L'orrore
della ripetizione ha scosso la comunicazione “europeista”, quando
qualche deficiente burocrate senza memoria ha ordinato di scrivere un
numero sulle braccia di bambini e adulti, profughi senza documenti, alle
porte di Praga. Identico orrore per le foto del bambino siriano
affogato nel mare molto turistico di Bodrum. O per le docce rimesse in
fuzione ad Auschwitz, seppure in linea con la loro funzione “normale”.
Il passato non è passato. I focolai di infezione sono stati
conservati e dunque si sono riprodotti. Non per forza ideologica, ma
come normalità amministrativa, modo di fare e gestire “tecnicamente” i
problemi. Perché quel mostro non veniva da un insondabile altrove, ma da dentro un certo modo di funzionare della normalità occidentale.
Il fantasma del nazismo si è riaffacciato e tutti a gridare “per favore, questo no!”. No alla
scritta sul braccio, o alle foto che ne danno testimonianza. Non certo
alla logica sottostante, ovvero al rifiuto di considerare quelle braccia
come appartenenti a persone dotate di nome, cognome, identità, lingua,
cultura, competenze. Dignità.
Non siamo rimasti sorpresi,
dobbiamo onestamente dire. Trattare amministrativamente i problemi
comporta necessariamente considerare come “oggetti” tutto ciò che viene
gestito: delibere, ordini di servizio, disposizioni, materiale
logistico. Tutto protocollato, dotato di un numero di serie. E anche le
persone, infine. Grandi numeri, con uno spostamento progressivo dalla
natura reale della “cosa” che si sta trattando al puro dato numerico,
ossia alla sua riduzione a “cosa” indifferente.
Negli scioperi della logistica, qui in Italia, abbiamo assistito alla stessa riduzione, con i facchini sottopagati
messi a confronto – sulla stessa bilancia valoriale - con il danno
economico derivante dal rallentamento della circolazione delle merci. È
avvenuto sugli stessi media perbenisti che ora si scandalizzano perché
non è stato trovato un modo diverso di “marchiare” i profughi di
passaggio. Un modo meno già visto, insomma. O meglio ancora invisibile.
Un chip sottocutaneo, per dire, li avrebbe scandalizzati meno. Moderno e
hi tech, uguale accettabile.
Un po' – molto – come per le “riforme” imposte ai Piigs, sperimentate nel laboratorio greco. Decise
dai creditori, dalle teste finanziarie della Troika, e
assolutamenteindifferenti alla volontà popolare che aveva espresso un
nuovo governo. L'economia capitalistica, è il concetto esplicito,
funziona se si applicano certe regole di gestione amministrativa, certe
logiche di bilancio, senza tener troppo conto dei bisogni e delle vite
delle persone. Salmerie, seguiranno...
Ma la sostanza autentica del
nazifascismo è esattamente in questa riduzione delle persone a quantità
astratte, in questo affermarsi “naturale” della logica della logistica. Si
possono immagazzinare e spedire merci, perché non si può fare
altrettanto con le persone? È la logica del capitalismo ordinario, il
sottostante non detto dello stesso turismo di massa (Ryanair voleva far
viaggiare una parte dei passeggeri in piedi, per stiparne di più su ogni volo), la normalità di transazioni incentrate
sul “venduto” e indifferenti alle necessità del “cliente” (anche e
soprattutto quando si fa ricorso agli arichivi di “profili” che
massificano le preferenze individuali).
Non si tratta di far risalire “ideologicamente” il nazifascismo al capitalismo. Si tratta invece di vedere come materialmente alcuni
processi tipici, serializzati e serializzanti, della produzione di
massa implichino una svalutazione dell'umanità (del “capitale
variabile”) quando si applicano agli esseri umani.
La “tracciabilità del
prodotto-individuo”, nella produzione in grandi numeri, si esprime più
semplicemente con un numero, anziché con un nome che implica una storia.
È in questa logica che il numero
di serie diventa l'unica identità possibile nella circolazione
mercantile. È un marchio di fabbrica. Che cala su un braccio, “per
comodità” o abitudine. Banalmente, cioè senza pensiero
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