mercoledì 19 settembre 2012

La retromarcia di Vendola sulle primarie: un regalo a Bersani, l’harakiri è solo rimandato di Andrea Colombo, www.glialtrionline.it



Probabilmente, anzi quasi certamente, Nichi Vendola ritirerà la candidatura alle primarie. Tenendo conto che quella prova era da almeno tre anni il cuore della strategia impostata da Sel, non si tratta di una scelta irrilevante. Tra le spiegazioni offerte da Vendola almeno una, i dubbi derivanti dalle inchieste sul suo conto in corso in Puglia, appare poco credibile. Le inchieste non sono cominciate ieri: impossibile credere che il ripensamento sia dovuto a un elemento che era già noto da mesi.
Più corposo il secondo motivo messo in campo da Vendola. Per come si sono configurate, le primarie saranno non di una coalizione ma di un partito. Parteciparvi significherebbe pertanto inviare un preciso segnale di internità al Pd. Giusto, ma non è che lo sgradevole dato di fatto sia casuale. Succede perché il Pd ha deciso di puntare solo su stesso, tutt’al più permettendo generosamente a qualche vassallo di affiancarlo in posizione subalterna e subordinata. Questa è l’unica interpretazione possibile del decimo punto della carta d’intenti di Bersani, il solo rilevante in mezzo al consueto mare di parole in libertà.
Rifiutarsi di partecipare alle primarie di un partito unico o imperialmente egemone (a seconda di quale legge regolerà le prossime elezioni) è un passo nella giusta direzione. Evitare di entrare nella lista unica oppure di svolgere il ruolo vassallo imposto dal vertice piddino però sarebbe anche meglio. Altrimenti non è che glissare sulle primarie serva a molto…
A giustificare la retromarcia di Vendola ci sono però altri due motivi, meno confessabili. Il primo è la valutazione del rischio di arrivare non secondo ma terzo. Politicamente sarebbe esiziale. Sacrosanto dunque evitare una roulette russa nella migliore delle ipotesi e un suicidio politico nella peggiore. Però un partito comme il faut avrebbe poi l’obbligo di interrogarsi sul come e perché una candidatura che due anni fa era fortissima sia così rapidamente precipitata. Discussione da farsi pubblicamente, non in una segreteria e a porte chiuse.
È infine plausibile che Vendola pensi al ritiro per non danneggiare il suo principale alleato, il medesimo Bersani. In effetti la sfida doveva essere tra un centro orientato a sinistra incarnato dal segretario piddino e la sinistra del leader di Sel. Si è invece configurata come un confronto fra la destra rottamatrice e montiana di Renzi e il centrosinistra di Bersani che fa da sponda a Sel.
Effettivamente, in un situazione così rovesciata rispetto alle previsioni, una candidatura Vendola destinata a indebolire Bersani e dunque a rafforzare Renzi è ben poco comprensibile. Solo che una considerazione del genere è di nuovo tutta interna a quella logica del partito unico che Sel ha inspiegabilmente deciso di accettare. Ed è una scelta che ogni giorno di più si rivela essere un capolavoro di autolesionismo politico.
Non si può nascondere, infine, un’altra possibilità, quella che Nichi Vendola stia solo creando ad arte un po’ di suspense per lanciare la sua candidatura. Come mossa rientrerebbe perfettamente in una strategia mediatica della quale nessuno oggi può fare a meno. Ma i problemi politici posti da un’alleanza che in nessun caso potrà definirsi “coalizione” resterebbero tutti.

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua