Qualche volta non si sa se ridere o piangere; l'ultima puntata delle
mascalzonate revisioniste dei nostri tempi ha avuto per teatro la
trasmissione di Lucia Annunziata, "Mezzora". Ne è stato protagonista
Eugenio Scalfari il quale, definendo la collocazione ideologico
culturale di se stesso, ha detto che Gramsci, come lui, era un liberal
democratico. Il motivo è che le letture di riferimento dello stesso
Gramsci sarebbero state Benedetto Croce e non Marx. La "degenerazione
comunista" sarebbe avvenuta più tardi, quando Berlinguer, ha detto
ancora il giornalista (che è sulla via del totale rincoglionimento
avendo confuso quest'ultimo con Togliatti), decise l'adesione del Pci al
Cominform, cioè l'organizzazione dei partiti comunisti che succedette
al Comintern al quale (altra dimenticanza o ignoranza storica di
Scalfari) il Pci già aveva aderito, anzi ne era uno dei protagonisti.
Ora, questa cosa indigna, innanzitutto per la sua superficialità e
rozzezza. E poi perché far diventare liberal democratico socialista uno
dei protagonisti della scissione di Livorno, dei fondatori del PCdI,
dell'adesione di quest'ultimo alla Terza Internazionale Comunista, in
polemica aperta e durissima con il Psi, compresa la sua componente
massimalista e di sinistra, mi pare sinceramente troppo, anche in questi
foschi tempi di revisione della storia. E, per di più, far cambiare
bandiera a chi ha sopportato dodici anni di carcere e lì è morto, pur di
non rinnegare la sua fede politica, mi pare anche una offesa alla sua
memoria.
Chi ha minimamente letto gli scritti di Gramsci sa che è vero che
egli dedica molte pagine a Croce, ma lo fa proprio in polemica e rottura
con la vecchia tradizione liberale che aveva contribuito ad aprire le
porte al fascismo e tenuto fuori dalla partecipazione alla politica le
grandi masse operaie e contadine. Gramsci era un marxista ed è stato, a
tutt'oggi, il più grande intellettuale marxista italiano e non solo
italiano. Anche il suo legame con il leninismo è evidentissimo. Basta
leggere gli scritti entusiasti che egli dedica alla Rivoluzione
d'Ottobre e le analisi della società russa divenuta sovietica per
rendersene conto. La sua teoria della egemonia che cos'è altro è se non,
come si diceva un tempo, la traduzione adattata alla situazione
italiana della dittatura del proletariato?!
Gramsci, sulla base di una impareggiabile analisi della società
italiana comprende che la trasformazione sociale in Italia non avrebbe
potuto seguire le stesse vie della Russia, ma non rinuncia mai a questa
trasformazione e cerca di gettarne le basi teorico culturali. Ora, per
la verità, non è quello di Scalfari il primo tentativo di far diventare
Gramsci liberale. Altre fonti più "qualificate" ci hanno provato, non
negando il suo essere comunista ma mettendo addirittura in scena un suo
presunto "pentimento" in punto di morte. Non c’era bisogno, ma sono
state smentite da studiosi e storici sulla base di prove documentali e
ricerche storiche inoppugnabili.
La mia impressione è che la forza delle analisi e del pensiero di
Antonio Gramsci sia tale che ad esse non si possa rinunciare. Solo che
averlo come comunista risulta scomodo e allora,... meglio trasformarlo
in un generico progressista.
Leonardo Caponi
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