Italia fanalino di coda dei paesi Ocse, sul fronte salari. Ieri l'organizzazione ha diffuso il suo rapporto «Taxing wages». Dai dati si viene a scoprire che i nostri salari stanno dietro a quelli di paesi che sembrerebbero messi peggio di noi, almeno in questa fase: Spagna, Irlanda, Grecia. Superiamo invece il Portogallo, la Repubblica ceca, la Polonia, la Turchia. Nello stilare la classifica, si considera il salario netto medio di un lavoratore single senza carichi di famiglia, calcolato in dollari e a parità di potere d'acquisto. I nostri salari risultano piazzati al 23esimo posto, inferiori di ben il 16,5% rispetto al valore medio. Il 23esimo posto lo conserviamo anche quando si considera la situazione di un coniuge con due figli.
Ma c'è di più: il salario medio italiano si è abbassato: è stato nel 2009 pari a 22.027 dollari contro un lordo di 31.167 dollari. Ma nel 2008 il netto ammontava a 22.117 dollari e il lordo a 31.314, dunque come si vede si è sono persi per strada tra i 100 e i 200 euro.
Non è diminuito il peso fiscale sui salari, il «cuneo» (la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore): in Italia è al 46,5%, rimasto invariato dal 2008 al 2009. Nella classifica dei maggiori trenta Paesi, il nostro è sesto: dopo Belgio (55,2%), Ungheria (53,4%), Germania (50,9%), Francia (49,2%) e Austria (47,9%).
Nel 2007 le entrate fiscali in Italia sono state pari al 43% del Pil contro il 38% del 1990 e il 40% del 1995. L'incidenza è pari a quella di Francia e Finlandia e pone l'Italia al quinto posto tra i 31 Paesi Ocse. Al primo c'è la Danimarca con il 49%, all'ultimo il Messico con il 18%. Andando nel dettaglio, le tasse sui redditi personali in Italia nel 2007 hanno totalizzato l'11% del Pil (dal 10% dei due precedenti parametri), i contributi previdenziali a carico del lavoratore il 2% (3% nel 1995 e 2% nel 1990) e quelli a carico del datore di lavoro il 9% (8% e 9%). È salita la componente «altre tasse», passata dal 17% del 1990 al 21% del 2007.
La disoccupazione è ai massimi livelli dal Dopoguerra, in Spagna (19,1%), Slovacchia (14,1%), Irlanda (13,2%), Ungheria (11%), Portogallo (10,5%) e Francia (10,1%). I minimi si riscontrano in Corea (3,8%), Olanda (4,1%), Messico e Austria (4,9% entrambi). Tasso in crescita in Italia a 8,8% (8,6% febbraio). Il numero di disoccupati dell'area Ocse a marzo è salito a 46,1 milioni (+3,9 milioni da marzo 2009), e il tasso si attesta all'8,7%.
Raggelante il commento del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: il dato Ocse sui salari «è lo stesso del passato», si basa su tecnicalità «che abbiamo sempre messo in discussione e francamente non ha riscontro nella realtà». Non avendo argomenti per ribattere, l'unica è dire che i dati sono praticamente falsi.
Ma c'è di più: il salario medio italiano si è abbassato: è stato nel 2009 pari a 22.027 dollari contro un lordo di 31.167 dollari. Ma nel 2008 il netto ammontava a 22.117 dollari e il lordo a 31.314, dunque come si vede si è sono persi per strada tra i 100 e i 200 euro.
Non è diminuito il peso fiscale sui salari, il «cuneo» (la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore): in Italia è al 46,5%, rimasto invariato dal 2008 al 2009. Nella classifica dei maggiori trenta Paesi, il nostro è sesto: dopo Belgio (55,2%), Ungheria (53,4%), Germania (50,9%), Francia (49,2%) e Austria (47,9%).
Nel 2007 le entrate fiscali in Italia sono state pari al 43% del Pil contro il 38% del 1990 e il 40% del 1995. L'incidenza è pari a quella di Francia e Finlandia e pone l'Italia al quinto posto tra i 31 Paesi Ocse. Al primo c'è la Danimarca con il 49%, all'ultimo il Messico con il 18%. Andando nel dettaglio, le tasse sui redditi personali in Italia nel 2007 hanno totalizzato l'11% del Pil (dal 10% dei due precedenti parametri), i contributi previdenziali a carico del lavoratore il 2% (3% nel 1995 e 2% nel 1990) e quelli a carico del datore di lavoro il 9% (8% e 9%). È salita la componente «altre tasse», passata dal 17% del 1990 al 21% del 2007.
La disoccupazione è ai massimi livelli dal Dopoguerra, in Spagna (19,1%), Slovacchia (14,1%), Irlanda (13,2%), Ungheria (11%), Portogallo (10,5%) e Francia (10,1%). I minimi si riscontrano in Corea (3,8%), Olanda (4,1%), Messico e Austria (4,9% entrambi). Tasso in crescita in Italia a 8,8% (8,6% febbraio). Il numero di disoccupati dell'area Ocse a marzo è salito a 46,1 milioni (+3,9 milioni da marzo 2009), e il tasso si attesta all'8,7%.
Raggelante il commento del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: il dato Ocse sui salari «è lo stesso del passato», si basa su tecnicalità «che abbiamo sempre messo in discussione e francamente non ha riscontro nella realtà». Non avendo argomenti per ribattere, l'unica è dire che i dati sono praticamente falsi.
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