“Non è che se non ci sono Bersani e D’Alema non c’è la sinistra del PD”. Così, all’incirca, Renzi ieri su Repubblica Tv. Un’affermazione pronunciata
fuori dai denti, che la dice chiara sull’espulsione a mezzo stampa dei
due, e di coloro (e ciò) che essi rappresentano in quell’area politica,
ossia la presunta (a detta di Renzi) ‘sinistra masochista’, che secondo
il premier punta a perdere e non a vincere. Dico allora due cose.
La prima. Renzi
è un comunicatore politicista, incapace di valutare l’apporto dei
semplici iscritti e militanti. Talmente incapace da indire primarie
aperte ai ‘passanti’ ancor prima che agli iscritti al partito.
Per Renzi la sinistra PD (o la sinistra tout court) è composta di nomi
di vertice, o di quelli che transfugano da altri partiti al PD per
ragioni di cassetta più che ideali (a occhio, almeno). Se avesse
l’umiltà di abbassare davvero lo sguardo, se non fosse persino lieto che
molti presunti ‘masochisti’ di base se ne sono già andati, se non
pensasse che per ‘vincere’ in politica sia sufficente ammucchiare un po’
di maggiorenti in qualche stanzetta, stipulando patti segreti o
spartizioni di incarichi con un occhio sempre ai sondaggi, se avesse un
atteggiamento meno spocchioso (che è molto più di destra che di
sinistra) forse valuterebbe appieno quanto possa pesare negativamente
l’emorragia di iscritti ed elettori fuori dai confini del PD.
Smetterebbe di dileggiare, di schifare, di villaneggiare, di essere il ‘maleducato di successo’ descritto limpidamente da Ferruccio De Bortoli nel suo ultimo editoriale. Guarderebbe alla Liguria con più terrore.
La seconda. La sinistra ‘masochista’ di cui Renzi straparla
è fatta principalmente di donne e uomini che hanno portato l’acqua come
gregari per decenni e decenni, che hanno regalato le proprie ferie alle
Feste dell’Unità, che hanno anteposto il bene pubblico a quello
personale: sono donne e uomini umili nella loro passione e intelligenza,
che hanno interpretato la politica come servizio e come battaglia
quotidiana contro soprusi e ingiustizie, hanno contribuito ai successi
di questi decenni, e hanno vinto tutelando socialmente milioni di
cittadini. Come? Agendo sulla leva della giustizia sociale non
l’opposto. È storia, e non si può cancellare con un click oppure
imponendo un partito liquido e padronale (oppure il jobs act e la ‘buona
scuola’) a quel che sopravvive del PCI e, più in generale, della
sinistra italiana. C’è un’onda lunga della storia, c’è un vigore morale
antico, c’è una tradizione strenua, persino indomita, che si trasmette
come un profilo genetico e che non muore sol perché la politica decide
di sciogliersi in comunicazione o perché un uomo solo decide di
comandare da solo. È una specie di fiume carsico, che prima o poi
riemergerà a chiedere conto e troverà nuovi interpreti e nuovi
testimoni. Si chiamerà in altro modo forse, ma ci sarà (e c’è già oggi
solo a volerlo scorgere). Una vecchia talpa, più combattiva di prima.
Guai a non fare i conti con la storia. Lo si dovrebbe sapere anche in
provincia di Firenze.
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