Uno
scrittore francese di cui non ricordo il nome attribuì la decadenza
intellettuale dell’Italia, dopo il Rinascimento, all’eccessivo consumo
di pasta dal che si deduce che la stupidità ha un suo posto anche in
letteratura. Peccato però che nonostante il pollo su ogni tavolo,
l’avvento della pallida fettina di vitello, retaggio di chi la carne non
la mangiava spesso e non la conosceva, la promessa dei quattro salti in
padella o i generosi sforzi di Capitan Findus, la situazione non sembra
migliorare. Solo così si può spiegare il fatto che un Paese intero si
faccia prendere regolarmente per il naso da un sistema politico
-mediatico che spaccia paradisi artificiali in maniera talmente
grossolana e scoperta da far invidia ai cartelli colombiani.
Mi chiedo come si possa sopportare la beffa di un ministro
dell’economia il quale auspica che qualcuno abbassi le tasse quando è
proprio lui che dovrebbe farlo. O quello di ministri e politici sorpresi
che sia spuntata fuori a loro insaputa la faccenda dell’immunità dei
senatori. E come sia possibile che si guardi con fiducia a un premier
che si sottomette completamente a quei trattati capestro che voleva
cambiare prima delle elezioni, che fa ponti d’oro all’ultra conservatore
Juncker, assertore nei rari momenti di sobrietà dello stau quo europeo e
lo accetti a capo della commissione Ue, come Merkel comanda, salvo poi
indossare i panni del miles gloriosus assieme al collega d’armi e di
fuffa Hollande per farsi campione di una patetica, inconsistente e vaga
lotta per la flessibilità sui parametri. Tuttavia il porno giornale
Europa Quotidiano dice che “passa la dottrina Renzi” e non è nemmeno
vietato ai minori di diciotto anni esposti così alla sconcertante
visione della sodomia politica.
E’ un mistero la ragione per cui gli italiani non capiscano ciò che
persino un bambino comprenderebbe: che la forza data a Renzi e alle sue
larghe intese di fatto, non migliora per nulla la nostra capacità
contrattuale, anzi la indebolisce e la annulla perché il combinato
disposto di poteri finanziari ed egoismi nazionali, chiude semmai un
occhio solo se i “suoi” uomini e i “suoi”governi sono deboli e rischiano
un bagno. Di fatto il voto italiano ha salvato questa Europa e la
dottrina dell’austerità e ora ne coglierà tutti i frutti.
Mi chiedo con che faccia commentatori da strapazzo, del resto quelli
che passa il convento mediatico italiano, parlino, mentendo per la gola,
di ripresa in Spagna e vantino il fatto che a Madrid abbiano abbassato
le tasse, a riprova della bontà delle ricette europee. In effetti il
nuovo re, Felipe non so che numero, ha tenuto un discorso d’investitura
in cui ha parlato di poveri ed ecco che il governo segue annunciando per
l’ennesima volta un consistente taglio dell’aliquota massimale
dell’Irpef locale, vale a dire una bella sforbiciata a chi guadagna più
di 300 mila euro l’anno. C’è da notare poi che la riforma fiscale
spagnola, così come emerge dal piano messo a punto da un comitato di
saggi che per sua stessa ammissione ha fatto tesoro delle
raccomandazioni di Ue ed Fmi, è la cosa più reazionaria e bastarda che
veda la luce dalla seconda guerra mondiale. Diminuzione del’aliquota
massima dell’Irpef dal 52 al 44% come ci si appresta a fare, ma anche
riduzione del 3% dei contributi sociali (quindi pensioni ancor più da
fame, meno sanità pubblica e meno tutele), aumento dell’Iva dal 10% per
molti prodotti base al 21% e aumento compensativo della tassazione
indiretta che come si sa non è progressiva, riduzione delle tasse sugli
utili delle società da 32 al 20%, riduzione delle tasse di successione
in maniera fortemente regressiva, più erediti, meno paghi. Insomma un
chiarissimo piano per far pagare esclusivamente ai ceti popolari e alle
istituzioni democratiche il prezzo della crisi. Naturalmente fino alle
elezioni gli unici provvedimenti saranno le diminuzioni d’imposta ai
ricchi, per evidenti motivi, così come in Italia gli 80 euro hanno
preceduto la stangata da 200 e passa che si avrà dopo l’estate.
Sarà colpa della paella? Del resto una ragione ci sarà se la
centralità mondiale spagnola dopo la scoperta delle americhe è durata
poco più di un secolo e per giunta sostenuta dalle truppe austro
tedesche e dai banchieri genovesi (“Poderoso caballero/ es Don
Dinero. (…) viene a morir en España, y està en Génova enterrado”). Ma
scherzi a parte fu proprio il declino dei salari nel Seicento e il
grande accumulo di ricchezze in mano di pochi a determinare il rapido
declino spagnolo. E come si vede i grandi esperimenti sociali della
finanza liberista cominciati con la Grecia dove ormai i salari vengono
pagati per un terzo in natura e proseguiti con la Spagna dove si va
affermando un neo franchismo attualizzato, peraltro benedetto dalla
Chiesa e con l’Italia rigettata in pasto alla sua miseranda oligarchia
sociale di sempre non lasciano nulla d’intentato sulla luminosa strada
del regresso. Qui da noi non c’è nemmeno bisogno di ingaggiare sociologi
come fa il Pentagono per fornire modelli di rivolte di massa
utilizzabili reprimerle o suscitarle a seconda dei casi: qui persino i
più eclatanti nasi di Pinocchio ci mettono la faccia.
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