venerdì 1 novembre 2013

Errata corrige: Democrazia di Sandro Moiso, Carmillaonline.com

Il sogno della democrazia consiste nell’elevare il proletariato a livello dell’idiozia borghese” (Gustave Flaubert)
Non è stata la manifestazione più grande, non ci ha lasciato immagini epiche da tramandare ai posteri e, nemmeno, slogan che passeranno alla storia…eppure, eppure…il corteo del 19 ottobre a Roma ha segnato il passaggio ad una fase nuova. Una massa che non si fa rappresentare, ma che si rappresenta. Una massa che non ascolta dichiarazioni e promesse, ma che si dichiara.Una massa combattiva e pacifica, determinata e multietnica. Una massa consapevolmente in guerra contro l’esistente e più pericolosa per le istituzioni di qualsiasi pubblica ed imbelle dichiarazione di guerra.
Perché la democrazia non sta nelle costituzioni, se queste non prevedono il conflitto e il diritto alla rivolta. E non sta nelle leggi elettorali se non esistono partiti in grado di difendere e diffondere il conflitto sociale. E non sta nei partiti e partitini se questi si arrogano, comunque e soltanto, la rappresentazione del conflitto. La democrazia è conflitto e vive soltanto nel conflitto.
Là dove il conflitto è negato, la democrazia non c’è. Che sia un governo liberista a negarlo, oppure un governo ancor più marcatamente autoritario oppure, ancora, un governo socialista come quello sovietico dagli anni venti del ‘900 in avanti, ci si trova davanti ad una dittatura.
Non è questione di forme, ma di sostanza. Prendendo a prestito una frase di Mark Rotko a proposito dell’arte e della pittura, si può affermare che “La democrazia non è qualcosa che riguarda l’esperienza , ma è l’esperienza”.
Democrazia è esperienza diretta della politica. Per chi non è rappresentato dagli ingombranti catafalchi della politica racket, è la politica. E, in quanto tale, non può che essere conflittuale.
Non vi è democrazia nel compromesso. Il compromesso si preoccupa delle forme e non dei risultati. Reali. La democrazia borghese è formale, dichiarativa, rappresentativa e a-conflittuale. Deve superare, castrare, negare, regolarizzare e rappresentare, appunto, il conflitto. Relegandolo alle stanze della politica, ai palazzi, agli ambiti parlamentari. Agli angoli oscuri delle trattative riservate oppure, per uguale e opposta formalità, alla rappresentazione mediatica giornalistica e televisiva.
Là dove quotidianamente viene rappresentata una delle più celebri opere di Shakespeare: “Molto rumore per nulla”. Sempre uguale nella sostanza, ma sempre diversa soltanto per gli attori, sempre più scadenti, che la portano in scena. Inutile, noiosa, imbelle ripetizione di schemi, parole, proposte sempre uguali, vuote e volgari. Slogan che non servono nemmeno più a lenire il malessere causato dalla crisi o a consolare chi continua a pagare per debiti, colpe e responsabilità che non ha mai avuto e non ha mai contribuito a creare.
La democrazia è per forza di cose conflittuale poiché si realizza, anche solo parzialmente, soltanto là dove esistono forze reali contrapposte (Lavoro Vs. Capitale), in cui gli attori abbiano tutti un’eguale peso politico nella società. La rappresentazione parlamentare che ne conseguirà non sarà dunque la causa, ma l’effetto del conflitto. In barba, val la pena di ripeterlo, a tutte le leggi elettorali e alle, sempre aleatorie, garanzie istituzionali.
Negli anni settanta uno slogan recitava: “Democrazia è il fucile in spalla agli operai”. Alcuni lo vollero attuare clandestinamente anche là dove non ne esistevano le condizioni, senza capire che il vero fucile sulla spalla degli operai, dei giovani e dei lavoratori era quello delle lotte, delle occupazioni delle fabbriche, della scuole e delle case e che solo a partire da queste era possibile rivendicare un diritto all’autodifesa che fu riconosciuto, a metà degli anni settanta, anche dal Tribunale chiamato a processare un nucleo di operai di Sesto San Giovanni colti in possesso di armi.
Tutto ciò diventa particolarmente vero nell’attuale situazione italiana. Dove, nonostante i balletti, le dichiarazioni, le fantasmagoriche ricette o leggi di “stabilità”, tutto traballa, tutto scivola lungo un piano inclinato sempre più ripido. E l’accelerazione della crisi sociale, politica ed economica diventa ogni giorno più rapida e violenta.
Monti è definitivamente cotto, bollito o fritto che sia. Letta è agli sgoccioli e Napolitano pure, mentre si abbarbica ad un formalismo autoritario con la disperazione di un cercatore di funghi scivolato lungo un pendio che lo porterà a volare in un dirupo. Mentre le lotte intestine al PdL porteranno ben presto allo sfascio quella che è sembrata, ma soltanto sembrata, essere l’unica forza politica di governo degli ultimi venti anni.
Allo stesso tempo, però, anche il sogno di una nuova, grande DC, che dalle ceneri del PdL avrebbe dovuto rinascere come l’Araba Fenice, è già morto.
Abortito nonostante i voti della Chiesa e di Papa Bergoglio. Perché la DC non ha mai potuto esistere o governare senza il supporto di un’abbondante spesa pubblica. E’ stato il segreto di Pulcinella per i suoi quasi cinquant’anni di governo, dal 1948 al 1993. E Mani Pulite non servì a combattere la corruttela politica ed economica dei suoi leader e rappresentanti, ma, sostanzialmente, a eliminare un sistema di governo che ripartiva anche socialmente una parte della ricchezza prodotta collettivamente pur di mantenere il proprio potere politico.
Insomma Mani Pulite mise fine all’era Giolitti iniziata novant’anni prima per riportare tutto a un immaginario ordine liberale in cui tutti i profitti dell’economia reale, irreale e mafiosa dovevano tornare esclusivamente nelle tasche dei parùn da le bele braghe bianche senza che questi dovessero tirar fuori o tralasciare altre palanche per compensare il resto della società . Stop! Fine della DC e anche del sogno neo-DC, ucciso dai colpi di coda di Berlusconi e di Monti e dal trionfo della finanza su qualsiasi altra attività economica.
A ben pensare però, nel corso degli ultimi vent’anni, l’unica forza che ha davvero governato l’Italia sulla via della restaurazione capitalistico-finanziaria non è stata però Forza Italia con i suoi orrendi alleati leghisti e fascisti, ma, nell’ombra solo per chi non vuol vedere la realtà, il PCI – PDS – PD. Dalla mortadella Prodi al salame Bersani, quell’aggregato politico ha rappresentato la vera continuità e garanzia istituzionale sulla strada della riforma liberista e finanziaria del sistema Italia. E’ dunque per questo motivo che si può dire che Reagan e la Thatcher hanno avuto, qui da noi, la maschera di “severi” politici come D’Alema e i suoi accoliti, seppure in salsa catto-comunista emiliana.
La cui unica proposta alternativa è stata per anni quella dell’economia del “Terzo Settore”, cooperative e associazionismo, che, dopo aver contribuito a smantellare lo stato sociale appellandosi alla solidarietà, hanno finito con il rappresentare il modello principale per le attività sottopagate, aprendo la via alla riforma al ribasso del lavoro di cui sente quotidianamente parlare oggi. Così, mentre da un lato la CGIL si ostinava, apparentemente, a difendere i lavoratori delle grandi fabbriche (in realtà garantendo soltanto ai grandi complessi industriali la possibilità di usufruire di milioni e milioni di ore di cassa integrazione), dall’altra si creavano tutte le condizioni per un drastico abbassamento dei costi del lavoro, giovanile e non.
Solo così si può comprendere la funzione di quella sinistra istituzionale che ha rivendicato negli ultimi vent’anni la sua funzione ( anche se verrebbe da scrivere finzione) liberale, scambiando liberalismo con liberismo…but Love me, love me, love me, I’m a liberal! (come cantava quasi cinquant’anni fa il buon Phil Ochs). E il cui risultato attuale è il mostruoso, gigionesco e pericolosissimo Matteo Renzi. Colui che ha già gettato l’ultimo residuo di maschera sinistrese di quel partito e che, onesto almeno in questo, ha rivolto apertamente la sua richiesta di voto all’elettorato di destra! Completando e portando a termine la parabola di un partito iniziata, come minimo, settanta anni fa con la svolta togliattiana di Salerno.
Unico candidato possibile per un Partito destinato ormai a ricoprire il ruolo di centro che nessun altro ( né Berlusconi, né Monti, né tanto meno Casini) può oggi cercare di ricoprire. Soltanto a questo si possono ricollegare le speranze di vittoria elettorale del PD, che fanno oggi fibrillare il governo Letta quanto le altalenanti tattiche berlusconiane e che alimentano le ultime speranze di governabilità della marcia e decomposta borghesia italiana.
Ma proprio questa speranza centrista sarà ciò che affosserà definitivamente il PD, che finirà sì col guadagnare voti a destra, ma anche col perdere gran parte del poco elettorato attivo di sinistra che ancora gli rimaneva. E che non vedeva ancora come il ruolo democratico rappresentativo del Partito fosse dipeso più dalle lotte sociali reali degli anni sessanta e settanta che gli imponevano determinate tattiche più che dai suoi intenti reali.
Così, mentre i sondaggi danno ormai per le prossime elezioni un 50% di astensioni (tra astensione reale e schede bianche), i movimenti del 19 ottobre (No-Tav, per la casa e per il lavoro) diventano l’unico possibile polo di aggregazione per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani, volenti o nolenti che siano. Le parole d’ordine concrete diventano infatti la base di pratiche antagonistiche e delle uniche riforme possibili. Riforme che, come si è già detto più volte su Carmilla, non possono che essere conseguenza di una pratica conflittuale e, quindi, rivoluzionaria.
La Rivoluzione futura sarà anonima e tremenda” affermava molti decenni or sono il vecchio dinosauro Amadeo Bordiga. Tanto anonima da non aver bisogno di un partito fondato su dichiarazioni di stampo ideologico, tanto tremenda da non aver bisogno di racket politici e parlamentari per far parlare di sé. Tanto pericolosa da far tremare i suoi avversari anche senza l’uso immediato della violenza. Cosa di cui i rappresentanti più scaltri dell’ordine esistente (dai giornalisti come Santoro agli imprenditori della piccola e media industria ) si sono già accorti, mentre il Potere delle istituzioni si sbriciola e sfarina ogni giorno di più sotto gli occhi di tutti e anche Grillo deve fare i conti con un vertiginoso calo di popolarità.
Ieri un importante quotidiano, infatti, ha potuto così affermare : ”Di ottimisti, cioè di entusiasti pronti a pronosticare lunga vita per Letta e i suoi ministri, in giro se ne trovano sempre meno.[...] Il quadro della situazione, del resto, è sufficientemente noto: non uno dei tre partiti che sostengono il governo delle larghe intese gode di buona salute [...] E se è fondata la «rivelazione» di Simona Vicari, senatrice PdL,secondo la quale le «elezioni le vogliono i renziani, i falchi PdL e tutto il Movimento 5 Stelle», ecco, se questa è la polveriera sulla quale siede Enrico Letta, chi darà fuoco alla miccia? [...] Con buona pace, naturalmente, delle riforme da fare, delle preoccupazioni del Capo dello Stato e della situazione in cui versa il paese*
A cui va aggiunto ciò che affermava l’editorialista di un altro importante quotidiano nei giorni scorsi; “Se [questo] servirà a scaricare di nuovo sull’Italia e sulle sue istituzioni l’impotenza dei partiti, si apriranno scenari dei quali ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità**
In questo contesto sarà, sempre più probabilmente, costituito da tutto ciò che è stato fin qui elencato il motivo reale del successo dei movimenti, in cui i giovani e i lavoratori, le donne e gli immigrati (ovvero i grandi e indiscussi protagonisti della manifestazione ottobrina), scopriranno sempre di più la bellezza, l’utilità immediata e la gioia connesse a una lotta di liberazione in cui l’individuo riscoprirà tutte le sue potenzialità creative, all’interno di una nuova comunità umana. In cui la ripartizione sociale delle ricchezze e del lavoro non sarà più solo frutto dei capricci del capitale finanziario e delle banche centrali. Libera dallo sfruttamento, dal consumo inutile e distruttivo e dallo spreco delle risorse umane ed ambientali.

Ovvero, finalmente, la vera democrazia realizzata e non quella fittizia, stigmatizzata da Flaubert già nel XIX secolo!
 
* Federico Geremicca, Da sinistra a destra cresce la tentazione di tornare alle urne, La Stampa, 28 ottobre 2013.
** Massimo Franco, Giravolte pericolose, Il Corriere della Sera, 26 ottobre 2013.

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua