Forse un altro sciopero, probabilmente il blocco degli scrutini.
Le toppe che frettolosamente il governo ha messo al disegno di
legge sulla scuola devono essere apparse peggiori del buco se ieri
i sindacati sono usciti dalla riunione a palazzo Chigi con un «no,
grazie», determinati a rafforzare la battaglia.
Del resto una delle battute di giornata più volgari Renzi l’aveva
pronunciata proprio qualche ora prima dell’incontro all’indirizzo
dei professori («la scuola non è l’ammortizzatore sociale degli
insegnanti»), considerati dei poveracci che pensano solo al
(magro) stipendio.
Mentre si avvicina la data di elezioni regionali che saranno
ricordate come quelle delle liste impresentabili, Renzi non si
trattiene e colpisce duramente qualunque forma di vita alla sua
sinistra. Obiettivi preferiti, il sindacato e l’opposizione
interna. E mena fendenti nel tentativo di fare il pieno dei voti in
libera uscita dal centrodestra spappolato, maldestramente
mascherato da una rivendicazione a sé del riformismo vincente.
Non il patto del Nazareno, non l’abolizione dell’articolo 18, non il
jobs act, non la controriforma della scuola, non le riforme
costituzionali sarebbero le ragioni di una deriva centrista del
“partito della nazione” e di una perdita di consenso nei mondi
tradizionalmente schierati a sinistra. Ma è «la sinistra
masochista in Liguria che dà la possibilità a Forza Italia di
essere rianimata», sarebbe il deputato Luca Pastorino, candidato
alle regionali liguri la causa della temuta (e improbabile)
resurrezione berlusconiana. E non è una battuta ma il cuore della
sua lunga passeggiata elettorale davanti alle telecamere di
Repubblica.it.
Il presidente del consiglio, per l’occasione vestito con la
giacca del segretario del Pd, ha irriso la minoranza del partito da
cui evidentemente teme di ricevere qualche dispiacere
elettorale. E così ha sparato cannonate portando a termine la
rottamazione della vecchia classe dirigente.
Con i toni arroganti che ne contraddistinguono il profilo
politico, ha preso a bersaglio gli ultimi esponenti della vecchia
nomenclatura colpevole di lesa leadership («Non è che se non ci
sono Bersani e D’Alema non c’è più la sinistra»). A parte il fatto che
D’Alema e Bersani sono ancora nel Pd ed espellerli a mezzo stampa non
è il massimo dell’eleganza nemmeno nel PdR, sostenere che i poveri
masochisti alla Fassina dovrebbero «ricordare quando il Pd perdeva
davvero col 25%», è una di quelle carte false buone per la
propaganda visto che il segretario-presidente è seduto a palazzo Chigi
proprio grazie al tanto disprezzato partito del 25 per cento che lo
ha portato al governo.
Sarebbe più prudente prenderne atto, anche perché continuare
a sbandierare il 40 per cento raggiunto alle europee, in vista delle
regionali potrebbe rivelarsi un azzardo.
Masochisti e truffatori
di Alessandro Gilioli
Trovo molto positivo che Matteo Renzi abbia
buttato sul tavolo la questione del "masochismo della sinistra", perché è
dirimente. Nel senso che è questione centrale per fare chiarezza, per
togliere dal campo nebbie, ambiguità e truffaldini nominalismi.
Masochisti sono, notoriamente, coloro che producono male a se stessi.
Ad esempio, prendiamo una persona che vorrebbe in Italia
un'inversione urgente della tendenza trentennale che ha allargato la
forbice dei redditi, una redistribuzione parziale dei patrimoni
dinastici (specie quelli fondati sulla speculazione finanziaria), uno
spostamento di risorse dalla scuola privata a quella pubblica, un taglio
severo alle spese militari, un sistema elettorale che crei nuovi canali
tra cittadini e palazzo, una lotta senza quartiere all'evasione fiscale
e magari una garanzia sociale di pur basilare continuità di reddito per
gli ultimi in un'era di occupazione liquidissima.
Ecco: una persona del genere - che probabilmente si definirebbe di sinistra - è masochista se vota o se non vota Renzi?
A occhio, con permesso, se lo vota: per il semplice motivo
che tutte le cose di cui sopra Renzi non solo non le ha fatte, ma non ha
la minima intenzione di farle. Anzi, in alcuni casi va nella direzione
opposta.
Allora perché Renzi definisce "masochisti" quelli che non stanno con lui, avendo le idee di cui sopra?
Ecco che qui arriva la truffa. Perché Renzi "è il leader di un partito di sinistra" o almeno di centrosinistra. Quindi chi è di sinistra
dovrebbe stare con lui, e consentire la sua vittoria, non sulla base di
ciò che pragmaticamente il premier fa o non fa, ma sulla base
nominalistica della provenienza e della tradizione del partito di cui è
leader, erede del Pci-Pds-Ds.
Insomma, zitti e mosca, la sinistra sono io quindi se voi siete di
sinistra e non contribuite alla mia vittoria siete masochisti.
Peccato che la verità sia esattamente il contrario: masochista è chi,
anelando a un sistema sociale più equo, consente di comandare a chi
verso l'equità non ha alcun interesse, ma è apertamente fautore di un
vincismo individualista e ipercompetitivo, infatti è portato in palmo di
mano dalle élite di questo Paese e non solo.
Quindi masochisti, scusatemi, sono i tanti amici e compagni
di ogni età che lo votano, e credono di aver vinto - wow, abbiamo il 40
per cento! - quando le loro idee hanno drammaticamente perso, perché chi
ha vinto fa il loro opposto.
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