I sindacati in Grecia sanno fare il proprio mestiere, quello di difendere i lavoratori e per mercoledì prossimo hanno convocato un'altro sciopero generale. In Italia invece solo la Fiom e i sindacati di base tengono un comportamento adeguato alla fase, quello di rispondere con la lotta di classe alla lotta di classe che stanno facendo i padroni. Il 20 dicembre la CGIL ridiscuterà di nuovo se convocare lo sciopero generale ed affrontare una fase conflittuale o continuare con la camomilla. Staremo a vedere, non sappiamo se prevarrà di nuovo il rapporto politico con il PD, che deve rassicurare Casini e Fini con il patto sociale, oppure si procederà per un'altra via, rispolverando quella che una volta era l'autonomia del sindacato.
Comunque sia, la CGIL è fuori tempo massimo e non sarà facile riconnettersi con i movimenti reali che agitano il paese, a partire dagli studenti. Il 14 dicembre infatti ha aperto una nuova stagione di conflitti e di lotte ed in qualche modo ha allargato la voragine tra i movimenti ed il sindacato più grande d'Italia. La cosa nuova è che uno spazio pubblico di conflitto sociale si è aperto nonostante il tentativo di Repubblica da un lato e Governo dall'altro.
I primi fin dall'inizio (dopo il flop in piazza del popolo viola che aveva proposto l'accerchiamento del palazzo) stanno tentando di dividere il fronte delle mobilitazioni tra buoni e cattivi. Prima ci hanno provato con gli infiltrati, poi vedendo che la cosa non stava in piedi hanno passato la palla a Saviano e a Vendola che hanno cercato in maniera differente di dire la stessa cosa. Si è riprodotto così un dibattito bipolare, che tende a separare (si alla protesta no alla guerriglia, sigh) più che a cogliere i nessi profondi delle mobilitazioni e starci dentro mani e piedi.
Il Governo invece vuol portare le lotte sociali dentro la questione dell'ordine pubblico arrivando addirittura alle prove tecniche di fascismo con la proposta di Mantovano di estendere il Daspo ai manifestanti non disciplinati.
Queste due opzioni sono tutte e due dannose per i movimenti, la prima perchè ripropone il dibattito difettoso sulla non violenza del post genova bertinottiano, per sussumere nella compatibilità il ceto politico di movimento filtrando in chiave moderata le ragioni di fondo della sua esistenza. Un percorso questo, che ci ha portato al governo in nome della pace e della non violenza per poi vedere i nostri parlamentari votare per la guerra ed il mio partito, me stesso compreso, espellere Turigliatto.
La seconda opzione, quella del Governo, è ancora più pericolosa perchè ci propone un piano inclinato di violenza e repressione che ci porta alla sconfitta tra gli applausi delle classi dominanti europee (quelle tedesche in testa) che sono le complici primarie della nostra devastazioni sociale, passata, presente, e futura.
Non è facile uscire da questa morsa, noi come partito abbiamo la responsabilità di allargare il più possibile il movimento e territorializzarlo sapendo che non siamo al post genova 2001, e che le cose sono molto mutate.
Io penso che questo movimento nasce dentro la crisi della rappresentanza, ma penso altresì che non dobbiamo fare l'errore di vivere questo spazio come un problema antipolitico ma come una risorsa per la politica. Questo infatti è soprattutto un movimento di pratiche e conflitti irrappresentabili, ed il nostro lavoro è quello di renderli cooperanti tra di loro e non di sussumerli o rappresentarli. Noi dobbiamo fare questo da pari a pari, perchè la misura della nostra legittimazione non è data da quanto parliamo bene, dai sondaggi, o dagli applausi, ma da quanto concretamente facciamo nella materialità della crisi e nelle resistenze che questa determina ogni giorno.
In secondo ordine ritengo che la questione dello sciopero generale unitario sia il terreno sul quale ricostruire un nuovo appuntamento che consolidi questo spazio. Se la CGIL convoca lo sciopero generale penso che i sindacati di base, tutti i sindacati di base debbano in quella stessa data convocare anch'essi lo sciopero. Se non lo fa la discussione che dobbiamo fare è come farlo comunque e con chi, nelle stesse forme che gli studenti ci hanno insegnato in questi mesi.
La Grecia c'insegna che uno sciopero generale unitario può avvenire anche con divisioni durissime tra le forze sindacali, quello che conta capire oggi però è se queste mobilitazioni fanno male ai padroni e se sono efficaci oppure no. La discussione sullo sciopero generale unitario, e la sua generalizzazione è il prossimo appuntamento con il quale fare un'ulteriore salto di qualità per sviluppare una nuova forma dell'agire politico e sociale in forma cooperativa, mettendo al centro le pratiche di autorganizzazione e conflitto. Uno spazio in cui da un lato deve essere chiaro che non vogliamo mettere il cappello in testa a nessuno, dall'altro altrettanto chiaro è il fatto che è finito il tempo in cui qualcuno ci chiedeva di abbassare le nostre bandiere nei cortei.
Piobbichi Francesco, Partito sociale PRC
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