Parla Michele Vecchietti, candidato presidente de “L’Umbria per un’altra Europa” alle prossime regionali. Nel programma lavoro, ambiente e contrasto a neo-liberismo e austerità
Di Carlo Perigli, popoffquotidiano.it
Dopo decenni di organicità a
tutti i governi regionali, Rifondazione Comunista, di cui fai parte,
decide di rompere con il centro-sinistra. Come mai questa decisione?
Più che una scelta di Rifondazione,
questa posizione è maturata naturalmente proseguendo il cammino iniziato
con le elezioni europee, che qui in Umbria hanno visto nascere una
sinistra alternativa al neo-liberismo e all’austerità, raggruppata sotto
il simbolo de “L’Altra Europa con Tsipras”. I comitati nati in
quell’occasione sono diventati il luogo di confronto, discussione e
costruzione politica alla base di questo percorso di cui Rifondazione è
solo una parte, seppure importante. La scelta è frutto di
un’elaborazione collettiva. Si tratta di utilizzare queste elezioni come
un passaggio per verificare lo stato di maturità della costruzione di
una sinistra in linea con le altre che si oppongono, in Europa, alle
scelte della tecnocrazia di Bruxelles. Del resto, i conti con la nostra
appartenenza al centro-sinistra abbiamo cominciato a farceli già alla
fine di questa legislatura, a fronte delle scelte che il Pd ha compiuto
in ambito regionale a partire dall’instaurazione del governo Monti,
trasformandosi nella principale leva delle politiche neoliberiste e di
austerità imposte su scala nazionale anche in gestione consociativa con
le opposizioni di centro-destra. Pensiamo alla scelta di produrre il Css
invece di adottare la strategia Rifiuti Zero, alla scelta di
trasformare l’E-45 in autostrada, alle semplificazioni in materia
urbanistica e, non da ultimo, alla legge elettorale. Le distanze tra noi
sono siderali.
Avete criticato con forza la legge elettorale con la quale l’Umbria andrà al voto.
Quella appena approvata dal Consiglio regionale è una legge elettorale che piega le istituzioni ad interessi di parte.
Il Pd e il centro-destra se la sono praticamente fatta su misura, ma è
una normativa che restringe gli spazi di rappresentanza inquinando il
campo della democrazia. Basti pensare che la legge assegna un premio di
maggioranza senza però avere la decenza di prevedere una soglia minima
per accedervi. Una chiara dimostrazione di paura della classe politica
umbra, che indebolisce ulteriormente la democraticità delle istituzioni.
Poi è normale che la gente non va più a votare perché non crede che
nella politica si possa trovare una leva in grado di cambiare lo stato
attuale delle cose.
Da dove comincia il cambiamento?
Innanzitutto dal lavoro. È fondamentale
dare rilievo agli interventi che favoriscono una ricaduta occupazionale,
producendo reddito e lavoro. Dopo l’evidente fallimento del mercato
neo-liberista bisogna aprire una stagione di intervento pubblico in
economia, a partire dalle criticità presenti. Pensiamo ai finanziamenti
legati alla richiesta di area di crisi complessa per Terni e Narni, che
permetterebbero di lavorare in questa direzione. La Regione non ha
ancora presentato l’istanza propedeutica a tale riconoscimento, mentre i
parlamentari del Pd non si sono neanche degnati di chiedere il
rifinanziamento per la legge del 2012 che prevedeva gli interventi sullo
stato di crisi industriale complessa. Già durante la vertenza Tk-Ast
dicevamo che le istituzioni locali devono entrare nel governo della
siderurgia, anche con una presenza diretta dentro la multinazionale.
All’epoca le nostre sono state accolte come proposte lunari, oggi però
vediamo che la Cassa Depositi e Prestiti mette 400 milioni dentro
l’Ilva. È chiaro che quello che serve è una politica di sistema che
ponga al centro il mantenimento delle produzioni e che attui le norme
per contrastare le delocalizzazioni.
Hai parlato di lavoro. Un tema
che in alcune realtà umbre, come Terni, è però legato anche a forti
criticità ambientali da risolvere.
La questione del lavoro non può in
nessun modo essere separata da quella ambientale, anche perché le
risorse utilizzate attraverso il riconoscimento dell’Area di Crisi
Complessa devono portare a compimento una serie di interventi, a partire
dalla bonifica del Sin di Papigno, concludendo una volta per tutte il
rimpallo di responsabilità tra Ministero dell’Ambiente, enti locali e
multinazionale. Oltre a procedere con un sensibile abbattimento delle
emissioni, la Thyssen deve portare a verifica l’AIA (Autorizzazione
Integrata Ambientale) di cui dispone per la discarica in cui giacciono
tonnellate di scorie di acciaio, come prescritto anche dall’Arpa da
alcuni anni. Quella discarica è infatti alla base della contaminazione
di aria, acqua e terra. Inoltre c’è la chimica, con le aree ex Basell da
5 anni appese al volere della multinazionale che se n’è andata da Terni
nonostante producesse utili per diversi milioni di euro. Se lì c’è la
possibilità di fare un polo della chimica verde, allora si acquisiscano
le aree e si faccia partire il progetto. Fare la chimica verde
significherebbe costruire un’industria del recupero e del riciclo, dire
no all’incenerimento dei rifiuti e al Css attraverso la Strategia
Rifiuti Zero.
Il tema della sicurezza, anche
visti alcuni recenti fatti di cronaca, in Umbria comincia ad essere
sentito. Non a caso di questa regione hanno iniziato a parlare anche gli
speculatori di professione, attirati da alcune situazioni complicate. Come si pone la vostra lista?
Secondo noi non ci può essere sicurezza
senza giustizia sociale. Per questo bisogna innanzitutto dare una
risposta al fenomeno della “criminalità del bisogno”, un fenomeno
sociale prodotto dalla crisi, che va combattuto con lavoro e reddito.
Anche in quest’ottica diventa fondamentale una politica in grado di
favorire l’occupazione anche tramite lo sviluppo della
microimprenditorialità. Un discorso a parte merita invece la lotta alla
criminalità organizzata. Siamo di fronte a processi di accaparramento
del territorio da parte di associazioni criminali in crescita, che
acquisiscono attività in fallimento ed investono in canali preferenziali
come video slot, giochi d’azzardo e riciclaggio tramite i compro oro. È
indispensabile un controllo delle attività di cava, dei rifiuti e
un’attenta gestione del territorio.
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