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«La casa è un bene che colpisce molto l'immaginazione della gente», è stato il ragionamento chiave che ha spinto il Cavaliere a mollare il fedelissimo Scajola. La cosa curiosa è che Fitto e Cosentino, le dimissioni le hanno anche offerte, pochi mesi fa. Ma per tutt’altri motivi: il primo per la sconfitta del “suo” candidato Rocco Palese alle regionali di Puglia, il secondo per una questione di poltrone. Non voleva accettare l’accordo con l’Udc per un candidato casiniano alla provincia di Caserta.Stando alle carte dei magistrati, sia Fitto che Cosentino sono assai più inguaiati di Scajola. Così come Bertolaso, che è indagato per corruzione nell’inchiesta sul G8. Il capo della protezione civile, come Scajola, ha offerto le proprie dimissioni, ma in quel caso Berlusconi ha tenuto botta. I massaggi e le escort offerte, secondo i magistrati, al capo della protezione civile per fluidificare gli appalti, evidentemente, colpiscono meno. Eppure anche in quel caso, le telefonate pubblicate dai giornali sugli incontri hard non lasciavano dubbi.
Torniamo a Fitto e Cosentino. Il primo ha due rinvii a giudizio. Il primo per una presunta tangente da 500mila euro che avrebbe ricevuto (quando era governatore della Puglia) dall’imprenditore Angelucci per un appalto da 198 milioni nella sanità. Per questa storia il ministro nel 2006 ha scontato 40 giorni ai domiciliari. Secondo i pm, l’ex governatore avrebbe fatto «mercimonio della funzione pubblica» evidenziando una «straordinaria capacità di delinquere». Il secondo rinvio a giudizio è per concorso in turbativa d’asta: Fitto è accusato di aver favorito una azienda amica nell’aggiudicazione della Cedis, un’azienda della distribuzione alimentare. Più “leggera”, per ora, dal punto di vista giudiziario, ma non certo da quello dell’immagine, la vicenda di Cosentino, detto «O’mericano» nella sua Casal di Principe. Il candidato mancato alla regione Campania (decisivo il niet di Fini) è accusato di concorso esterno in associazione camorristica: sei pentiti lo indicano come il referente politico dei clan, in particolare per lo smaltimento dei rifiuti. Nel dicembre 2009 la Camera ha negato l’autorizzazione all’arresto (51 no anche dalle opposizioni, con lunghe code polemiche). La Corte di Cassazione, nel gennaio 2010, ha spiegato che l’accusa poggia su «concreti e specifici elementi indizianti».A conti fatti, gli unici ministri in carica condannati in via definitiva sono del Carroccio: Bossi a 8 mesi per finanziamento illecito per 200 milioni di tangente Enimont alla Lega. Altra condanna definitiva per vilipendio alla bandiera italiana (commutata in multa), per aver detto «Il tricolore lo uso per pulirmi il culo». Anche il ministro dell’Interno Maroni è stato condannato in primo grado a 8 mesi per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, pena commutata nel 2004 dalla Cassazione in una multa.
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