lunedì 11 novembre 2013

Vendere le spiagge? Non c’è da stupirsi, sono già private di Fabio Balocco, Il Fatto quotidiano


Questa uscita del Pdl di vendere le spiagge su cui insistano stabilimenti balneari non è che l’ultimo atto – in ordine di tempo si intende – di una squallida tragicommedia all’italiana che riguarda la gestione dei beni demaniali da parte dello Stato, uno Stato da un lato sempre più pronto a tagliare i servizi pubblici essenziali e dall’altro sempre più prono a soddisfare i desiderata dei privati che prosperano sullo sfruttamento dei beni della collettività. Secondo una logica di quella che i latini chiamerebbero mala gestio, cattiva gestione, della cosa pubblica.
Quanto ricava lo Stato dalle concessioni? Facciamo qualche esempio: le cave. Secondo il rapporto di Legambiente 2011 i cavatori pagano alle regioni il 4% del prezzo di vendita degli inerti ed in alcune regioni addirittura si cava gratis, ho detto “gratis”: Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia. In sostanza, a fronte di 36 milioni di euro introitati, abbiamo un miliardo e 115 milioni ricavati dai cavatori nella vendita. Un bel regalo per il settore delle costruzioni, non c’è che dire.
E le acque minerali? Secondo il rapporto di Legambiente ed Altreconomia del 2011, a fronte di un volume d’affari di 2,3 miliardi di euro nel 2009, le regioni non hanno ancora adeguato i canoni a quelli (pur bassi) stabiliti nella conferenza Stato/Regioni del 2006. Il fanalino di coda è la Liguria, che introita meno di 5.000,00 (!!!) euro all’anno per i 978 ettari di concessioni.
E veniamo appunto alle spiagge. Secondo il WWF sui nostri litorali ci sono 12.000 stabilimenti balneari (erano 5.368 nel 2001, cioè meno della metà), uno ogni 350 metri, per un totale di almeno 18.000.000 metri quadri e 900 km occupati – ovvero quasi un quarto della costa idonea alla balneazione (lo sono 4.000 km sugli 8.000 km di coste italiane). Un giro di affari che interessa 30.000 aziende. I canoni? Ridicoli. Nel 2012 l’Agenzia del Demanio ha incassato 102,6 milioni di euro dagli imprenditori delle spiagge. In media, poco più di 3 mila euro a testa per stabilimenti che possono superare i 10 mila metri quadri e i 10 mila euro a testa di abbonamento stagionale. Questo senza contare l’evasione fiscale relativa ai lauti guadagni. Guadagni che potrebbero essere addirittura un quintuplo dell’effettivo!
Adesso si pensa persino di venderle queste spiagge, spiagge che di fatto a dire il vero sono già private, visto che le concessioni si rinnovano automaticamente alla scadenza. “A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina” diceva Andreotti. Non è da escludere che il Pdl voglia vendere le spiagge dato che, secondo la Direttiva Bolkenstein, nel 2015 occorrerà rifare tutte le gare per dare in concessione il demanio marittimo. Buona parte delle concessioni oggi sono state date senza gare ad evidenza pubblica e, come detto, si rinnovano automaticamente alla scadenza. Chiaro che l’applicazione della “direttiva servizi” costituirà una bella svolta per il florido mercato delle concessioni marittime, e magari per i rapporti clientelari che intercorrono tra i gestori e le amministrazioni pubbliche. Però, se le spiagge prima del 2015 si vendessero, beh allora cambierebbe tutto. Povera, sempre più povera Italia

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