In gergo tecnico semiufficiale, si chiama "rimbalzo del
gatto morto". Il prodotto interno lordo (Pil) è cresciuto nel primo
trimestre "addirittura" dello 0,3%. Lo ha reso norto poco fa l'Istat,
pubblicando le sue stime.
Quasi penosa l'esibizione di giubilo che ha percorso i media
mainstream, guidati dall'Ansa e da Repubblica: "l'Italia è fuori dalla
recessione". E' una tecnica consolidata, nell'informazione di regime,
trasformare un dato puramente tecnico in un "fatto rivoluzionario", che
dovrebbe confemare l'ottimismo e quindi il consenso verso il governo.
Tecnicamente, in effetti, si parla di recessione se il Pil va
negativo per due trimestri o oltre. Quindi si può dire che l'economia
italiana, nel primo trimestre, ha interrotto la tendenza alla recessione
cronica che durava ininterrottamente dal terzo trimestre 2011; quindi
da 14 trimestri consecutivi. Ma se ci trovassimo negli immondi panni dei
giubilatori prezzolati, dovremmo preoccuparci che questo numerretto
positivo non si la copia di quel solitario +0,1% registrato
occasionalmente nel terzo trimestre del 2013, che fece - anche lui,
poverino - titolare a tutti i giornali mainstream "è iniziata la
ripresa!".
A voler essere obiettivi, dunque, bisognerebbe dire che questo
"rimbalzino" arriva dopo una perdita cumulata - negli ultimi tre anni e
mezzo - di oltre il 5% della ricchezza prodotta. Ma se cumilamo questo
periodo negativo con l'inizio vero e proprio della crisi (2008, sul
piano produttivo), allora la perdita supera abbondantemente il 10%. Per
recuperare il terreno perduto, a questo ritmo, ci vorrebbero circa otto
anni.
Naturalmente bisogna tenere conto di alcune circostanze macroeconomiche assolutamente occasionali e irripetibili: quantitative easing
monetario iniziato dalla Bce, crollo del prezzo del petrolio (che è nel
frattempo risalito da 40 a quasi 70 dollari al barile), e rapida
svalutazione dell'euro (anche qui, già risalito da 1,04 a 1, 12 sul
dollaro).
Forse converrebbe anche buttare un occhio sull'improvviso
rallentamento della "locomotiva" tedesca: la Germania ha registrato un
deludente +0,3 per cento. In calo rispetto al +0,7% del precedente
trimestre, ben sotto le attese degli analisti che avevano messo in conto
una crescita di circa mezzo punto percentuale.
E aleggia ancora nell'aria l'ammonimento del governatore della Banca
d'Italia, Ignazio Visco: "le imprese italiane non sono competitive
perché non hanno investito in innovazione tecnologica, favorite da
governi che hanno pensato solo a ridurre il costo del lavoro" (non è una
citazione letterale, ma il senso è questo; http://contropiano.org/economia/item/30591-visco-troppa-cattiva-flessibilita-si-va-verso-la-disoccupazione-di-massa).
Come le cifre sull'occupazione, insomma, questo governo mostra un'alta propensione a barare.
Il rapporto completo dell'Istat: Stima_preliminare_del_Pil_-_13_mag_2015_-_Testo_integrale.pdf292.32 KB13/05/2015, 11:00
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