Nel contesto generale di misure antipopolari e sbagliate che caratterizzano l’azione del governo per la presunta fuoriuscita dalla crisi s’inserisce un attacco senza precedenti al sistema pubblico d’istruzione, formazione e ricerca. Lo abbiamo già detto: grazie a Gelmini e Tremonti sono state tagliate e si taglieranno risorse ingenti a scuola, università e ricerca. Non solo. Nei fatti si disconosce il ruolo e la funzione delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto e si torna ad un’idea di scuola che escluderà dal diritto all’apprendimento migliaia di ragazze e ragazzi. Catastrofismo? Tutti i provvedimenti previsti concorrono soltanto a peggiorare la qualità complessiva del sistema d’istruzione pubblico e di stato, con grande gioia di tutti quei soggetti privati che stanno attendendo la svendita totale della conoscenza al mercato. Nella scuola ci saranno 25.600 insegnanti e oltre 15.000 Ata che perderanno il posto di lavoro; nella nostra regione, oltre alla chiusura di plessi, si prevede la perdita di circa 600 posti di lavoro. In questo modo nella scuola primaria non potranno essere soddisfatte pienamente né la domanda di tempo pieno, né la richiesta delle 30 ore. Nella secondaria i tagli assumono dimensioni epocali. È inoltre in discussione in Parlamento un disegno di legge sull’Università che da una parte determina maggiore precarietà per i ricercatori, dall’altra porta gli atenei al collasso finanziario. Insomma, mentre il Paese avrebbe bisogno di puntare strategicamente sulla conoscenza pubblica, il governo risponde con un progetto di tagli ragionieristici per ridurre il sapere a merce.Nella nostra regione possiamo e dobbiamo opporci a questa situazione. Intanto impegnando le Amministrazioni comunali a sollecitare l’azione dei Dirigenti Scolastici volta a richiedere gli organici necessari alla formazione delle classi nel rispetto delle specificità territoriali di comuni montani e ad intervenire presso gli Uffici Scolastici Provinciali e Regionali affinchè venga rispettata la normativa in questione, in modo da evitare ulteriori chiusure di plessi e perdite di posti di lavoro. Inoltre il Consiglio Regionale dell’Umbria potrebbe anche chiedere il rinvio dell’attuazione dei regolamenti.Rifondazione comunista è impegnata in questo senso e ha già coinvolto le proprie strutture e rappresentanze istituzionali presenti su tutto il territorio provinciale, ma siamo consapevoli che occorre un’unità d’azione più ampia, aperta a movimenti, forze sociali e politiche per costruire tutti insieme una alternativa a queste scellerate politiche del governo. Ribadiamo di essere disponibili a sostenere tutte quelle forme di lotta che entro la fine dell’anno scolastico possano determinare il ritiro di questi provvedimenti, dallo sciopero generale, allo sciopero degli scrutini. Per l’istruzione pubblica e di stato.
Enrico Flamini, Segretario Provinciale Prc Perugia
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