è che mentre la Fiat usciva dall’associazione degli industriali, il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei entrava in Fiat Industrial”.
Mercoledì prossimo è in programma un’assemblea straordinaria del Comitato centrale del sindacato dei metalmeccanici. All’ordine del giorno “le risposte da dare all’accordo che è la più grave violazione delle libertà sindacali dal 1945”. In quella sede, assicura Cremaschi, la Fiom metterà in piedi una strategia di lotta anche in campo politico e giuridico. “Perché quell’intesa viola una serie di articoli della Costituzione a partire dal primo”.
Alla riunione del comitato si parlerà anche del referendum interno ai lavoratori dello stabilimento che sarà programmato dopo il 10 gennaio 2011. Una consultazione che ufficialmente la Fiom non riconosce anche se annuncia che organizzerà la tutela di quei lavoratori che intenderanno votare. “Più che un referendum è un plebiscito autoritario – conclude Cremaschi – La consultazione ha due obiettivi. Il primo sancisce la volontà dei lavoratori che, con la pistola puntata alla tempia, devono decidere di non avere più rappresentanze sindacali all’interno della fabbrica, il secondo è quello di fare fuori la Fiom che diventerà una sorta di organizzazione clandestina all’interno della Fiat”.
Clandestina o meno, quello che in questi mesi la Fiom non è riuscita a fare è di contraddire l’assunto che le tutele dei lavoratori, così come formulate in Italia, sono un freno per il processi produttivi e industriali delle aziende. E forse è anche per questo che è rimasta sola a dire no all’accordo di Mirafiori. Un’analisi che Cremaschi rimanda al mittente: “La mia organizzazione sarà pur isolata nel Palazzo. Ma è il Palazzo e non la Fiom che non è in sintonia con il Paese. E le rivolte sociali di questo periodo non fanno che confermarlo”.
da Il Fatto quotidiano
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