E’ in corso a Parigi il Terzo Congresso del Partito della Sinistra Europea. In tempi normali si tratterebbe di un appuntamento importante. Oggi è un evento decisivo. E’ infatti evidente che le classi dirigenti europee stanno utilizzando la crisi per scardinare strutturalmente il sistema di diritti e garanzie sociali conquistate dal movimento operaio europeo dopo la seconda guerra mondiale. Facendo leva sulla costituzionalizzazione del neoliberismo all’interno del trattato di Maastricht, padroni e banchieri puntano a distruggere il welfare, impoverire le classi lavoratrici europee e frantumarle, gerarchizzandole al loro interno per linee etniche e nazionali. Di fronte a questo attacco, che procede, utilizzando la scusa della speculazione internazionale, un paese dopo l’altro, vi è una decisa ripresa di lotte sociali. Per le ragioni sopra esposte queste lotte si trovano però in una situazione di assenza completa di margini riformisti. Le lotte sociali, se restano sul livello sindacale, sono destinate ad essere sconfitte perché la configurazione concreta dei rapporti di produzione in Europa non prevede la possibilità di aumentare il mercato interno e quindi di dare una risposta positiva alle lotte sociali. Inoltre, la piena corresponsabilità della socialdemocrazia europea nella costruzione delle politiche neoliberiste e della loro costituzionalizzazione, rende impraticabili, nei singoli paesi, politiche economiche radicalmente alternative. In questo quadro si evidenzia l’importanza cruciale del terzo congresso del Partito della Sinistra Europea. Da questo congresso deve uscire una forza politica che si adoperi per la generalizzazione e l’unificazione dei conflitti su scala europea. Fondamentale è quindi il rapporto con i movimenti sindacali. Una forza politica che - a partire dalla piena autonomia dai partiti socialdemocratici - sia in grado di proporre un progetto alternativo per l’Europa. Una forza politica cioè che sia in grado di operare positivamente nei movimenti per una loro politicizzazione, nel senso dell’individuazione di una piattaforma attraverso cui uscire da questa situazione di imbarbarimento. Non si tratta solo di lottare di più, ma di lottare meglio, con le idee più chiare, costruendo un movimento di massa anticapitalista a livello europeo. Per fare questo è necessario individuare gli avversari principali, in un linguaggio che non mi piace, i nemici. Innanzitutto il capitale finanziario. Occorre porre la lotta per la nazionalizzazione delle grandi banche alla base della nostra proposta e la messa in discussione della libera circolazione dei capitali. Non si capisce perché in questa globalizzazione le persone non possano circolare mentre i capitali siano liberi di andare a cercare il maggior profitto dove più gli aggrada. Occorre legare a questa battaglia contro il sistema finanziario la lotta per l’abolizione dei trattati di Maastricht con la parola d’ordine della Costituente europea. Questa Europa non può essere cambiata. Questa Europa deve essere rifatta perché produce semplicemente impoverimento e guerra tra i poveri. In secondo luogo occorre avanzare una proposta alternativa che è basata sulla costruzione di un piano per il lavoro europeo e sulla riconversione ambientale e sociale dell’economia europea. L’Europa deve uscire dalla globalizzazione neoliberista e mettere al centro del suo progetto l’eguaglianza al suo interno e la pari dignità nelle relazioni internazionali, fuori dalla Nato e contro questo Wto neoliberista. Quando diciamo che la gente ha paura del futuro, stiamo dicendo che l’Europa è dentro una vera e propria crisi di civiltà. O la sinistra è in grado di indicare una via di uscita o la indicherà la destra, come è già successo il secolo scorso. Socialismo o barbarie è la posta in gioco.
Paolo Ferrero, segretario nazionale PRC
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