lunedì 23 giugno 2014

Syriza italiana, "Attenzione, il tema della crisi dei partiti è egemonizzato dal pensiero dominante". Parla Fabio Nobile (ex-Pdci)


Fabio Nobile è stato membro della segreteria nazionale del Pdci, e consigliere regionale del Lazio per la Federazione della Sinistra. Ultimamente è stato firmatario di un documento che ha determinato l'uscita di molti compagni dal Pdci.

Dopo l'affermazione della lista Tsipras la sinistra, fino al Pd, è in subbuglio. Sembra una articolazione produttiva, però. Che idea ti sei fatto?
Sul risultato della lista Tsipras e i suoi effetti sarei più cauto. Certamente il risultato, come ho avuto modo di dire, è dignitoso. A me pare, però, che gli effetti più forti sul quadro politico lo ha avuto il risultato del PD. Tenuto conto del 42% di astensione, il 40% del PD è un risultato che mette questo partito al centro della stabilizzazione politica del Paese. Renzi, credo di poter dire, interpreta e sostanzia la più autentica e originale aspirazione del PD: quello di essere il partito di riferimento del capitale transazionale, coagulando attorno a sé un vasto e variegato blocco sociale. Alla politica moderata dettata da Bruxelles, Renzi combina la forza della «rottamazione» del ceto politico della seconda repubblica. Un elemento, quest’ultimo, che risponde alla questione che mediaticamente è stata indicata, strumentalmente, quale causa dei mali italiani. Una questione attraverso cui si può parzialmente spiegare il successo di Grillo nelle politiche e la sua frenata alle europee. Ma la rottamazione che viene a realizzarsi determina anche un salto di qualità del PD, l’uscita di scena del gruppo dirigente della Bolognina cancella, infatti, ogni ambiguità sul profilo politico del PD. Con la fine del centrosinistra si apre anche a sinistra una fibrillazione circa le modalità di adeguamento alla nuova fase imposta da Renzi. Su questo non credo ci sia più spazio per ambiguità: la via è imprescindibilmente quella dell’alternativa.
Da una parte la crisi dei partiti, dall'altra una società civile che stenta ad entrare in palla, nonostante in tutta Europa dei passi in avanti si registrano eccome...
Il tema dei partiti è stato egemonizzato dal pensiero dominante. La loro crisi, che nasce dalla loro inadeguatezza ai cambiamenti epocali nella società italiana, è funzionale alle classi dominanti per ridefinire una democrazia oligarchica dove minoranze organizzate competono per conquistare la «maggioranza» della popolazione disorganizzata. Il tema dell’astensionismo è in questo senso un tema di classe: sono i settori popolari e proletari quelli che progressivamente stanno scivolando verso l'astensionismo. Questo aspetto ci dovrebbe dire molto su quanto l’ideologia della società civile vada superata a sinistra. I lavoratori e i settori popolari hanno bisogno di organizzazione e autonomia politica di classe. In Europa tutte le esperienze positive di lotta politica e sociale vedono la presenza di forti partiti comunisti o della sinistra al centro di aggregazioni più larghe. Insieme ad esse una forza decisa e determinante sul piano sindacale. Bisogna poi rendersi conto che la crisi e l'austerity hanno portato alla rottura del bipolarismo in tantissimi paesi europei, dai PIGS dove avanza la sinistra, alla Francia fino all'Inghilterra dove la destra e movimenti populisti vincono. Il terremoto della crisi scuote fin nelle viscere la società e tende a rompere ogni stabilità. L’enorme spazio che se ne ricava o viene organizzato a sinistra o trova sbocco in spinte reazionarie e plebiscitarie. Il cesarismo montante e i partiti personali in Italia sono quindi spie di queste tendenze.
La Syriza italiana ha un modello da seguire - per esempio greco o spagnolo - oppure deve trovare una sua strada?
Diffido sempre dalla riproduzione sic et simpliciter di modelli politici di importazione. Sul breve periodo si deve trovare in Italia una nostra strada tenendo ovviamente conto degli esperimenti consolidati in diversi paesi europei dove i comunisti e la sinistra sono di nuovo i principali riferimenti dell'opposizione politica e sociale alla crisi e la gestione della Troika. Il tema è la costruzione di un fronte politico e sociale aperto in grado di essere un vero volano di sollecitazione e ricomposizione sul piano politico del confitto sociale e di classe. Un processo che sia in grado in termini concreti di rispondere all'attuale frantumazione soggettiva ed oggettiva, con una forte capacità aggregativa nella chiarezza dei contenuti, degli obiettivi e del posizionamento politico. In questo processo continuo a ritenere fondamentale l'autonomia politica ed organizzativa dei comunisti. I comunisti devono rifuggire sia dal liquidatorio superamento della forma partito in una sinistra indistinta, sia all’opposto dall’autocelebrazione settaria della loro sufficienza. Sicuramente, guardando alle esperienze maturate all’estero, dobbiamo far tesoro di una semplice lezione politica: non esistono terre di mezzo tanto in Italia quanto in Europa. Il PPE ed il PSE sono i pilastri politici della politica europea, l’alternativa va quindi costruita al di fuori di quel «cappio» politico.
Sul medio-lungo periodo va affrontato un tema assai più gravoso e complesso che interroga le sinistre e i comunisti di tutta Europa: per costruire il cambiamento, quello vero, quello che pone in discussione l'ordine esistente, bisogna porsi il problema di riorganizzare i corpi intermedi. La cosiddetta società liquida, acclamata da alcuni intellettuali assai in voga anche a sinistra, non credo infatti sia l’unico portato possibile della cosiddetta modernità, a essa non credo che i comunisti debbano politicamente soggiacere. Una società con una minore strutturazione, segnata da una scarsa partecipazione politica e non organizzata, è una società meno democratica in cui a dominare sono, in primo luogo, i gruppi editoriali espressione delle diverse componenti del capitale. Ecco io credo che a questo genere di società i comunisti e la sinistra non debbano adeguarsi, pena la sconfitta. Credo infatti vada dedicato un immenso sforzo al paziente lavoro di ricomposizione politica e sociale.
Le vicende di Sel dimostrano che con la sola arma politica non si può andare da nessuna parte, serve la mobilitazione per la costruzione del blocco sociale...
Mi pare chiaro che la sinistra e i comunisti vivono se sono espressione reale dei settori più combattivi del movimento dei lavoratori e se sono in grado di contribuire a promuovere e organizzare il conflitto.
A livello europeo quale unità si può concretamente costruire per segnare un percorso utile alla sinistra?
Il Gue ha rappresentato e può rappresentare ancora l’espressione parlamentare di una dialettica positiva tra comunisti e le diverse soggettività della sinistra anticapitalista e antiliberista in Europa. Certamente sarebbe auspicabile, ed è da ritenersi un obiettivo da raggiungere, quello della costruzione di un fronte europeo della sinistra in grado di indicare un'alternativa radicale alle UE.
Come ho detto e ripeto le terre di mezzo vanno bene nei racconti, non nella realtà. Occorre una forza che metta duramente in discussione la UE, i suoi trattati e l’architettura monetaria costruita attorno agli interessi del capitale.

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