giovedì 19 giugno 2014

L’Onu: a Odessa strage neonazi — Simone Pieranni

Ucraina. Poroshenko cambia, via il ministro degli esteri e il capo della procura (di Svoboda) e apre: «Siamo pronti a cessare il fuoco»
Un report delle Nazioni unite sui diritti umani in Ucraina è impie­toso: il paese è dila­niato dalla guerra, da scon­tri feroci, vio­lenze quo­ti­diane. Una situa­zione all’interno della quale sguaz­zano cri­mi­nali di ogni sorta, da una parte e dall’altra. Ci sono anche i numeri totali delle vit­time riscon­trate: almeno 356 morti, di cui 257 civili, 14 bam­bini. Un con­flitto dimen­ti­cato, ormai supe­rato dalle que­stione geo­po­li­ti­che, del gas, di incon­tri e cene, ma nel quale le per­sone con­ti­nuano a sof­frire, a scap­pare — chi può — o ten­tare di sopravvivere.
Il report si con­cen­tra anche sul rogo di Odessa, nel quale sono morte almeno 48 per­sone. Un evento tra­gico, finito nell’oblio, per­ché fin da subito è apparsa chiara la respon­sa­bi­lità degli «eroi» di Maj­dan, ovvero i gruppi para­mi­li­tari neo­na­zi­sti di Set­tore Destro. Il rap­porto sot­to­li­nea la loro pre­senza, armata, nei pressi del Palazzo del Sin­da­cato a cui poco dopo sarebbe stato dato fuoco. Le parole del report con­fer­mano le rico­stru­zioni subito dopo i fatti pro­ve­nienti dai testi­moni: un accam­pa­mento di paci­fici soste­ni­tori dell’indipendenza da Kiev del Don­bass, aggre­diti e costretti a rin­ta­narsi nell’edificio dei sin­da­cati, che diven­terà poco dopo una trap­pola mor­tale. All’epoca gli eventi erano stati minimizzati.
Chi soste­neva ci fosse lo zam­pino dei para­mi­li­tari di Set­tore Destro, veniva addi­tato come una sorta di visio­na­rio nove­cen­te­sco, ancora alla ricerca dei fasci­sti nel mondo che ha decre­tato la fine delle ideo­lo­gie.
Ora però a cen­trare l’attenzione su Pra­vyi Sek­tor sono le Nazioni unite. È un segnale tal­mente rile­vante, che per­fino Poro­shenko sem­bra voler cor­rere spe­dito verso un repu­li­sti nelle file del suo governo. Deci­sioni con­co­mi­tanti con l’apertura più seria, da quando è stato eletto, nei con­fronti dei filo­russi e di chi spera che al più pre­sto arrivi un vero «ces­sate il fuoco». Il neo pre­si­dente ucraino ha infatti spe­ci­fi­cato ieri, di essere dispo­sto a chiu­dere la guerra: «Il piano — ha detto — parte col mio ordine di ces­sare il fuoco in modo unilaterale.
Ci aspet­tiamo poi in tempi brevi di otte­nere il soste­gno al piano di pace pre­si­den­ziale da parte di tutti i par­te­ci­panti agli avve­ni­menti nel Don­bass». Il pre­si­dente ucraino si è quindi detto dispo­sto a «offrire un’amnistia a coloro che depon­gono le armi e non hanno com­messo gravi reati» e a «offrire un cor­ri­doio per dare ai mer­ce­nari la pos­si­bi­lità di lasciare il ter­ri­to­rio del Paese senza armi». I sepa­ra­ti­sti dovranno però libe­rare gli ostaggi e sgom­be­rare i palazzi occu­pati. Poro­shenko ha infine pre­ci­sato che il suo piano di pace pre­vede 14 passi poli­tici che saranno resi noti nei pros­simi giorni.
Su tutto que­sto devono aver influito e non poco alcuni eventi: innan­zi­tutto la tele­fo­nata di due giorni fa con Putin. Al Crem­lino infatti hanno con­fer­mato che, durante il col­lo­quio tele­fo­nico, Poro­shenko e Putin hanno «toc­cato» la que­stione di un pos­si­bile ces­sate il fuoco. Come ha spie­gato Poro­shenko, il ces­sate il fuoco sarà il primo passo di un pro­cesso di pace che include anche emen­da­menti costi­tu­zio­nali che daranno più potere alle regioni. In secondo luogo il paese è al tra­collo e solo un passo in avanti, oltre la guerra, sem­bra poter garan­tire un futuro.
La rispo­sta dei filo­russi è stata, ad ora, nega­tiva: il lea­der dell’autoproclamata Repub­blica popo­lare di Done­tsk Denis Pushi­lin ha spe­ci­fi­cato che «il nostro inte­resse è che gli occu­panti lascino il nostro ter­ri­to­rio. Loro smet­tono di spa­rarci con­tro, noi con­se­gniamo le armi e loro ci cat­tu­rano disar­mati. Que­sta è la logica di Kiev». Infine da sot­to­li­neare il rim­pa­sto in atto. Poro­shenko in modo ener­gico sta comin­ciando a piaz­zare le pro­prie per­sone nelle posi­zioni chiave, sfrut­tando anche alcuni eventi. Il mini­stro degli esteri che aveva defi­nito «testa di cazzo» Putin è stato estro­messo ieri e sosti­tuito da un mem­bro del par­tito «Patria» di Tymo­shenko (mozione richie­sta al Par­la­mento di Kiev).
Dopo il report delle Nazioni Unite non è un caso la sosti­tu­zione del pro­cu­ra­tore gene­rale, un mem­bro del gruppo nazi­sta di Svo­boda. Infine Poro­shenko ha pro­po­sto di sol­le­vare Ste­pan Kubiv dall’incarico di gover­na­tore della banca cen­trale, sosti­tuen­dolo con Vale­riya Gon­ta­reva, avvezza al mondo finan­zia­rio e con­si­de­rata la per­sona ideale per nego­ziare con il Fondo Mone­ta­rio internazionale.

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