Oggi a Lisbona scendono in piazza contro il governo di destra/Bce :
sono previste un milione di persone.
Domani 30 settembre a Parigi
scenderanno in piazza decine di migliaia di persone per chiedere il
referendum sul fiscal compact e il ritiro di alcuni provvedimenti
antipopolari del governo socialista/Bce.
Lo scorso fine settimana, e per
tutta questa settimana , è toccata alla Spagna e alla Grecia tenere
testa ai loro governi filo Bce e dire forte che l’Europa dei popoli non
ci stà.
Rivolgo un appello alle forze che il 15 ottobre 2011 promossero
la manifestazione degli indignados a Roma. Quella manifestazione fu
oggetto di un assurdo scontro interno “a chi l’aveva più lungo”, con
incredibili diatribe sul chi- audace e rivoluzionario- voleva andare
davanti ai palazzi del potere e chi –pecora e moderato – voleva
“passeggiare” fino a piazza San Giovanni.
Oggi sappiamo che l’esito di
quella manifestazione – la più grande del mondo come partecipazione – è
stata la totale impunità consentita al governo Monti di fare carne di
porco dei diritti e della Costituzione e che davanti ai palazzi del
potere non c’è più nessuno. Non si costruisce un movimento antiliberista
senza pratiche inclusive, democraticamente discusse, senza il metodo
del consenso e il rispetto tra le varie anime. Così come non si
costruisce un movimento antiliberista facendo solo dei bei seminari che
ci spiegano che dovremo mobilitarci ma non mettere in agenda nessuna
mobilitazione. Il tempo delle parole è scaduto.
Alla solitudine di chi è
massacrato dalle politiche del governo Monti/Bce bisogna dare una
risposta politica e di movimento : non è tollerabile rimanere, unico
Paese in Europa, con le mani in mano. Per questo mi rivolgo agli
organizzatori del 15 ottobre 2011 affinché abbiano il coraggio di
riunirsi, di trovare insieme le capacità di mobilitare il Paese. Forse
queste organizzazioni si sono dimenticate la piattaforma con la quale
invitarono migliaia di persone a venire a Roma. In essa si leggeva:
Commissione Europea, governi europei, Banca Centrale Europea,
Fondo Monetario Internazionale, multinazionali e poteri forti ci
presentano come dogmi intoccabili il pagamento del debito, il pareggio
del bilancio pubblico, gli interessi dei mercati finanziari, le
privatizzazioni, i tagli alla spesa, la precarizzazione del lavoro e
della vita.
Sono ricette inique e sbagliate, utili a difendere rendite e
privilegi, e renderci tutti schiavi. Distruggono il lavoro e i suoi
diritti, i sindacati, il contratto nazionale, le pensioni, l’istruzione,
la cultura, i beni comuni, il territorio, la società e le comunità,
tutti i diritti garantiti dalla nostra Costituzione. Opprimono il
presente di una popolazione sempre più impoverita, negano il futuro ai
giovani.
Non è vero che siano scelte obbligate. Noi le rifiutiamo. Qualunque schieramento politico le voglia imporre,
avrà come unico effetto un’ulteriore devastazione sociale, ambientale,
democratica. Ci sono altre strade, e quelle vogliamo percorrere,
riprendendoci pienamente il nostro potere di cittadinanza che è
fondamento di qualunque democrazia reale.
Non vogliamo fare un passo di più verso il baratro in cui
l’Europa e l’Italia si stanno dirigendo e che la manovra del Governo,
così come le politiche economiche europee, continuano ad avvicinare.
Vogliamo una vera alternativa di sistema. Si deve uscire dalla crisi con
il cambiamento e l’innovazione. Le risorse ci sono.
Si deve investire sulla riconversione ecologica, la giustizia
sociale, l’altra economia, sui saperi, la cultura, il territorio, la
partecipazione. Si deve redistribuire radicalmente la ricchezza.
Vogliamo ripartire dal risultato dei referendum del 12 e 13 giugno, per
restituire alle comunità i beni comuni ed il loro diritto alla
partecipazione. Si devono recuperare risorse dal taglio delle spese
militari. Si deve smettere di fare le guerre e bisogna accogliere i
migranti.
Le alternative vanno conquistate, insieme. In Europa, in Italia,
nel Mediterraneo, nel mondo. In tanti e tante, diversi e diverse, uniti.
E’ il solo modo per vincere.
Poche parole che alcuni, in omaggio all’assurdo posizionamento
interno al movimento, definirono generiche ma che , rileggendole ad un
anno di distanza, sono di tutt’altro segno.
Sottolineo volutamente inoltre che questo impegno solenne che
prendemmo allora era contro qualunque schieramento avesse voluto imporre
quelle politiche. E’ un impegno che non abbiamo esaudito. Le pur
generose iniziative del 27 ottobre prossimo a Roma del movimento No
Debito, e la tre giorni del 10+10 di Firenze nel decimo anniversario del
primo social forum europeo – iniziative entrambi alle quali parteciperò
- non soddisfano da sole questa fondamentale esigenza di far si che
anche dall’Italia arrivi una risposta ai diktat padronali ed europei.
Superare la sindrome del post 15 ottobre è diventata una esigenza non
più rinviabile. Ognuno di noi non si nasconda dietro le sue paure.
Lavoriamo per ricostruire quello spirito perché solo dal basso sarà
possibile far nascere una alternativa
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