giovedì 28 maggio 2015

L’Umbria per un’altra Europa. La sinistra al voto

Parla Michele Vecchietti, candidato presidente de “L’Umbria per un’altra Europa” alle prossime regionali.  Nel programma lavoro, ambiente e contrasto a neo-liberismo e austerità

Di Carlo Perigli, popoffquotidiano.it
michele vecchietti
Dopo decenni di organicità a tutti i governi regionali, Rifondazione Comunista, di cui fai parte, decide di rompere con il centro-sinistra. Come mai questa decisione?
Più che una scelta di Rifondazione, questa posizione è maturata naturalmente proseguendo il cammino iniziato con le elezioni europee, che qui in Umbria hanno visto nascere una sinistra alternativa al neo-liberismo e all’austerità, raggruppata sotto il simbolo de “L’Altra Europa con Tsipras”. I comitati nati in quell’occasione sono diventati il luogo di confronto, discussione e costruzione politica alla base di questo percorso di cui Rifondazione è solo una parte, seppure importante. La scelta è frutto di un’elaborazione collettiva. Si tratta di utilizzare queste elezioni come un passaggio per verificare lo stato di maturità della costruzione di una sinistra in linea con le altre che si oppongono, in Europa, alle scelte della tecnocrazia di Bruxelles. Del resto, i conti con la nostra appartenenza al centro-sinistra abbiamo cominciato a farceli già alla fine di questa legislatura, a fronte delle scelte che il Pd ha compiuto in ambito regionale a partire dall’instaurazione del governo Monti, trasformandosi nella principale leva delle politiche neoliberiste e di austerità imposte su scala nazionale anche in gestione consociativa con le opposizioni di centro-destra. Pensiamo alla scelta di produrre il Css invece di adottare la strategia Rifiuti Zero, alla scelta di trasformare l’E-45 in autostrada, alle semplificazioni in materia urbanistica e, non da ultimo, alla legge elettorale. Le distanze tra noi sono siderali.
Avete criticato con forza la legge elettorale con la quale l’Umbria andrà al voto.
Quella appena approvata dal Consiglio regionale è una legge elettorale che piega le istituzioni ad interessi di parte. Il Pd e il centro-destra se la sono praticamente fatta su misura, ma è una normativa che restringe gli spazi di rappresentanza inquinando il campo della democrazia. Basti pensare che la legge assegna un premio di maggioranza senza però avere la decenza di prevedere una soglia minima per accedervi. Una chiara dimostrazione di paura della classe politica umbra, che indebolisce ulteriormente la democraticità delle istituzioni. Poi è normale che la gente non va più a votare perché non crede che nella politica si possa trovare una leva in grado di cambiare lo stato attuale delle cose.
Da dove comincia il cambiamento?
Innanzitutto dal lavoro. È fondamentale dare rilievo agli interventi che favoriscono una ricaduta occupazionale, producendo reddito e lavoro. Dopo l’evidente fallimento del mercato neo-liberista bisogna aprire una stagione di intervento pubblico in economia, a partire dalle criticità presenti. Pensiamo ai finanziamenti legati alla richiesta di area di crisi complessa per Terni e Narni, che permetterebbero di lavorare in questa direzione. La Regione non ha ancora presentato l’istanza propedeutica a tale riconoscimento, mentre i parlamentari del Pd non si sono neanche degnati di chiedere il rifinanziamento per la legge del 2012 che prevedeva gli interventi sullo stato di crisi industriale complessa. Già durante la vertenza Tk-Ast dicevamo che le istituzioni locali devono entrare nel governo della siderurgia, anche con una presenza diretta dentro la multinazionale. All’epoca le nostre sono state accolte come proposte lunari, oggi però vediamo che la Cassa Depositi e Prestiti mette 400 milioni dentro l’Ilva. È chiaro che quello che serve è una politica di sistema che ponga al centro il mantenimento delle produzioni e che attui le norme per contrastare le delocalizzazioni.
Hai parlato di lavoro. Un tema che in alcune realtà umbre, come Terni, è però legato anche a forti criticità ambientali da risolvere.
La questione del lavoro non può in nessun modo essere separata da quella ambientale, anche perché le risorse utilizzate attraverso il riconoscimento dell’Area di Crisi Complessa devono portare a compimento una serie di interventi, a partire dalla bonifica del Sin di Papigno, concludendo una volta per tutte il rimpallo di responsabilità tra Ministero dell’Ambiente, enti locali e multinazionale. Oltre a procedere con un sensibile abbattimento delle emissioni, la Thyssen deve portare a verifica l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) di cui dispone per la discarica in cui giacciono tonnellate di scorie di acciaio, come prescritto anche dall’Arpa da alcuni anni. Quella discarica è infatti alla base della contaminazione di aria, acqua e terra. Inoltre c’è la chimica, con le aree ex Basell da 5 anni appese al volere della multinazionale che se n’è andata da Terni nonostante producesse utili per diversi milioni di euro. Se lì c’è la possibilità di fare un polo della chimica verde, allora si acquisiscano le aree e si faccia partire il progetto. Fare la chimica verde significherebbe costruire un’industria del recupero e del riciclo, dire no all’incenerimento dei rifiuti e al Css attraverso la Strategia Rifiuti Zero.
Il tema della sicurezza, anche visti alcuni recenti fatti di cronaca, in Umbria comincia ad essere sentito. Non a caso di questa regione hanno iniziato a parlare anche gli speculatori di professione, attirati da alcune situazioni complicate. Come si pone la vostra lista?
Secondo noi non ci può essere sicurezza senza giustizia sociale. Per questo bisogna innanzitutto dare una risposta al fenomeno della “criminalità del bisogno”, un fenomeno sociale prodotto dalla crisi, che va combattuto con lavoro e reddito. Anche in quest’ottica diventa fondamentale una politica in grado di favorire l’occupazione anche tramite lo sviluppo della microimprenditorialità. Un discorso a parte merita invece la lotta alla criminalità organizzata. Siamo di fronte a processi di accaparramento del territorio da parte di associazioni criminali in crescita, che acquisiscono attività in fallimento ed investono in canali preferenziali come video slot, giochi d’azzardo e riciclaggio tramite i compro oro. È indispensabile un controllo delle attività di cava, dei rifiuti e un’attenta gestione del territorio.

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