Sì proprio riflessi e non riflessioni.
Era stato facile prevedere che la formazione del governo Monti avrebbe provocato, rapidamente, un processo di vero e proprio “riallineamento” del sistema partitico italiano in parte già realizzatosi attraverso una sorta di “stringimento a coorte” verso il centro delle tre principali formazioni, PDL, UDC, PD.
Nel frattempo è emerso il tema, sempre attuale, delle ruberie all’interno dei partiti che però in questa occasione, in ispecie con il caso Lusi, ha mostrato due importanti elementi di novità: l’assoluta assenza di controlli e di richiesta di rendicontazione per tutti i rivoli di cui si compone questa storiaccia dei finanziamenti ai partiti (rimborsi elettorali, stipendi dei singoli, ecc.) e l’altrettanto assoluta incongruità delle cifre in ballo, totalmente poste al di fuori da una qualsiasi logica costi/benefici; milioni e milioni di euro, quasi come i contratti dei calciatori.
Tutto questo ha alimentato un distacco dell’elettorato dall’asse tradizionale dei partiti in campo, rivolto in due direzioni: l’astensione (ormai maggioritaria nel paese, in una dimensione pressoché assoluta collocandosi attorno al 50%) e improvvisate forme di raccolta della cosiddetta “antipolitica, in particolare il movimento 5 stelle che appare però, al di là ogni altra considerazione, aver già esaurito la propria spinta propulsiva, anche se un certo consolidamento di consenso lo si potrà certo constatare in occasione delle prossime elezioni politiche.
Sta accadendo, però, qualcosa di più profondo: la questione delle ruberie nei partiti ha assunto, nel caso del PDL del Lazio la forza di un vero e proprio detonatore.
La destra italiana è pronta per esplodere e implodere al tempo stesso e, in ogni caso, se insistesse nel presentarsi all’elettorato attraverso la formula attuale, rischierebbe di veder ridotto ampiamente il proprio, già ridimensionato rispetto al 2008, margine di consenso.
E’ prevedibile, dunque, che a destra si apriranno vere e proprie praterie dal punto di vista della caccia al voto: è ovvio che la parte del leone la farà, ancora una volta l’astensione; ma ci sarà spazio per altre scelte, da nuove forme di riaggregazione all’interno di quella determinata parte del sistema partitico allo spostamento d’asse da parte dei centristi.
Centristi che, è bene ricordarlo, proprio in un frangente di questo genere troveranno ragione di insistere per una modifica del sistema elettorale in senso ancor più proporzionale, considerato che la loro possibile acquisizione di voti di destra non sarà sufficiente a renderli maggioritari, ma potrebbe portarli in una condizione più forte al riguardo del loro obiettivo principale rappresentato dal costituire “l’ago della bilancia” del sistema, all’interno del quale svolgere finalmente una funzione pivotale, per la quale sentono un’antica e mai spenta vocazione, in spregio alle tensione bipolariste che animano ancora altri settori politici.
Uno stato di cose in atto che avrà – per l’appunto – “riflessi” sull’intero sistema che sposterà complessivamente il proprio asse ancora più a destra, in linea con le politiche severamente recessive e anti-popolari del governo, impegnato seriamente in una funzione del tutto ideologica di ripristino di condizioni materiale di classe del tutto ante-litteram.
Per la prima volta la storia italiana, ma anche quella europea, all’interno della crisi, regredisce e ci fa apparire un panorama da anni’50: soprattutto nel campo delle relazioni sindacali e delle possibilità di accesso al consumo da parte dei ceti medi e riproletarizzati.
Questi evidenti “riflessi” chiamano la sinistra, attualmente collocata addirittura fuori dal Parlamento, a ripensarsi in toto.
In tutta sincerità mi paiono del tutto superate e stucchevoli sia le diatribe sulle primarie (saranno, naturalmente, l’occasione per la determinazione del riposizionamento del PD) sia sulle possibili alleanze nella dimensione di un rinnovato “centrosinistra” che, dinamiche sociali e politiche e nuova legge elettorale, renderanno davvero “l’isola che non c’è”.
Insomma: qualcuno vuol provare a riprendere i temi di una riflessione più adeguata dell’attuale, attorno alle strategie dell’oggi e nel breve periodo?
Era stato facile prevedere che la formazione del governo Monti avrebbe provocato, rapidamente, un processo di vero e proprio “riallineamento” del sistema partitico italiano in parte già realizzatosi attraverso una sorta di “stringimento a coorte” verso il centro delle tre principali formazioni, PDL, UDC, PD.
Nel frattempo è emerso il tema, sempre attuale, delle ruberie all’interno dei partiti che però in questa occasione, in ispecie con il caso Lusi, ha mostrato due importanti elementi di novità: l’assoluta assenza di controlli e di richiesta di rendicontazione per tutti i rivoli di cui si compone questa storiaccia dei finanziamenti ai partiti (rimborsi elettorali, stipendi dei singoli, ecc.) e l’altrettanto assoluta incongruità delle cifre in ballo, totalmente poste al di fuori da una qualsiasi logica costi/benefici; milioni e milioni di euro, quasi come i contratti dei calciatori.
Tutto questo ha alimentato un distacco dell’elettorato dall’asse tradizionale dei partiti in campo, rivolto in due direzioni: l’astensione (ormai maggioritaria nel paese, in una dimensione pressoché assoluta collocandosi attorno al 50%) e improvvisate forme di raccolta della cosiddetta “antipolitica, in particolare il movimento 5 stelle che appare però, al di là ogni altra considerazione, aver già esaurito la propria spinta propulsiva, anche se un certo consolidamento di consenso lo si potrà certo constatare in occasione delle prossime elezioni politiche.
Sta accadendo, però, qualcosa di più profondo: la questione delle ruberie nei partiti ha assunto, nel caso del PDL del Lazio la forza di un vero e proprio detonatore.
La destra italiana è pronta per esplodere e implodere al tempo stesso e, in ogni caso, se insistesse nel presentarsi all’elettorato attraverso la formula attuale, rischierebbe di veder ridotto ampiamente il proprio, già ridimensionato rispetto al 2008, margine di consenso.
E’ prevedibile, dunque, che a destra si apriranno vere e proprie praterie dal punto di vista della caccia al voto: è ovvio che la parte del leone la farà, ancora una volta l’astensione; ma ci sarà spazio per altre scelte, da nuove forme di riaggregazione all’interno di quella determinata parte del sistema partitico allo spostamento d’asse da parte dei centristi.
Centristi che, è bene ricordarlo, proprio in un frangente di questo genere troveranno ragione di insistere per una modifica del sistema elettorale in senso ancor più proporzionale, considerato che la loro possibile acquisizione di voti di destra non sarà sufficiente a renderli maggioritari, ma potrebbe portarli in una condizione più forte al riguardo del loro obiettivo principale rappresentato dal costituire “l’ago della bilancia” del sistema, all’interno del quale svolgere finalmente una funzione pivotale, per la quale sentono un’antica e mai spenta vocazione, in spregio alle tensione bipolariste che animano ancora altri settori politici.
Uno stato di cose in atto che avrà – per l’appunto – “riflessi” sull’intero sistema che sposterà complessivamente il proprio asse ancora più a destra, in linea con le politiche severamente recessive e anti-popolari del governo, impegnato seriamente in una funzione del tutto ideologica di ripristino di condizioni materiale di classe del tutto ante-litteram.
Per la prima volta la storia italiana, ma anche quella europea, all’interno della crisi, regredisce e ci fa apparire un panorama da anni’50: soprattutto nel campo delle relazioni sindacali e delle possibilità di accesso al consumo da parte dei ceti medi e riproletarizzati.
Questi evidenti “riflessi” chiamano la sinistra, attualmente collocata addirittura fuori dal Parlamento, a ripensarsi in toto.
In tutta sincerità mi paiono del tutto superate e stucchevoli sia le diatribe sulle primarie (saranno, naturalmente, l’occasione per la determinazione del riposizionamento del PD) sia sulle possibili alleanze nella dimensione di un rinnovato “centrosinistra” che, dinamiche sociali e politiche e nuova legge elettorale, renderanno davvero “l’isola che non c’è”.
Insomma: qualcuno vuol provare a riprendere i temi di una riflessione più adeguata dell’attuale, attorno alle strategie dell’oggi e nel breve periodo?
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