PERUGIA - Umbrialeft intervista Vasco Cajarelli,
coordinatore de “la CGIL che vogliamo” dell’Umbria e membro della
segreteria regionale.
La maggioranza del direttivo nazionale della CGIL ieri ha deciso di non appoggiare il referendum sulle questioni del lavoro.
-intanto vorrei ricordare che parti importanti della CGIL sostengono il referendum e chi non lo fa agisce per ragioni di opportunità politica e non per convinzioni sul merito; la Fiom, l’area de “la CGIL che vogliamo” e credo anche LAVORO E SOCIETA’ (insieme oltre il 30% del direttivo nazionale) sosterranno i quesiti referendari. Mi auguro che tutto il campo vasto della sinistra politica e sociale sappia impegnarsi decisamente per una vittoria possibile, prima con la raccolta delle firme, poi con l’esito del referendum.
La maggioranza del direttivo nazionale della CGIL ieri ha deciso di non appoggiare il referendum sulle questioni del lavoro.
-intanto vorrei ricordare che parti importanti della CGIL sostengono il referendum e chi non lo fa agisce per ragioni di opportunità politica e non per convinzioni sul merito; la Fiom, l’area de “la CGIL che vogliamo” e credo anche LAVORO E SOCIETA’ (insieme oltre il 30% del direttivo nazionale) sosterranno i quesiti referendari. Mi auguro che tutto il campo vasto della sinistra politica e sociale sappia impegnarsi decisamente per una vittoria possibile, prima con la raccolta delle firme, poi con l’esito del referendum.
Che valore hanno i quesiti referendari?
-Credo che la scelta di fare un fronte ampio sui referendum ha un
valore e una portata costituente, che va anche oltre il merito dei
quesiti, ma è una vera e propria risposta sul terreno della politica
economica dei governi Berlusconi e Monti. Tutti e due i governi hanno
pensato che si può recuperare produttività per il sistema Paese
cancellando o riducendo i diritti dei lavoratori, questo è dimostrato
alla prova dei fatti che oltre che ingiusto è totalmente inefficace. La
dimostrazione è che l’art. 8 dell’ultima manovra Berlusconi, che da la
possibilità di andare in deroga ai contratti nazionali di lavoro, ossia
il loro effettivo annullamento con accordi aziendali, in una crisi come
questa rende dominante la dimensione del ricatto. Tutte le manovre sul
mercato del lavoro del ministro Fornero approvate in parlamento sono
incentrate sulla precarizzazione della condizione lavorativa, a partire
dalla conferma di tutti i sistemi di assunzione precari previsti dalla
legge 30, il superamento nei fatti dell’art. 18 dello statuto dei
lavoratori, la riduzione drammatica degli ammortizzatori sociali a
partire dalla cassa integrazione e dalla cancellazione dell’indennità di
mobilità.
Come si sconfiggono paura e rassegnazione?
-La raccolta della firme per il referendum è una azione in
controtendenza all’idea pseudo riformista praticata negli ultimi venti
anni di contrattare la ritirata sui diritti, vorrei dire ai tanti che
hanno timore dello strumento referendario che dobbiamo smettere di avere
paura, di essere profeti della rassegnazione, dobbiamo investire nella
grande capacità di mobilitazione, lotta e resistenza della classe
operaia; come ci insegnano le tante lotte in Italia e in Umbria, la
volontà di reagire è forte tra i lavoratori più di quanto si pensi.
Come risponde la CGIL dell’Umbria?
-La CGIL dell’Umbria ha elaborato una piattaforma per rimettere al
centro le questioni del lavoro, a partire dalla difesa dei posti di
lavoro esistenti, migliorandone la qualità; è evidente che l’analisi non
basta, abbiamo finito il sangue a forza di fare analisi, dobbiamo
rilanciare l’azione e la mobilitazione, non c’è piattaforma che regge se
non c’è la lotta. Continuiamo tutti, anche il sindacato, a gestire in
Umbria le situazioni di crisi come prima del 2007, questa crisi è
straordinaria e ha bisogno di risposte straordinarie, sia nelle proposte
che nella mobilitazione. Rischiamo un drammatico impoverimento
economico e sociale della nostra Regione, ricordo che in un anno i
livelli di povertà sono passati dal 4,8% all’8,9%, 29.000 persone in
cassa integrazione di cui la metà sono l’anticamera del licenziamento e
della disoccupazione; basterebbe questo per comprendere la necessità di
rilanciare con forza la vertenza Umbria, che è prima di tutto contro le
politiche economiche del governo Monti.
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