Il 6 giugno l'ad del Lingotto diceva: "Non abbiamo in mente di chiedere impegni finanziari al governo"
“Non abbiamo nessuna intenzione di chiedere impegni finanziari al
governo. Il governo ha molte cose da fare in questo momento, noi stiamo
facendo da soli”, aveva detto Sergio Marchionne il 6 giugno scorso
a margine dell’incontro di Cars 21 il gruppo a cui partecipano i
produttori, la Ue, i governi e le parti sociali, ribadendo la sua
dichiarata avversione agli incentivi. Qualcosa, però, dev’essere
cambiato.
Al punto che a una settimana dalla disdetta del piano Fabbrica Italia, con i suoi 20 miliardi di investimenti nel Paese,
ma soprattutto alla vigilia dell’incontro col governo a Palazzo Chigi,
il manager ha mostrato le carte e cambiato volto. “Sono felice che il
ministro Passera, andando in Brasile, si sia reso conto dei grandi
risultati della Fiat in quel Paese. Certamente non gli sarà sfuggito che
il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche
dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il Ministro sappia che
le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono
accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali“, ha infatti dichiarato in risposta alle esternazioni del ministro dello Sviluppo economico.
“In particolare per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all’85 per cento
su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si
aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la
produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni. Per quanto
riguarda la Fiat l’ultima operazione del genere in Italia si è
verificata all’inizio degli anni novanta per lo stabilimento di Melfi”,
ha aggiunto completando la rivendicazione e riconoscendo che “l’attuale
quadro normativo europeo, simili condizioni di finanziamento non siano
ottenibili nell’ambito dell’Unione Europea”. Nessun accenno, invece,
all’ipotesi di richiedere al governo la cassa integrazione in deroga per
gli addetti degli impianti italiani, versione degli ammortizzatori
sociali a carico dello Stato o delle regioni, in cambio del
mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, dal 1977 a oggi, la Fiat ha ricevuto l’equivalente di 7,6 miliardi di euro dallo Stato, e ne ha investiti 6,2 miliardi. Dal
computo sono esclusi ammortizzatori sociali impiegati in questo
periodo né gli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011. In generale nel 2011, per sua stessa ammissione, la Fiat spa e Chrysler hanno ricevuto a livello globale 2,551 miliardi di euro, quasi
il doppio del miliardo abbondante ottenuto l’anno prima. E’ quanto
scrive il Lingotto stesso nel bilancio di sostenibilità pubblicato
dall’azienda che precisa che la somma si divide in 93 milioni di
contributi a fondo perduto e 1,229 miliardi di finanziamenti, 669
milioni dei quali agevolati, mentre i restanti 560 milioni sono arrivati
dalla Banca Europea per gli Investimenti.
Da un punto di vista geografico, al di là delle dichiarazioni di indipendenza di Marchionne, la sua azienda dichiara che dall’Italia l’anno scorso le sono arrivati 591,832 milioni di euro,
il 23,2% del totale. La Penisola, quindi, è il terzo sostenitore
pubblico della Fiat, dietro alla Serbia (25,7% con 655,607 milioni) e,
appunto al Brasile (30,6% con 780,606 milioni). Al quarto posto,
infine, il Messico, altro Paese dove il Lingotto è molto attivo anche
grazie al sostegno pubblico pari a quasi 324 milioni di euro (12,7% del
totale). Non è solo una questione di mercato che funziona o non
funziona, quindi.
di Redazione Il Fatto Quotidiano
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