La notizia cattiva è che vincono i conservatori, quella buona è la sconfitta dei laburisti, ma bisogna sapersi accontentare: se per far perdere i laburisti dobbiamo sorbirci Cameron, pazienza.
Il Labour perde perché non intercetta più nessuna domanda politica: chi vuole l’indipendenza scozzese vota per lo Snp che soffia tutti i seggi al Labour nella sua zona, chi vuole la stabilità nel quadro della Ue vota per i conservatori, chi vuole l’uscita alla Ue vota per l’Ukip, la classe operaia (o quel che ne resta) è allo sbando e vota qualsiasi cosa disperdendosi.
Con la sconfitta del Labour, dopo i risultati mediocri di Spd e Psoe e quelli catastrofici del Ps francese, si conferma la tendenza al declino della “sinistra inutile”.
Questi perdono perché non hanno nulla da dire, se non quello che dicono gli altri: sono europeisti come la destra, sono atlantici come la destra, sono liberisti come la destra, sono antipopolari come la destra, unica differenza, vogliono un po’ più di tasse. E, dunque perché votare per loro? Si vota direttamente la destra.
Come spiegare in questo quadro l’eccezione del Pd? Nessuna eccezione. Il Pd di Renzi non è “sinistra inutile”: è proprio destra. Renzi non è intelligente, ma è un furbetto ed ha capito che, nell’ordine neoliberista, non c’è spazio per nessuna sinistra, neanche la più sbiadita socialdemocrazia o il più esangue keinesismo. E’ il tempo del “pensiero unico” e lui ha saltato il fosso ed, approfittando dell’eclisse di Berlusconi, ha fatto un partito organicamente di destra, senza neppure una sfumatura di Rosa-Bersani. A non averlo capito, al solito, è quel che resta della base del vecchio Pci (tutto cuore e niente cervello), ma questo è un altro paio di maniche.
La “sinistra inutile” muore di inedia ed è giusto che sia così, anzi… vediamo di affrettare l’agonia, che i tempi stringono.
Altra notizia positiva: la scomparsa dei liberali di Clegg. Avevano avuto la loro grande occasione per diventare il terzo polo 5 anni fa conquistando gran parte della Scozia e del Galles, poi la sciagurata idea di allearsi ai conservatori e sparire politicamente: in Scozia sono stati “mangiati” dagli indipendentisti, nel Galles dai conservatori, dappertutto hanno ceduto voti all’Ukip. Ed anche qui è giusto che chi non ha niente da dire si tolga dai piedi.
Anche il risultato dell’Ukip fa pensare: solo 1 anno fa avevano avuto il 27,5% dei voti ed erano il primo partito, oggi sono al 12,55%, meno della metà. Ma nelle europee (dove si vota con il proporzionale e votano meno elettori) l’Ukip è sempre andata meglio (prendendo il 16% sia nel 2004 che nel 2009) per poi calare nelle politiche, dove scatta il meccanismo del “voto utile” e votano più elettori. E questo la dice lunga sul peso del sistema con cui si vota che trasforma l’8% dell’Ukip in un solo seggio. Lo dico anche per l’on Di Battista del M5s che, in una sua recente dichiarazione ha detto che “ci sono cose più importanti della legge elettorale”.
Ma non sono solo le regole elettorali a spiegare questa dèbacle. Anche qui è utile guardarsi in giro: il Fn sembra che si sia fermato nel suo slancio, il M5s ebbe una battuta d’arresto già nelle europee dell’anno scorso, la Lega di Salvini sembra già in affanno, come anche Podemos in Spagna ed Afd in Germania. Le opposizioni anti euro (o eurocritiche) hanno conseguito importanti risultati grazie al voto di protesta, ma, giunte ad una certa soglia, si fermano o declinano. E questo perché, sia a destra che a sinistra, non sembrano in grado di fare il passaggio dalla protesta all’alternativa di governo, essendo carenti dal punto di vista della cultura politica (ma sul punto torneremo in un pezzo ad hoc).
Cameron ce la fa a prendere la maggioranza assoluta con i rimasugli liberali, ma si tratta di una maggioranza risicatissima (e, sin qui, siamo nel solco del “sistema di Westminster” che ha spesso maggioranze molto risicate), ma debole politicamente. La combinazione fra legge elettorale uninominale-maggioritaria e fine del “bipolarismo imperfetto” inglese (per l’affermazione degli scozzesi e dell’Ukip) trasforma il 36,51% dei voti di Cameron in un quasi 50% di seggi che si sommano agli 8 seggi liberali per fare (forse) maggioranza. Per cui la coalizione è abbondantemente minoritaria nel paese non arrivando neppure al 45% dei voti (e fermandosi al 36,6% se i conservatori restano soli). Già questo è un segnale di debolezza politica, ma la debolezza maggiore è che i conservatori vincono solo in Inghilterra: in Scozia gli indipendentisti stravincono ed i conservatori hanno l’11% dei voti ed un solo seggio; in Galles hanno il 18% e perdono nei confronti dei laburisti ed in Irlanda non sono presenti i partiti “nazionali”. I conservatori prendono oltre il 90% dei propri voti nella sola Inghilterra. Il paese è spaccato.
Probabilmente il referendum di settembre ha avuto un effetto polarizzante: gli scozzesi hanno votato massicciamente per gli indipendentisti, gli inglesi si sono raccolti intorno ai tories visti come garanti della supremazia inglese sull’Uk. Ma, in queste condizioni, la tendenza alla secessione si rafforzerà ed il governo di Londra non sarà in buone acque.
Aldo Giannuli
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