mercoledì 19 settembre 2012

«Il Pd non ci dividerà». Intervista a Massimo Rossi (FdS)

Intervista a Massimo Rossi, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra: «Governo d’alternativa, non è impossibile. Fra noi nessun altra scissione. Decideremo con un referendum»
«L’alternativa la faremo con le forze politiche, le organizzazioni e movimenti, le personalità dei mondi della cultura che opponendosi al governo Monti hanno prospettato strade diverse per uscire dalla crisi del modello liberista». È rimasto un po’ in ombra Massimo Rossi, portavoce della Federazione della sinistra, dal momento della sua elezione. Complice il suo stile, il fatto che la mattina continua ad insegnare – è il suo mestiere -, e che i principali partiti della sua federazione (Prc e Pdci, ma c’è anche il movimento del partito del lavoro di Salvi e Patta e un drappello di senza tessera) hanno preso spesso iniziative autonome. Oggi Prc e Pdci dichiarano diverse intenzioni sulle alleanze, come il manifesto ha riferito lo scorso sabato. Il Prc per una Syriza italiana, il Pdci per un patto con il Pd. Lui si schiera con la prima ipotesi. «Si pensi a quanto è cresciuto nel referendum sull’acqua e il nucleare, o all’opposizione della Fiom e del sindacalismo di base. Ai politicisti questo schieramento può apparire inconsistente. Ma c’è un grande spazio per una proposta di cambiamento. Ma se l’alternativa non si mette in campo non crescerà mai.
I sondaggi dicono che molti italiani guardano a Monti con fiducia. Crede abbiate davvero una possibilità?
Il fatto che per i sondaggi Monti riscuota la fiducia della metà degli elettori mentre gode del sostegno dell’85% del parlamento, e di quasi tutti giornali e tv, non deve scoraggiare. Come si è visto alle amministrative di primavera, c’è una prateria per una credibile sinistra di alternativa. Sgombriamo però il campo dalla mistificazione secondo cui chi vuole un’alternativa ha scelto la “testimonianza”. Rendersi complici delle politiche liberiste allontana la possibilità per la sinistra antiliberista di raggiungere un’alternativa di governo. Non a caso dopo l’ultima esperienza di governo del centro sinistra l’Italia è l’unico paese europeo dove la protesta non si traduce in consenso per la sinistra ma per Grillo. E poi chi l’ha detto che, se non ci fossero le condizioni per un governo di alternativa decente, si otterrebbero più risultati per la “nostra gente” con una compromissione con le politiche del “montismo”?
Voi sostenete i referendum per il lavoro. La ‘foto del Palazzaccio’ a molti ricorda l’Unione. A lei cosa fa venire in mente?
Un auspicabile progetto futuro. In quella foto c’è larga parte delle espressioni politiche, sociali, culturali, che costruendo con modalità partecipative programmi e candidature, potrebbero dare le gambe al progetto di alternativa di cui sto parlando.
Ma Sel è alleata con il Pd.
E questo è un bel problema. Anche per tanti dentro quel partito, credo. Quest’ alleanza “aprioristica” è in contraddizione con le prospettive delle due forze politiche. Monti per il Pd non è una parentesi. L’adesione alle ricette liberiste più o meno temperate non si è aperta con il professore e non potrà chiudersi una volta approvati il fiscal compact, il pareggio di bilancio in Costituzione, la riforma Fornero. Questi sono i binari dei prossimi anni, se non ci si muove in direzioni alternative. Ma spero che le contraddizioni evidenziate dalle scelte sui referendum e le elezioni siciliane possano riorientare Sel. Peraltro il terreno delle alleanze è ancora sismico. L’aver puntato tutto sulle primarie potrebbe avere esiti tragicomici: e se le primarie le vince Renzi con la sua sfrenata passione per Monti e Marchionne? E se vince Bersani che vuole allearsi con Casini?
La Fds si presenta unita in Sicilia per Claudio Fava, con Sel, Idv e Verdi. Ma a livello nazionale procede in ordine sparso: il Prc propone una ‘syriza italiana’, il Pdci è disponibile a un patto con il Pd. Che succede?
Scelte così delicate, per certi versi storiche, non possono che suscitare un intenso dibattito. Syriza è una Federazione della sinistra che è riuscita a dispiegare il suo progetto sottraendo ai social-liberisti l’egemonia sull’elettorato della sinistra e tra i lavoratori. La gederazione è nata con la stessa ispirazione di Syriza, Front de Gauche francese, Izquierda Unida spagnola.
Sono differenze irriducibili o tattiche che alla fine confluiranno?
Non credo si tratti di tattiche. È il confronto tra diverse ipotesi nello stesso orizzonte ideale. Ipotesi che risentono di visioni diverse riguardo alla collocazione dei comunisti e della sinistra, al loro rapporto oggi con il Pd. Non sottovaluto le differenze, ma tutti hanno a cuore il’unità e quindi l’impegno di tutti è che alla fine si trovi una sintesi.
Circola in rete un documento di un gruppo che chiede il dialogo con il Pd. Consulterete la ‘base’ con un referendum?
Nell’iniziativa di questo documento non vedo nulla di strano. Credo si tratti di una posizione legittima ma minoritaria. Basti pensare che nel Prc, componente largamente maggioritaria nella FdS, l’ipotesi di una proposta elettorale autonoma rispetto al Pd è stata approvata unanimemente dalla direzione. Lo statuto della Federazione prevede che si possano indire referendum tra le iscritte e gli iscritti. Ne discuterà presti il nostro consiglio politico nazionale. Le porte della Fds sono aperte a chi vuole partecipare aderendo al progetto di una ricomposizione della sinistra. A proposito, con che modalità hanno sono stati consultate le Fabbriche di Nichi sull’alleanza con il Pd?
Come farere, visto che Fds non ha un tesseramento suo?
Questo problema non c’è. Oltre a tutti gli aderenti delle formazioni che la compongono, fanno parte della FdS anche compagne e compagni che si sono iscritte. Anche se, ammetto, la consistenza di quest’ultima “componente” non è cresciuta molto per problemi organizzativi e politici. Che un soggetto federativo come il nostro ha dovuto risolvere e gestire.

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