Mancano
poche ore ormai all’inizio della tanto chiacchierata assemblea
autoconvocata da alcuni miltanti di Sinistra Ecologia e Libertà, a Roma,
per discutere degli scenari politici futuri e del ruolo stesso di Sel
nella vita pubblica italiana. Il documento da cui si partirà nella
discussione s’intitola “Non affoghiamo nella vecchia politica” ed è un
lucido affresco delle inquietudini, dei dubbi, delle domande di
cambiamento che percorrono il corpo vivo del partito: militanti,
iscritti, simpatizzanti, interi circoli territoriali.
L’iniziativa,
partita inizialmente dai soli ambienti romani, si è diffusa velocemente
su tutto il territorio nazionale, raccogliendo centinaia di adesioni;
un successo che è il sintomo del clima di subbuglio che si vive
all’interno del partito guidato da Nichi Vendola. Nonostante i promotori
dell’assemblea abbiano sottolineato più volte lo spirito costruttivo
del loro progetto qualche critica seppur velata al modo in cui è stata
gestita la linea politica di Sel, sembra infatti esserci. Il documento
di lancio mostra sì apprezzamento per la decisione dell’assemblea
nazionale di chiudere ogni spiraglio di alleanza con l’Udc, ma lamenta
anche in modo chiaro la perdita dello spirito originario e fondativo di
Sel: la ricerca di un modo nuovo e realmente partecipato di fare
politica. Nella critica che si fa al leaderismo, alla frattura tra
politica e società e tra dirigenze e basi territoriali nelle
formulazione delle scelte non si può non scorgere un’allusione alla
stessa azione e strategia di Sel degli ultimi mesi. Strategia che, al
momento, è avvolta nelle fumose dichiarazioni del suo leader che ancora
non ha sciolto le riserve sulla sua candidatura alle primarie ( anche se
secondo i rumors
dei bene informati dovrebbe annunciare a breve la sua discesa in
campo). Quella del 30 settembre non sarà la prima manifestazione di
dissenso ( anche se gli autoconvocati rifiutano l’etichetta di
dissidenti) nei confronti di una certa subalternità al Partito
Democratico da parte di Sel.
Durante
l’estate a scuotere le acque ci avevano già pensato gli estensori della
Cosa Seria, tra cui il consigliere regionale Giulio Cavalli, reclamando
un’unità delle sinistre su basi solidamente anti libersite. Anche a
partire da quella proposta si sviluppò un ricco dibattito a cui Gli Altri
diede molto spazio, e che segnò una demarcazione abbastanza netta tra
chi ritiene l’andare al governo essenziale per un cambio di rotta dopo
il montismo e chi, ritenendo il montismo l’unica forma di governo oggi
immaginabile, chiede di accantonare per il momento il problema della
presa del potere. Gli autoconvocati del 30 si prefiggono peròl’obiettivo
di superare questa dicotomia tra governismo e minoritarismo per provare
invece a rompere quelle barriere invisibili, come il fiscal compact,
che la tecnocrazia europea ha frapposto tra noi e i nostri bisogni e
desideri. La sfida è ardua, forse impossibile. Ma cogliere le immense
sfide che la storia e la politica ci pongono davanti, avere la capacità
di volare alto e discutere del futuro della propria organizzazione e del
proprio Paese e continente in maniera orizzontale e democratica, senza
aspettare decisioni prese dall’alto, è proprio quello che segna la
differenza tra un comitato elettorale e un partito, o una partita come
ama dire Nichi.
***
Sullo stesso tema leggi anche l’intervista a Fulvia Bandoli, del direttivo nazionale di Sel: “Nessun accordo, meglio correre da soli”
L’intervento di Monica Pasquino: Il 30 settembre dei non allineati a Vendola
L’articolo di Stefano Ciccone: Non chiamateci dissidenti
La Cosa seria che agita Sel e l’intervista a Giulio Cavalli, uno dei principali firmatari del documento: “Altro che Casini, il problema è il Pd“
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