giovedì 19 giugno 2014

La Spagna di Podemos di Michele Orini

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Podemos (“Possiamo”) è un partito-movimento nato 6 mesi fa in Spagna, ha contenuti di sinistra, un linguaggio non identitario, un leader popolare e molti, moltissimi simpatizzanti, tra cui alcuni intellettuali di fama internazionale (N Chomsky, E Galeano, N Klein, O Jones, E De Luca …). I sondaggi pre-elettorali lo davano al 2%. Ha poi preso l’8% e mandato 5 deputati (su 54) a Bruxelles, dove faranno parte del gruppo della sinistra europea, quello che aveva Alexis Tsipras come candidato.
Il suo successo è senza dubbio uno dei risultati più importanti delle ultime elezioni europee. La sua irruzione ha sconvolto la politica spagnola, ha decretato la crisi del sistema bipolare configurato alla morte di Franco, e palesando la crisi del PSOE (partitdo socialista obrero español), i cui elettori non hanno digerito le sue politiche neoliberiste di austerità, praticamente le stesse che stanno massacrando il paese oggi governato dalla destra.
Ma gli elementi che rendono Podemos un caso unico sia in Spagna sia probabilmente a livello europeo, sono le pratiche ed i linguaggi: questi infatti sono gli elementi che hanno portato questa neonata fromazione a prendere più di un milione di voti senza toglierne (molti) alla sinistra tradizionale, che con Izquierda Plural al 10% registra anch’essa un risultato storico.
Proviamo quindi a capire il fenomeno Podemos considerando il contesto nel quale è nato, e gli argomenti, proposte, pratiche e linguaggi dei suoi promotori e dei suoi simpatizzanti.
Contesto sociale: in Spagna la crisi ha picchiato e continua a picchiare molto duro. Disoccupazione, emigrazione, sfratti, povertà ed in certe zone anche fame sono problemi reali. A differenza del nostro, il debito spagnolo è soprattutto privato, e questo ha alimentato un’ostilità diffusa nei confronti delle banche che per anni, prima della crisi, offrivano mutui e prestiti a chiunque. Era il tempo dell’euforia, quella di Zapatero che nel 2007 dichiara: “abbiamo superato l’Italia in termini di reddito procapite, l’obbiettivo è quello di superare la Francia”. Poi, a metà del secondo mandato socialista la festa finisce, colpa soprattutto di un sistema neo-liberista iper-finanziarizzato, destinato a creare crisi sempre più frequenti e dolorose. E comincia la tragedia, colpa stavolta soprattutto del Governo socialista, che decide di far pagare l’intero conto dei danni causati dai potenti della terra (anche quella spagnola) alla gente comune. Il 15 maggio 2011 centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, si ritrovano in piazza con l’intenzione di restarci. I loro slogan risuonano ancora oggi: “non ci rappresentano”, “democrazia adesso”, “tutti a casa” etc. Sono i famosi indignati (il movimento del 15M, come viene chiamato in Spagna), che danno il via ad un periodo frenetico di assemblee, iniziative, manifestazioni, scioperi, dibattiti pubblici, piattaforme in difesa della casa, assedi ai centri di potere, associazionismo politico e di quartiere … un movimento spontaneo, popolare, sul quale nessun partito e sindacato riesce a metterci sopra il proprio marchio di fabbrica. Comicia l’epoca della politica dal basso, “ciudadana” (dei cittadini). Alle elezioni generali del 2011 il PSOE prende una sonora batosta (dal 44% del 2008 passa al 28%), comunque insufficiente a convincere i suoi quadri a rivedere politiche e pratiche (andrà infatti peggio alle europee di maggio dove prende il 23%). Trionfa il Partido Popular, partito di destra con tutti i sacri crismi, che a differenza del PSOE non deve neppure cammuffare la consolidata pratica di prendere ai poveri per dare ai ricchi (e spesso, vista la sua corruzione endemica, direttamente a loro stessi). Dal giorno dopo si mettono al lavoro: privatizzazione della sanità, diminuzione dei salari, aumento della precarietà, libertà di licenziare a volontà, diminuzione dei diritti e poteri sindacali. E visto che non si vive di soli tagli alla spesa pubblica sociale, si toglie la sanità agli immigrati privi di documenti e si mette a punto una proposta di legge che rporterebbe il diritto all’aborto a com’era praticamente sotto Franco. In parallelo arrivano leggi destinate a criminalizzare il dissenso. D’altronde non ci sono alternative, anche perché se arrivassero gli emissari della Troika (“gli uomini vestiti di nero”, come vengono chiamati in Spagna) sarebbe peggio. Tanta barbarie politica fomenta l’opposizione cittadina e l’attivismo politico.
In questo contesto un gruppo di attivisti ed intellettuali decide che è ora di creare un soggetto politico nuovo, capace di captare il consenso di chi vorrebbe fermare l’avanzata inarrestabile del rullo compressore della crisi, ma che non si fida dei partiti esistenti, nemmeno quelli della sinistra tradizionale. Scrivono un appello su uno dei giornali on-line della sinistra spagnola (in Spagna esistono ottimi giornali di sinistra) e nasce Podemos. Il suo leader, Pablo Iglesias, è un ragazzo di 35 anni con i capelli lunghi, da sempre militante di sinistra, professore di scienze politiche all’università Complutense di Madrid. È un volto molto conosciuto, conduce un programma di dibattito politico sul canale on-line di un giornale di sinistra, ed è spesso in televisione, dove nel corso di vari talk-show suole stendere i suoi avversari con la tranquilla lucidità dei suoi argomenti.
Argomenti: Podemos nasce con il chiaro intento di non essere una mera forza di testimonianza, ma ambisce a trasformare profondamente la politica e con essa la società. Podemos mette in pratica la sua vocazione maggioritaria attraverso la chiarezza delle sue proposte, un linguaggio che rifugge slogan della sinistra tradizionale, e pratiche inclusive volte a fomentare la partecipazione dei cittadini. Il discorso principale ha comunque radici antiche: viviamo in un mondo governato da una ristretta minoranza di persone, potentissime e ricchissime, che diventano sempre più ricche e potenti grazie ai nostri sacrifici. La crisi è in realtà una truffa, un saccheggio. La sovranità popolare è stata sequestrata, ed usata per fare solo ed esclusivamente gli interessi di questa “casta” (termine usatissimo, come vedremo). È ora di riconquistarla, e di governare facendo gli interessi della maggioranza delle persone. Il discorso ruota sempre attorno alla democrazia, ai cittadini, alla gente, mai attorno alla sinistra in quanto tale.
Proposte elettorali: Il programma politico è stato scritto, rivisto e corretto e finalmente approvato on-line in un progetto collettivo che ha coinvolto attivisti e simpatizzanti. Comprende proposte che vanno chiaramente in direzione opposta all’austerità, molte delle quali audaci e radicali. Un breve (non esaustivo) elenco comprende: un piano d’investimenti pubblici per creare lavoro, settimana lavorativa di 35 ore, divieto di licenziare per le aziende in attivo, rinegoziazione del debito pubblico, modificazione della BCE, aumento del salario minimo e stabilimento di un salario massimo di categoria, reddito di cittadinanza, blocco degli sfratti, nazionalizzazione di imprese strategiche (settore energetico, farmaceutico, telecomunicazioni, trasporti …), lotta senza quartiere alla corruzione, recisione dei legami tra politica e mondo delle grandi imprese (moltissimi ex-ministri e presidenti sia di destra che di sinistra siedono comodamente nei consigli di amministrazione di grandi imprese private).
Pratiche: Podemos è una formazione ancora in fase di costruzione, ma la caratteristica principale di questa prima parte è stata quella di privilegiare la democrazia diretta ed assembleare: l’uso delle primarie aperte per scegliere i candidati alle elezioni (via Internet, con possibilità di votare per una settimana) e la formazione di circoli sia territoriali che tematici. Aprire un nuovo circolo è facilissimo (basta seguire le istruzioni sul sito), l’unica regola è quella di rispettare il carattere assembleare e solide forme di democrazia interna. In pochissimi mesi sono nati più di 400 circoli, alcuni anche all’estero. Nelle città più importanti alle riunioni, nelle piazze o in spazi pubblici, stanno partecipando diverse centinaia di persone, non solo giovani e non solo attivisti o militanti provenienti dal movimento degli indignati, anzi, per la maggior parte di loro è il primo contatto con la politica, con le assemblee e le discussioni collettive. Podemos rifiuta i finanziamenti attraverso le banche, ma usa il crowdfunding e l’autofinanziamento. Ricoprire un ruolo di rappresentanza politica è considerato un servizio e non può essere una professione: c’è un tetto ai mandati e lo stipendio dei deputati europei è di 3 volte il salario minimo interprofessionale (650×3=1950 euro al mese). Internet è considerato uno strumento fondamentale di partecipazione, ed è usatissimo per informare, discutere, decidere e votare. La pagina Facebook principale di Podemos ha circa 600 mila contatti e quelle dei circoli tematici o territoriali più grandi viaggiano tutte attorno ai 3-5 mila contatti. La rete però rimane uno strumento, che non sostituisce il carattere assembleare del movimento, e che non viene celebrata come la panacea di tutti i mali.
La questione generazionale: in Spagna non si parla molto di “rottamazione”, ma l’esigenza di un ricambio generazionale è forte. I promotori sono quasi tutti sotto i 40, e dei primi 10 candidati alle europee solo uno ha più di 40 anni: è un giudice anticorruzione di 78 anni che avendo dichiarato prima delle elezioni che in caso fosse stato eletto non sarebbe andato a Bruxelles, non andrà a Bruxelles.
Linguaggi: la parola “izquierda” (sinistra) è risuonata pochino nei discorsi elettorali. Perché? Secondo Pablo Iglesias fondamentalmente perché in politica quello che conta è il potere, ed il potere in democrazia te lo da il consenso, e per ottenere consenso hai bisogno di essere compreso e potenzialmente votato da tutti. Infatti, dice, “Il Potere [costituito] non teme la sinistra, tema la gente”. A chi lo accusa di non essere abbastanza ortodosso, risponde ricordando che le vere trasformazioni sociali non sono mai cominciate con discorsi identitari, per quanto giusti che siano, ma con parole comprensibili da tutti, e senza citarlo direttamente racconta di Lenin che all’alba della rivoluzione prometteva pace, pane e terra. Il tema centrale è quello della democrazia. Contrappone la “casta”, intesa innanzitutto come classe economica dominante, prima che politica, alla gente. In campagna elettorale è stata molto usata la metafora dei gatti e dei topi, tratta da un racconto di Tommy Douglas: noi, la gente comune, siamo topi, che quando siamo chiamati a votare possiamo solo scegliere tra il partito dei gatti bianchi e quello dei gatti neri, i quali però governano per poter continuare a mangiarsi sempre più topi, sempre più indisturbati. La semplicità del linguaggio e la radicalità delle proposte hanno subito valso a Podemos l’accusa di populismo, con la destra che agita lo spettro di una rivoluzione in stile Bolivariano (Chavez, Maduro, Correa, Evo Morales, ma ovviamente anche Fidel Castro e l’immancabile Hitler sono tutti personaggi che sono stati già accostati a Podemos). Iglesias e compagni non si scompongono. Per altro le competenze in Podemos sono ritenute importanti e valorizzate: tra i cinque eletti al parlamento europeo ci sono due professori universitari (scienze politiche e fisica teorica), un giudice, ed una professoressa di liceo. La strategia di portare avanti battaglie di sinistra (radicale), ma senza insistere sul fatto di essere sinistra (radicale), è apparente anche nel simbolo: un cerchio bianco su sfondo viola, e la scritta “Podemos” in bianco e verde. D’altronde, quando un partito che si chiama “Socialista” rifiuta il socialismo, quando un partito che si chiama “Popular” lavora senza sosta al servizio di pochi privilegiati, quando le leggi a difesa dei lavoratori vengono usate per sbattere in galera per anni chi partecipa ai picchetti, quando i veri Patrioti nascondono in Svizzera milioni e milioni di euro rubati ai loro stessi connazionali, quando gli ex-leader del maggiore partito (detto) di sinistra (il PSOE) lavorano per grandi aziende private … quando le parole smarriscono il loro significato, forse l’unica opzione è quella di provare a farsi capire con un altro linguaggio, più attento ai contenuti, e ripartire dall’idea che democrazia vuol dire potere del popolo, per il popolo. E per il momento, il popolo sta reagendo con grandissimo entusiasmo.

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