Al
netto della possibilità concreta di elezioni legislative generali
anticipate nella Primavera del 2016 dovrebbe comunque svolgersi
un’importante tornata elettorale che vedrà coinvolti molti Comuni di
grande importanza: Milano, Cagliari, Torino, Napoli, Genova tra gli
altri, proprio quei comuni nei quali cinque anni fa si affermarono i
cosiddetti “sindaci arancioni”.
Su questo tema emerge già grande agitazione a sinistra: il tema delle
alleanze appare sempre più scottante e c’è la questione della
conservazione del posto per tutta una serie di personaggi che hanno già
assunto la veste di “notabili” (con annessi e connessi come ben si è
visto a Roma in questi ultimi tempi).
Sel appare sicuramente la forza politica più “agitata” in questa
direzione perché emerge una grande voglia di star dentro il gioco
orchestrato dal PD e, d’altro canto, si è proclamata solennemente “il
centrosinistra è finito, lo ha ucciso Renzi” come ha dichiarato, in
questi giorni, lo stesso Vendola.
Infatti, sarà proprio il PD “renziano”, quello che Diamanti definisce
PdR, il grande protagonista del tentativo di spostamento delle pedine
nella propria direzione e quindi sarà con il PdR che si dovrà fare i
conti fino in fondo in vista della prossima primavera.
E’ il caso, quindi, di fissare alcuni punti molto precisi per quella
sinistra d’alternativa che intendesse misurarsi con il tema di una
proposta elettorale da presentare in questa prossima tornata:
1) Non ci sono spazi per poter pensare a una qualche strategia di alleanze sul piano elettorale;
2) Il giudizio sulle amministrazioni uscenti, arancione o non
arancione, non può che essere complessivamente negativo anche cercando
di esaminare situazione per situazione. Anzi, in questo caso (pensiamo
alla gestione dell’Expo a Milano o a quella del territorio a Genova,
soltanto per fare degli esempi) il giudizio non potrà che essere ancora
più negativo di quello già espresso sul piano complessivo;
3) La sola strada possibile per un’eventuale presenza elettorale è
quella dell’autonomia politica e programmatica collegando proprio
l’autonomia a un progetto di opposizione radicale che rappresenti i
tanti settori sociali maggiormente disagiati nelle realtà urbane;
4) La capacità progettuale da sottoporre eventualmente al giudizio
delle elettrici e degli elettori deve corrispondere a contenuti molto
“alti” sui terreni delle prospettive occupazionali, della gestione e
della programmazione degli spazi urbanistici, della gestione dei servizi
sociali e delle utilities senza concessioni a improvvide, più o meno
mascherate, privatizzazioni, del richiamare con grande forza la
“questione morale”, del combattere fino in fondo qualsivoglia logica
speculativa. Tutti elementi di progetto incompatibili con un sistema
delle alleanze interno al perimetro tracciato dal PD;
5) Ci sarà chi accuserà l’espressione di questi principi come quella
di una vocazione al minoritarismo. Un’accusa che deve essere seccamente
respinta. Il tracollo dell’identità della sinistra è avvenuto, in larga
parte, proprio sul terreno della “governabilità locale” laddove si è
verificata la costruzione di un ceto politico che attuando una logica
opportunistica di alleanze ad hoc ha snaturato la propria funzione di
rappresentanza politica:
6) Per ripartire è dunque necessario, se lo si ritiene concretamente
possibile (e in questo caso il giudizio non può che essere lasciato ai
singoli territori, pur cercando di definire un quadro strategico
generale) il recupero di un’identità sul piano della rappresentanza che
deve realizzarsi politicamente attraverso un progetto di opposizione
collegato a una precisa qualità di espressione programmatica e di
coerente presentazione elettorale sul piano della soggettività.
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