Vengono allo scoperto. Quel che avevamo scritto al tempo della nomina di Monti premier
si sta realizzando: hanno rotto definitivamente il meccanismo della
sovranità e quindi anche della rappresentanza. Sia politica che
sindacale.
E' un coro quasi sguaiato: "Monti forever!". Confindustria, i mercati internazionali, le istituzioni europee, Obama e Romeny uniti nella lotta...
Hanno preso in mano le redini di diversi stati europei, cavalcando la "lettera della Bce" dell'agosto scorso e imponendo a Italia, Grecia, Portogallo, Spagna dei governi "compatibili" con le direttive della troika (Bce, Fmi, Ue). In Italia hanno fatto qualcosa di più, buttando via una congrega di quacquaraqua impresentabili e sostituendoli con un gruppo di seriosi banchieri, professori ben introdotti in alcuni consigli di amministrazione, generali e poliziotti.
Non certo un esempio di democrazia. Ma del resto ormai anche Giavazzi lo dice quasi apertamente: "la democrazia è un costo". Quindi va tagliato. Potreste obiettare che non aveva scrito proprio così, ma «la scelta razionale dopo le elezioni sarebbe di chiedere a Monti di continuare: se il programma è predeterminato per libera scelta, perché non affidarne l’esecuzione alla persona più adatta che abbiamo a disposizione?»
Ammetterete che la sintesi proposta è fedele. Potete voi obiettare a Giavazzi che non si capisce chi abbia fatto "la libera scelta" di "predeterminare il programma" per il prossimo governo? No, naturalmente. Quindi ve lo ricordiamo noi: l'hanno determinato Bce, Fmi e Ue. Tutto organismi che evitano la verifica democratica come la peste, sono "tecnici" o "rappresentativi per delega" di poteri sovrani che stanno cedendo la sovranità popolare senza chiedere parere ai rispettivi popoli. Secondo i canoni della democrazia liberale, da Tocqueville in poi, questo procedere è antidemocratico. Quasi assolutista.
Soltanto se si ha intesta il nuovo equiliberio di potere in Europa si può soppesare senza morire dalle risate la proposta di Nicola Saldutti, un mese fa sempre - e non per caso - sul Corriere della sera ("far approvare le nostre finanziarie direttamente al parlamento tedesco"). Cero, Saldutti è un "capoderattore vicario" di formazione economica, poco addentro ai princìpi del pensiero democratico... Ma appunto questo è il problema: la crisi economica spazza via i meccanismi e le istituzioni democratiche. Per un solo motivo, che non ha nulla a che vedere con "la funzionalità", "le clientele", i "tempi biblici", ecc. Una democrazia è comunque contemperanza di interessi sociali diversi. E invece "l'economia", o meglio "i mercati", ne supportano soltanto uno.
Quindi andiamo ad elezioni inutili, in cui "il programma di governo" è già scritto e "determinato". Si tratta solo di scegliere le facce ele competenze di chi dovrà realizzarlo. Hanno avuto per un attimo la sensazione che si potesse delegare di nuovo "ai politici" (quelli disponibili, come il Pd e l'Udc;) l'incombenza. Poi ci hanno ripensato: meglio che le leve del comando ce le teniamo noi. Confermando Monti.
Chiaro che non sarà un normale "candidato". E' già il prossimo presidente del consiglio.
Si vota per dargli legittimità, che è il suo handicap più evidente.
La curiosità, al momento solo una curiosità, è sapere se in questa tornata emergerà oppure no qualche soggetto fuori dal coro. Non diciamo indipendente dal punto di vista di classe, semplicemente fuori dal coro. Toglietevi dalla testa i "grillini". Come era facile prevedere contro questo equivoco mediatico è partita l'offensiva finale, che può ovviamente contare su molti "collaborazionisti" interni a un movimento che è stato più virtuale che reale e ora se ne vede la fragilità umana oltre che "progettuale".
Possiamo però già dire il carattere saliente di questo (eventuale) soggetto: sarà composto principalmente da pezzi di personale politico "rifiutato" dal potente invasore.
E' la crisi, bellezza. Momento di rottura e nuova nascita, tracollo e opportunità stanno sulla scena nello stesso momento....
A voi alcuni articoli "illuminanti".
E' un coro quasi sguaiato: "Monti forever!". Confindustria, i mercati internazionali, le istituzioni europee, Obama e Romeny uniti nella lotta...
Hanno preso in mano le redini di diversi stati europei, cavalcando la "lettera della Bce" dell'agosto scorso e imponendo a Italia, Grecia, Portogallo, Spagna dei governi "compatibili" con le direttive della troika (Bce, Fmi, Ue). In Italia hanno fatto qualcosa di più, buttando via una congrega di quacquaraqua impresentabili e sostituendoli con un gruppo di seriosi banchieri, professori ben introdotti in alcuni consigli di amministrazione, generali e poliziotti.
Non certo un esempio di democrazia. Ma del resto ormai anche Giavazzi lo dice quasi apertamente: "la democrazia è un costo". Quindi va tagliato. Potreste obiettare che non aveva scrito proprio così, ma «la scelta razionale dopo le elezioni sarebbe di chiedere a Monti di continuare: se il programma è predeterminato per libera scelta, perché non affidarne l’esecuzione alla persona più adatta che abbiamo a disposizione?»
Ammetterete che la sintesi proposta è fedele. Potete voi obiettare a Giavazzi che non si capisce chi abbia fatto "la libera scelta" di "predeterminare il programma" per il prossimo governo? No, naturalmente. Quindi ve lo ricordiamo noi: l'hanno determinato Bce, Fmi e Ue. Tutto organismi che evitano la verifica democratica come la peste, sono "tecnici" o "rappresentativi per delega" di poteri sovrani che stanno cedendo la sovranità popolare senza chiedere parere ai rispettivi popoli. Secondo i canoni della democrazia liberale, da Tocqueville in poi, questo procedere è antidemocratico. Quasi assolutista.
Soltanto se si ha intesta il nuovo equiliberio di potere in Europa si può soppesare senza morire dalle risate la proposta di Nicola Saldutti, un mese fa sempre - e non per caso - sul Corriere della sera ("far approvare le nostre finanziarie direttamente al parlamento tedesco"). Cero, Saldutti è un "capoderattore vicario" di formazione economica, poco addentro ai princìpi del pensiero democratico... Ma appunto questo è il problema: la crisi economica spazza via i meccanismi e le istituzioni democratiche. Per un solo motivo, che non ha nulla a che vedere con "la funzionalità", "le clientele", i "tempi biblici", ecc. Una democrazia è comunque contemperanza di interessi sociali diversi. E invece "l'economia", o meglio "i mercati", ne supportano soltanto uno.
Quindi andiamo ad elezioni inutili, in cui "il programma di governo" è già scritto e "determinato". Si tratta solo di scegliere le facce ele competenze di chi dovrà realizzarlo. Hanno avuto per un attimo la sensazione che si potesse delegare di nuovo "ai politici" (quelli disponibili, come il Pd e l'Udc;) l'incombenza. Poi ci hanno ripensato: meglio che le leve del comando ce le teniamo noi. Confermando Monti.
Chiaro che non sarà un normale "candidato". E' già il prossimo presidente del consiglio.
Si vota per dargli legittimità, che è il suo handicap più evidente.
La curiosità, al momento solo una curiosità, è sapere se in questa tornata emergerà oppure no qualche soggetto fuori dal coro. Non diciamo indipendente dal punto di vista di classe, semplicemente fuori dal coro. Toglietevi dalla testa i "grillini". Come era facile prevedere contro questo equivoco mediatico è partita l'offensiva finale, che può ovviamente contare su molti "collaborazionisti" interni a un movimento che è stato più virtuale che reale e ora se ne vede la fragilità umana oltre che "progettuale".
Possiamo però già dire il carattere saliente di questo (eventuale) soggetto: sarà composto principalmente da pezzi di personale politico "rifiutato" dal potente invasore.
E' la crisi, bellezza. Momento di rottura e nuova nascita, tracollo e opportunità stanno sulla scena nello stesso momento....
A voi alcuni articoli "illuminanti".
Monti-Bis, gli imprenditori lo vogliono, i politici lo temono. E il premier: non mi pongo il problema
Antonio Larizza, Il Sole 24 Ore
«Ci sono ancora alcuni mesi impegnativi per questo Governo. Sinceramente non mi pongo e credo che nessuno altro seriamente si ponga questa eventualità». Così, intervistato da Tg1, il presidente del Consiglio Mario Monti ha risposto a una domanda sulla richiesta che viene da Cernobbio per un Monti-bis. «Vedrà che domani, quando ci sarò, queste leggerezze non potranno essere pronunciate», ha ribadito il premier.
Verso il secondo tempo del governo Monti Nel giorni in cui un sondaggio, condotto interpellando il gotha finanziario e imprenditoriale riunito a Cernobbio, lancia la volata per il Monti-bis, il professore della Bocconi risponde da politico navigato: senza confermare né smentire. Ma non sembra voler del tutto ignorare l'evidenza: il mondo dell'imprenditoria tifa Mario Monti. Con un coro che attraversa l'Italia: da Bari a Cernobbio, industriali, economisti e uomini del mondo politico chiedono al Professore di restare a Palazzo Chigi. Tanto che la risposta affidata alle agenzie («si tratta di un invito simpatico ma irricevibile») non riesce a fare altrettanto notizia.
Cucchiani (Intesa Sanpaolo): non ci sono alternative a Monti Ad aprire le danze, è stato questa mattina il numero uno di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani, che proprio dalla terrazza di Villa D'Este a Cernobbio, dove un anno fa Supermario è uscito allo scoperto ottenendo il placet dell'industria a prendere il posto di Silvio Berlusconi, ha detto: «Non solo lo ritengo fondamentale, ma anche estremamente probabile nel senso che soluzioni alternative potrebbero comportare gravi rischi per il Paese».
L'economista Roubini: l'Italia ha bisogno del "montismo" Dopo di lui è la volta dell'economista Nouriel Roubini, che parlando delle prossime elezioni politiche ha detto: «Non ci sarà grande alternativa al "montismo"». «Non significa che dovrà necessariamente essere Monti il premier ma l'Italia per sopravvivere dovrà portare avanti le riforme e ricorrere all'aiuto della Bce e della Germania per tornare a crescere» ha aggiunto.
Prodi: tutto dipenderà dalla legge elettorale A rincarare la dose è infine l'ex premier, Romano Prodi, anche lui ospite al workshop Ambrosetti, che cerca di fare luce sulla posizione del premier e sul difficile contesto politico del Belpaese che potrebbe comportare la conferma di Monti. «Il mandato a Monti - ha detto il Professore - non dipende mica dalla comunità finanziaria riunita a Cernobbio, ma da come vanno le elezioni. La cosa certa è che il professore non parteciperà alle elezioni. Le elezioni sono un momento di cesura e se ci sarà un vincitore sarà questo il nuovo premier; se ci sarà impasse, credo che Monti potrà servire il Paese». In Italia «abbiamo dei progetti di leggi elettorali per cui l'impasse è assai probabile. Se avessimo una legge alla francese, avremmo una decisione netta e non ci porrebbe problema». Insomma, dice il professore, molto dipenderà dalla legge elettorale.
Il tema irrompe anche nel dibattito interno al Pd Nel partito guidato da Bersani non manca chi, dando per scontata l'ipotesi di un Monti-bis, considera inutile la guerra interna per le primarie che decideranno il candidato premier del Centrosinistra. «Al massimo saranno primarie per il vicepremier», ha spiegato un deputato del Pd, «perché il presidente del Consiglio non sarà certo del Pd». Magari sarà Mario Monti di nuovo. Allora, ha sottolineato la stessa fonte, «sarebbe meglio che Bersani fosse artefice della candidatura di Monti piuttosto che essere costretto di nuovo a subirla», ha sottolineato.
L'incubo "memorandum" innervosisce i partiti Non solo il Pd. Anche le altre forze politiche sembrano tenere in alta considerazione l'eventualità di un Monti-bis. Ad aumentare le preoccupazioni e le diffidenze del mondo politico, le misure annunciate ieri dalla Bce: se l'italia dovesse chiedere gli aiuti, sottoscrivendo il "memorandum" con la Bce, si impegnerebbe a portare a termine un programma scritto in larga parte in Europa. Opzione temuta sia da Bersani che da Berlusconi. Ma situazione ideale per un nuovo Governo Monti.
Monti parlerà per 15 minuti a Cernobbio Intanto oggi Monti è a Cernobbio, dove terrà un intervento di 15 minuti, molto atteso, davanti alla "platea amica". Il presidente del Consiglio potrà scegliere di non entrare nel dibattito avviato oggi sull'ipotesi di un Monti bis. O, più probabilmente, liquiderà i risultati del sondaggio con una battuta. Che scelga la prima o la seconda strada, il suo intervento non potrà che alimentare il dibattito sulla sua ricandidatura. Ricandidatura che, ora dopo ora, sembra sempre più probabile.
Legge di stabilità blindata. Ecco il piano anti-spread del governo
La strategia per esaudire eventuali richieste Ue. Un’autorità indipendente per controllare i conti e intervenireMario Sensini, Il Corriere della Sera
ROMA—Lo «schema-Draghi» , così lo chiamano a via XX Settembre, «funziona già molto bene così» dicono i tecnici del ministero dell’Economia. Anche solo sulla carta il suo effetto deterrente si fa sentire sui mercati, che da un paio di giorni vedono gli spread tra i titoli italiani e spagnoli, rispetto a quelli tedeschi, in forte discesa. Certi strumenti servono più per essere annunciati che attuati, dicono anche a Palazzo Chigi: una richiesta di aiuti italiani, si aggiunge, «non è un’ipotesi, né c’è alcun orientamento in questo senso».
Considerata la situazione ancora precaria dei conti pubblici italiani, la prudenza è tuttavia una linea di condotta obbligatoria. E se fosse un giorno necessario attivare la richiesta di aiuto, bisognerà farsi trovare preparati. Finora si è parlato di condizioni «leggere »: gli acquisti di titoli da parte della Bce avverrebbero in una logica di difesa del sistema monetario della zona euro, e non di un particolare Paese. E poi non si sta parlando di situazioni come quelle della Grecia o del Portogallo, per cui non sarebbero immaginabili condizioni capestro.
Ma uno schema di quelle che potrebbero esser poste, non esiste. E così Mario Monti e i ministri Vittorio Grilli ed Enzo Moavero hanno deciso di giocare d’anticipo. Intanto, con la decisione di accelerare al massimo il processo per blindare definitivamente nella Costituzione il pareggio di bilancio. Il nuovo articolo 81 c’è già: ora si tratta di varare la legge di contabilità che gli dà attuazione, per fare in modo che già la legge di stabilità del 2013, che dovrà portare al pareggio strutturale di bilancio, si sviluppi entro i nuovi e rigidi vincoli costituzionali.
L’obbligo giuridico del pareggio è un impegno già preso con l’Europa, e che l’Italia ha deciso di attuare pure in anticipo. Ma Monti e i suoi ministri sanno benissimo che quella sarebbe la prima condizione, anzi la pre-condizione, perché ci venga concesso un aiuto esterno. Tanto più che gli stessi meccanismi della legge in preparazione costituirebbero ulteriori garanzie da mettere sul piatto. Si ipotizza la creazione di un’autorità indipendente in ambito parlamentare per il monitoraggio dei conti, si stabiliranno i criteri per misurare ogni scivolamento dagli obiettivi di finanza pubblica, e per distinguerne le cause, se dovute alla congiuntura, alla discrezionalità politica o a circostanze eccezionali. E soprattutto si stabilirà un limite, passato il quale ogni scostamento dovrà essere corretto.
Una sorta di freno d’emergenza. Un meccanismo automatico a presidio della stabilità di fondo dei conti italiani. E non solo, perché Monti e il Tesoro hanno avuto l’accortezza di provare a far maturare questa legge in Parlamento, in seno ai partiti. Ci lavora una task force di esponenti politici, funzionari di Camera e Senato, tecnici dell’Economia e della Ragioneria generale dello Stato, con l’obiettivo di produrre una bozza entro fine mese. Fosse condiviso, come si augura il presidente del Consiglio, quello strumento avrebbe un valore aggiunto politico molto importante.
«Gli accordi presi con l’Europa non cambiano a seconda dei governi» ricordava giusto due giorni fa a Berlino il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. La blindatura del pareggio appare indispensabile,ma potrebbe non essere sufficiente. Anche perché nessuno a Roma si sente oggi di escludere che, dovesse mai accadere, i campioni dell’ortodossia finanziaria, Germania, Olanda, Finlandia, possano pretendere condizioni un po’ meno «leggere» di quelle attese.
Dopo la lettera della Bce del settembre 2011, e il cambio di governo, molte delle riforme sollecitate sono state già avviate, ma non tutte sono state ancora attuate in concreto. È molto verosimile che, alla bisogna, ci venga chiesto di renderne conto. E anche per questo Mario Monti ritiene assolutamente prioritario, prima di mettere altra carne al fuoco, portare a compimento le riforme già approvate sulla carta. Così come Vittorio Grilli sa bene quanto sia importante il programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni per puntellare la discesa del debito, che probabilmente ci chiederebbero di accelerare. Che tutto questo serva per ottenere eventuali aiuti dalla Bce, in fondo, è poco importante. «Certe cose—dicono a Palazzo Chigi—dovremmo farle comunque».
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