Se bisogna farsi i conti in tasca, i lavoratori di questo
paese mantengono ancora un briciolo di freddezza e consapevolezza. E' il
primo pensiero che viene in testa davanti alla notizia che il numero di
persone che hanno chiesto di ricevere direttamente in busta paga la
quota di accantonamento per il tfr (la "liquidazione" che verrà
corrisposta al momento del pensionamento o del licenziamento) è ben poca
cosa.
Era una delle non molte misure che Renzi, o meglio lo staff che lo dirige, avevano escogitato per mettere subito un
po' di soldi in tasca ai lavoratori dipendenti e dar loro quindi
l'impressione che il governo faceva "aumentare i salari". Come per gli
80 euro, insomma, anche se quella piccola cifra - come quest'ultima -
veniva immediatamente recuperata con gli interessi da una lunghissima
serie di aumenti (prelievi Irpef regionali o comunali, ecc).
L'operazione Tfr in busta paga al momento ha raccolto l'adesione di
meno dello 0,1% dei lavoratori: il calcolo arriva dalla Fondazione
consulenti del lavoro. Su circa un milione di retribuzioni esaminate
solo 567 dipendenti hanno chiesto all'azienda l'anticipo. E dire che la
norma è entrata in vigore ad aprile, dando questa facoltà e bloccandola
per almeno tre anni.
Era una norma con molti trucchi. Il principale lo abbiamo già detto (prendi subito pochi soldi che ti saranno utili più in là tutti insieme), perché sono sempre gli stessi soldi tuoi e non un aumento del reddito. Il secondo era anche più sottile e meno visibile, per chi non è molto esperto di contabilità. Il prelievo fiscale sull'anticipo è infatti a tassazione ordinaria; quindi è conveniente solo per le fasce più basse di reddito, e nemmeno tanto, perché anche quei pochi spiccioli in più rischiano di farti "salire nello scaglione successivo", e quindi di subire una tassazione Irpef molto più pesante in percentuale.
Era una norma con molti trucchi. Il principale lo abbiamo già detto (prendi subito pochi soldi che ti saranno utili più in là tutti insieme), perché sono sempre gli stessi soldi tuoi e non un aumento del reddito. Il secondo era anche più sottile e meno visibile, per chi non è molto esperto di contabilità. Il prelievo fiscale sull'anticipo è infatti a tassazione ordinaria; quindi è conveniente solo per le fasce più basse di reddito, e nemmeno tanto, perché anche quei pochi spiccioli in più rischiano di farti "salire nello scaglione successivo", e quindi di subire una tassazione Irpef molto più pesante in percentuale.
La norma propagandata insomma come "più soldi in busta paga" è in
realtà - come sempre, con Renzi - una fregatura per toglierti ancora una
fetta di reddito. Solo che nello scambio tra più spiccioli subito, ma
anche più tassazione subito, poteva passare inosservata. Così non è
stato e quasi tutti (meno dello 0,1%) l'hanno capito.
Quei pochi spiccioli individuali valgono infatti, sul complesso dei
lavoratori dipendenti italiani circa 20 miliardi l'anno. Si comprende
perciò facilmente come anche un modesto aumento della tassazione
individuale possa far confluire dalle tasche dei lavoratori a quella
dello Stato cifre considerevoli; alcuni miliardi.
Il governo-truffatore ci aveva sperato proprio tanto. Nella relazione
tecnica della legge stabilità il governo aveva ipotizzato che a regime,
la norma potesse interessare circa il 40-50% dei lavoratori destinatari
dell'operazione. Proprio in questi giorni - spiegano i consulenti -
''sono partite le elaborazioni degli stipendi di maggio 2015 da parte
dei Consulenti del Lavoro su 7 milioni di dipendenti e oltre 1 milione
di aziende. In questa prima fase sono stati analizzati i dati delle
grandi aziende (che mediamente occupano più di 500 dipendenti) e nei
prossimi giorni l'analisi si sposterà sulle micro imprese. Dopo questa
prima fase di elaborazione di quasi un milione di stipendi il risultato
sulla liquidazione in busta paga del Tfr riguarda solo 567 lavoratori,
ossia circa lo 0,05%''.
Il 25% dei pochissimi richiedenti ha redditi fino a 20.000 euro, il
50% fino a 30.000 euro mentre appena il 6,25% lo ha chiesto avendo
redditi superiori a 40.000 euro annui. Solo il 10% di coloro che hanno
chiesto l'anticipo ha tolto il Tfr da un fondo pensione. Niente da dire:
siamo tutti capaci di fare due conti, anche chi probabilmente ha più
bisogno anche di pochi spiccioli in più ogni giorno.
Da un'intervista a un campione significativo di coloro che hanno
deciso di non chiedere l'anticipo emerge che la decisione è stata
dettata prevalentemente dalla penalizzazione fiscale (il 60% ha risposto
che ha deciso di non chiederlo perchè la tassazione ordinaria è troppo
penalizzante). Il 16% considera sbagliato togliere il Tfr dal fondo
pensione mentre il 20% non ha ancora valutato adeguatamente.
"I consulenti del lavoro all'indomani dell'approvazione
dell'operazione 'Tfr in busta paga' - afferma la presidente del
Consiglio nazionale, Marina Calderone - avevano preventivato una scarsa
adesione. Oggi ne abbiamo la conferma è il dato non ci stupisce. Questo
insuccesso e' l'ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la
percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto
contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese''.
I consulenti del lavoro, va sottolineato, condividevano appieno la
logica del governo; semplicemente erano poco fiduciosi nella "struttura
tecnica" del provvedimento, specie per quanto riguarda la maggiore
tassazione al salire dello stipendio. E infatti si mettono a
disposizione del governo steso per "consulenze" più esperte. NOi
invitiamo dunque a diffidarne...
In conclusione. Il flop testimonia di una consapevolezza dei propri
interessi che può anche far ben sperare sul piano conflittuale. Ora si
tratta di dar corpo, anima, organizzazione adeguata a questa embrionale
consapevolezza di "indipendenza" - fondata su interessi concreti, non su
opinioni labili - per farla diventare opposizione vincente.
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