Una gran parte della gioventù istruita in tutta la Turchia sta
attualmente conducendo un vasto movimento contro le pratiche repressive e
reazionarie del governo. Questo è un momento molto importante in quello
che ho definito “il risveglio della Storia“. In molti paesi del mondo, i
giovani della scuola media, della scuola superiore e dell’università,
sostenuti da una parte degli intellettuali e dalla classe media, stanno
dando nuova vita alla famosa massima di Mao: “Ribellarsi è giusto.” Essi
stanno occupando piazze e strade, luoghi simbolici, stanno
manifestando, chiedendo la libertà, la “vera democrazia”, e una nuova
vita. Essi chiedono che il governo cambi la sua politica conservatrice o
si dimetta. Stanno resistendo agli attacchi violenti della polizia di
Stato. Queste sono le caratteristiche di quella che ho definito una
rivolta immediata: una delle potenziali forze di azione politica
rivoluzionaria popolare – in questo caso, i giovani istruiti e una parte
della piccola borghesia salariata – si solleva, a proprio nome, contro
lo stato reazionario. Lo dico con entusiasmo: è giusto farlo! Ma così
facendo si apre il problema della durata e della portata della sua
rivolta. E’ giusto agire, ma qual è la vera ragione per farlo, in
termini di pensiero, e per il futuro? L’intero problema è se questa
coraggiosa insurrezione è in grado di aprire la strada ad una vera e
propria rivolta storica.
Una rivolta è storica – come è avvenuto solo in Tunisia e in
Egitto, dove non è ancora stato determinato l’esito della lotta – quando
riunisce, sotto slogan condivisi, non solo uno, ma diversi potenziali
attori di una nuova politica rivoluzionaria: per esempio, oltre ai
giovani istruiti e alla classe media, ampi settori della gioventù della
classe operaia, i lavoratori, le donne del popolo, i dipendenti di basso
livello, e così via.
Questo spostamento oltre la rivolta immediata verso un movimento
di protesta di massa crea la possibilità di un nuovo tipo di politica
organizzata, una politica che è durevole, che unisce la forza del popolo
con la condivisione di idee politiche, e che diventa così capace di
cambiare la situazione generale del paese in questione. So che un certo
numero dei nostri amici turchi sono perfettamente consapevoli di questo
problema.
Sanno tre cose in particolare: che non ci deve essere alcuna
confusione sulle contraddizioni, che il movimento non deve percorrere la
via di un “desiderio per l’Occidente,” e che è soprattutto necessario
unirsi con le masse popolari nell’ inventare, con persone diverse da se
stessi – con i lavoratori, precari, donne del popolo, contadini,
disoccupati, stranieri, e così via – forme di organizzazione politica
che sono attualmente sconosciute.
Ad esempio, la contraddizione principale in Turchia è oggi quella
tra la religione musulmana conservatrice e la libertà di pensiero?
Sappiamo che è pericoloso pensare così, anche e soprattutto se questa è
una idea molto diffusa nei paesi dell’Europa capitalista. Naturalmente,
l’attuale governo turco sostiene apertamente l’obbedienza alla religione
dominante. E’ la religione musulmana, ma in ultima analisi, questo è
solo un piccolo problema: anche oggi, la Germania è governata dalla
democrazia cristiana, il presidente degli Stati Uniti fa il giuramento
sulla Bibbia, il Presidente Putin in Russia costantemente si arruffiana
il clero ortodosso e il governo israeliano sfrutta costantemente la
religione ebraica. I reazionari hanno sempre e dovunque utilizzato la
religione per radunare una parte delle masse popolari intorno al loro
governo, non c’è niente di particolarmente “musulmano” in questo.
E non deve in alcun modo portare a considerare l’opposizione tra
la religione e la libertà di pensiero come la contraddizione principale
della situazione attuale in Turchia. Quello che dovrebbe essere chiaro è
che lo sfruttamento della religione serve proprio a nascondere le vere
questioni politiche, a mettere in ombra il conflitto di base tra
l’emancipazione delle masse popolari e lo sviluppo del capitalismo
oligarchico turco.
L’esperienza dimostra che la religione, come credo personale,
privato, non è affatto incompatibile con l’impegno per una politica di
emancipazione. È sicuramente in questa direzione tollerante, che
richiede solo che la religione e il potere dello stato non siano confusi
e che la gente distingua per sé tra fede religiosa e convinzione
politica, che la rivolta in corso deve muoversi al fine di acquisire la
statura di una rivolta storica e inventare un nuovo percorso politico.
Allo stesso modo, i nostri amici sono perfettamente consapevoli
del fatto che ciò che è attualmente in fase di creazione in Turchia non
può essere il desiderio di ciò che già esiste nei paesi ricchi e potenti
come gli Stati Uniti, Germania e Francia. La parola “democrazia” in
questo senso è ambigua. La gente vuole inventare una nuova
organizzazione della società, diretta verso un’autentica eguaglianza?
Vogliono rovesciare l’oligarchia capitalista di cui il governo
“religioso” è il servo, ma di cui le fazioni anti-religiose in Turchia
come in Francia, sono state, e possono diventare di nuovo, i servi non
meno efficienti? O vogliono solo vivere alla maniera in cui la classe
media vive nei principali paesi occidentali? L’azione è guidata
dall’Idea di emancipazione popolare e uguaglianza? O dal desiderio di
creare una classe media solidamente piantata che sarà il cardine di una
“democrazia” western-style, cioè, completamente sotto l’autorità del
Capitale? Vogliono una democrazia nel suo autentico significato
politico, vale a dire, un vero e proprio potere del popolo che imponga
il proprio dominio su padroni e ricchi, o “democrazia” nel suo attuale
significato occidentale: il consenso attorno al capitalismo più
spietato, a condizione che una classe media possa trarre beneficio da
esso e vivere e parlare come vuole, dato che il meccanismo essenziale
del business, imperialismo, e la distruzione del mondo non sarà
alterato? Questa scelta determinerà se la rivolta in corso è solo una
modernizzazione del capitalismo turco e la sua integrazione nel mercato
mondiale, o se sia davvero orientata verso una politica di emancipazione
creativa, dando nuovo impulso alla storia universale del comunismo. Ed
il criterio ultimo di tutto questo è in realtà abbastanza semplice: i
giovani istruiti devono fare i passi che li porteranno più vicino agli
altri potenziali attori di una rivolta storica. Essi devono diffondere
l’entusiasmo del loro movimento oltre la propria esistenza sociale. Essi
devono creare i modi di vivere con le larghe masse popolari, di
condividere i pensieri e le innovazioni pratiche della nuova politica
con loro. Essi devono rinunciare alla tentazione di adottare, a proprio
vantaggio, la concezione “occidentale” della democrazia, che significa:
il semplice desiderio egoistico di una classe media di esistere in
Turchia come cliente elettorale e falsamente democratico di un potere
oligarchico integrato nel mercato mondiale dei capitali e delle materie
prime. Questo si chiama: legame con le masse. Senza di esso,
l’ammirevole rivolta in corso finirà in una forma più sottile e più
pericolosa di sottomissione: il tipo che ci è familiare nei nostri
vecchi paesi capitalisti. Noi intellettuali e militanti in Francia e in
altri paesi ricchi dell’Occidente imperialista imploriamo i nostri amici
turchi di evitare di creare una situazione come la nostra nel loro
paese. Per voi, cari nostri amici turchi, diciamo: il più grande favore
che potete fare per noi è quello di dimostrare che la vostra rivolta vi
sta portando in un luogo diverso dal nostro, che sta creando una
situazione in cui la corruzione intellettuale e materiale in cui i
nostri vecchi paesi malati stanno languendo oggi sarà impossibile.
Fortunatamente, io so che nella Turchia contemporanea, tra tutti i
nostri amici turchi, i mezzi esistono per evitare l’erroneo desiderio
di essere come noi. Questo grande paese, con la sua lunga e tormentata
storia, può e deve sorprenderci. È il luogo ideale per una grande
innovazione storica e politica che si verifichi. Viva la rivolta dei
giovani turchi e dei loro alleati! Lunga vita alla creazione di una
nuova fonte di politica futura!
Traduzione di Maurizio Acerbo
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