venerdì 7 settembre 2012

Favia il più votato del M5s contro Grillo "Nel movimento non c'è democrazia"

In un fuori onda su La7 il consigliere regionale grillino attacca Casaleggio: «Prende per il c... tutti. Comanda lui. Grillo non sarebbe in grado». Poi la precisazione.


Un terremoto sta investendo il Movimento 5 Stelle dopo le parole di Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia Romagna di 5 Stelle, che ha denunciato la totale mancanza di democrazia nel movimento in un fuorionda registrato in occasione di un'intervista esclusiva realizzata dall'inviato di Piazzapulita, il programma de La7 condotto da Corrado Formigli andato in onda ieri sera.


«Casaleggio - ha detto Favia - prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste. Grillo è un istintivo, lo conosco bene, non sarebbe mai stato in grado di pianificare una cosa del genere. I politici, Bersani, non lo capiscono. Non hanno capito che c'è una mente freddissima molto acculturata molto intelligente dietro, che di organizzazione, di dinamiche umane, di politica se ne intende». Poi ha continuato: «È Casaleggio la vera mente del movimento? Il problema è su. Quindi o si levano dai c..... oppure il movimento gli esploderà in mano. Ma loro stavano già andando in crisi con questo aumento di voti. Come si sono salvati? Con divieto di andare in tv. Io con Santoro me la sono cavata, ma applicando un veto. Ho preso anche l'applauso ma mi è anche costato dire quello che non pensavo». E ancora lo sfogo del consigliere grillino: «Lui (Beppe Grillo, ndr) espellendo Tavolazzi ha soffocato nella culla un dibattito che stava nascendo in rete in contrapposizione alla gestione Casaleggio». Favia spiega poi come sulle linee guida e anche sulle iniziative pubbliche che prende il movimento per fare un referendum o non farlo «ha sempre deciso Casaleggio da solo, ha sempre fatto così». «Se lui (Gianroberto Casaleggio, ndr) non facesse il padre padrone io il simbolo glielo lascerei anche: adesso in rete non si può più parlare, neanche organizzare incontri tipo quello di Rimini che non usavano il logo del movimento», ha aggiunto.

Quanto al voto on line Favia non ci crede: «Tra gli eletti ci sono degli infiltrati di Casaleggio, quindi noi dobbiamo stare molto attenti quando parliamo. Casaleggio è spietato, è vendicativo. Adesso vediamo chi manda in Parlamento, perché io non ci credo alle votazioni on line, lui manda chi vuole».

Dopo la messa in onda, il consigliere regionale, che è uno degli esponenti più noti del M5S, spiega le sue ragioni su Facebook. «Il Movimento - scrive - è un grande sogno, non è Favia, non è Casaleggio. L'ultima occasione per questo paese, per riscattarsi. Mesi fa incontrai un giornalista, mi intervistò in merito alla democrazia interna nel livello nazionale. Tavolazzi (esponente espulso dal movimento, ndr) era stato un grande compagno di battaglie, come me, sin dagli inizi. Lo vidi piangere, dopo l'inibizione al logo. Ero arrabbiatissimo. In pubblico non ho mai voluto manifestare il mio disagio per non danneggiare la nostra battaglia». 

di , Il Fatto Quotidiano
 
Auspicavo, qualche giorno or sono, che Grillo ascoltasse di più il movimento. Favia ha spiegato, in poche e incisive parole, perché questo non accade. Il sistema piramidale a cui è improntato il movimento 5 stelle pare permettere ben pochi dibattiti interni e sopratutto una autonomia da infante alle persone elette.
Ora, nessuno si deve rallegrare di questa palese verità. Perché tutto ciò che di buono è stato fatto rischia di essere vanificato. E non mi riferisco tanto alla attività politica istituzionale ( tutta ancora da verificare ) ma alla costante e sommersa attività di sensibilizzazione tesa a pre-pensionare quella generazione di politici che, a differenza dei padri, ha disfatto l’Italia.
Le accuse che stanno piovendo sulla testa di Favia servono, però, a individuare la vera fragilità del movimento. Che risiede in una utopica visione della politica tutta tesa alla purezza e riluttante nei confronti di qualsiasi forma di collaborazione con il male ovvero i partiti.
Il fondamentalismo di tale posizione porta con se la spiegazione di come, una organizzazione politica, non può che declinarsi come un unicum il cui decisore finale non è il cittadino ma, bensì, il proprietario della stessa. Che sia Grillo o Casaleggio poco importa, quello che ci deve importare è il modello che nasce così perché ha, nel carisma del capo fondatore, limiti e punti di forza.
Tutte le organizzazioni che nascono su leadership carismatiche si trovano, ad un certo punto della loro esistenza, a dovere fare i conti con una scelta tragica; uccidere (metaforicamente ) il padre per consolidarsi e andare avanti o rinunciare, accettandone quale atto di fede, la dittatura.
Al movimento, ai leader locali del movimento la difficile scelta. L’alternativa sarebbe un passo indietro del leader carismatico, in tempi e modi concordati, che lo trasformerebbe in gigante in un mondo di nani.
Chi vivrà vedrà.

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