Mi è venuto spontaneo accostare l'entusiasmo per la brutalità di Marchionne espresso da una certa intellettualità italiana, vedi Paolo Mieli su "Il Foglio", con il linguaggio dei futuristi italiani. Non quelli di Fini, ma coloro che all'inizio del Novecento fondarono un movimento culturale che confluì in gran parte nello squadrismo e nel fascismo.
Secondo Mieli ed altri Marchionne disbosca i vecchi corporativismi e privilegi, distrugge l'Italia degli vincoli sindacali e dei contratti nazionali, crea finalmente il popolo adatto alla guerra di competitività. Cosa c'è di diverso, rispetto al linguaggio immaginifico di cento anni fa, che proclamava la guerra come sola igiene del mondo?
Né è meno reazionario l'intento di Marchionne. L'uscita di Mirafiori e probabilmente di tutta Fiat Auto dalla Confindustria, imposta da Marchionne umiliando la povera Emma Marcegaglia, è il segno di una svolta autoritaria nel mondo del lavoro senza precedenti dal ‘45 ad oggi. Marchionne istituisce una nuova azienda, la famigerata "newco", solo per poter selezionare i lavoratori ai quali imporre condizioni di lavoro e diritti al di fuori dei contratti e delle stesse norme costituzionali. Ed esce dalla Confindustria solo e unicamente per ridurre ulteriormente le libertà democratiche in fabbrica e in particolare per non applicare le regole sulle elezioni delle Rappresentanze aziendali, al fine di escludere la Fiom da esse.
Se Marchionne fosse un Presidente del Consiglio che chiede di mettere fuorilegge le opposizioni per ridurre il debito pubblico, il suo sarebbe considerato, anche tecnicamente, un progetto di colpo di stato fascista. Lo è limitatamente alla Fiat, per ora, ma l'entusiasmo con cui viene accolto fa pensare che il modello autoritario che propone parli purtroppo a tutti.
L'ipocrisia di Raffaele Bonanni, che considera un problema di relazioni sindacali la messa al bando del primo sindacato italiano dei metalmeccanici dagli stabilimenti Fiat, non è solo una macchia vergognosa che rimarrà per sempre su tutta la Cisl e sul suo segretario, è anche il segno di una caduta dei livelli di guardia nei confronti dell'aggressione alla democrazia costituzionale.
La ministra Gelmini sta procedendo sulla stessa via nella scuola pubblica e nell'università. Si dà avvio allo smantellamento progressivo dell'istruzione pubblica, per selezionare una "newco" scolastica in mano ai privati e al mercato. Tutto questo è accompagnato da nuove norme autoritarie che colpiscono anche il diritto al dissenso degli insegnanti, che potranno essere sanzionati solo per quello che dicono ed esprimono. Per gli studenti che scioperano c'è la minaccia della bocciatura e le elezioni delle Rsu vengono cancellate. Fascismo chiama fascismo.
Marchionne annuncia che è finita l'epoca del diritto al lavoro per tutti e che il lavoro bisogna guadagnarselo proprio rinunciando ai diritti; allo stesso modo Gelmini incalza proclamando la fine del diritto allo studio. Perchè tutti devono studiare? Solo coloro che servono davvero alle imprese e al mercato devono poter andare avanti nell'istruzione. Gli altri è bene che rinuncino e si rassegnino ad una vita fatta di piccoli mestieri e di precarietà. Se avranno studiato di meno saranno meno scontenti. Del resto la cultura non si mangia, dice il ministro Tremonti, anche lui immemore dei proclami futuristi contro la cultura millenaria.
Dalla FIAT così come dalla scuola avanza un progetto reazionario per tutto il paese: è l “NEWCO Italia”. Basta con i diritti sociali, basta con il pubblico, basta con le garanzie per tutti, basta con l’eccesso di democrazia e di civiltà. Ora bisogna costruire il regime della competitività e per questo bisogna abbandonare, come una fabbrica dismessa, la vecchia Italia dei diritti e dei beni comuni, e selezionare una nuova azienda-paese, per i combattenti e gli affari. Il successo di regime di Marchionne si spiega proprio perché meglio di ogni altro egli propone la soluzione reazionaria alla crisi economica e al suo perdurare.
La globalizzazione ha rinunciato ormai alla sua promessa iniziale. Non c’è più alle porte un futuro radioso per tutti, ove gli individui crescono in ricchezza e benessere anche abbandonando i loro diritti collettivi. La stagnazione e la recessione economica impongono una selezione sociale verso il basso, a meno che non si voglia cambiare il modello di sviluppo, non si voglia ridistribuire la ricchezza, non si voglia intaccare il potere dei potenti e dei ricchi. Che invece non vogliono cambiare nulla e per questo impongono una drammatica selezione sociale.
La globalizzazione ha rinunciato ormai alla sua promessa iniziale. Non c’è più alle porte un futuro radioso per tutti, ove gli individui crescono in ricchezza e benessere anche abbandonando i loro diritti collettivi. La stagnazione e la recessione economica impongono una selezione sociale verso il basso, a meno che non si voglia cambiare il modello di sviluppo, non si voglia ridistribuire la ricchezza, non si voglia intaccare il potere dei potenti e dei ricchi. Che invece non vogliono cambiare nulla e per questo impongono una drammatica selezione sociale.
Mentre Berlusconi, comunque vada il voto in Parlamento, vede il tramonto del suo regime personale, quello che vogliono istallare i padroni come Marchionne si annuncia ancor più pericoloso e pervasivo, un disegno di drammatica esclusione sociale e democratica che ci troviamo di fronte in ogni ambito della vita produttiva, sociale e civile.
Per questo gli studenti, gli operai e i movimenti che alzano la testa si sono subito incontrati, nei sentimenti prima ancora che negli obiettivi. La manifestazione di oggi, quelle che verranno, sono la risposta di un’Italia che non ci sta a diventare una newco, che non accetta l’igiene barbara della guerra di selezione sociale e che è capace di riconoscere i disegni reazionari, anche se si mascherano sotto le luci e i colori della modernità.
Così come con Berlusconi, non ci sono compromessi possibili con Marchionne e con tutti coloro che pensano semplicemente di rovesciare il nostro sistema democratico in nome del mercato e della globalizzazione.
Per questo gli studenti, gli operai e i movimenti che alzano la testa si sono subito incontrati, nei sentimenti prima ancora che negli obiettivi. La manifestazione di oggi, quelle che verranno, sono la risposta di un’Italia che non ci sta a diventare una newco, che non accetta l’igiene barbara della guerra di selezione sociale e che è capace di riconoscere i disegni reazionari, anche se si mascherano sotto le luci e i colori della modernità.
Così come con Berlusconi, non ci sono compromessi possibili con Marchionne e con tutti coloro che pensano semplicemente di rovesciare il nostro sistema democratico in nome del mercato e della globalizzazione.
Se si vuole che la democrazia e la civiltà in Italia riprendano a svilupparsi non ci sono vie di mezzo: i nuovi barbari della selezione sociale devono essere sconfitti. Fino ad allora dovremo semplicemente organizzarci e lottare.
Giorgio Cremaschi, Liberazione
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