di Michele De Palma -
JP Morgan, l’agenzia di rating tra le maggiori responsabili del più
grande disastro finanziario dopo la crisi del 1929, sostiene che la
nostra Costituzione deve essere cancellata perché garantisce il diritto
al e del lavoro, perché garantisce il diritto al dissenso e addirittura
alla protesta.
Il documento elaborato dagli economisti della JP Morgan, inoltre
afferma, che la nostra Costituzione è un impedimento alla risoluzione
della crisi economica in Europa. Non è la prima volta che nella storia
teorie di questo tipo non siano state espresse e praticate con risultati
drammatici per l’umanità, basti pensare agli effetti dell’applicazione
dell religione liberista praticata dai Chicago Boys. Ma purtroppo la
storia sbiadisce nella memoria e i vecchi inganni tornano con facce
nuove. È impressionante la rassegnazione con cui in Europa si sta
assistendo a quello che è accaduto in Grecia e che sta accadendo in
Italia.
Venerdi scorso la Fiom Cgil ha affrontato per l’ennesima volta le
scelte unilaterali della direzione aziendale della Fiat che a Pomigliano
ha deciso, con la complicità dei sindacati firmatari, di obbligare a
lavorare oltre l’ordinario orario di lavoro i 2000 metalmeccanici che
son dentro lo stabilimento e lasciare ancora in cassa integrazione a 0
ore tutti gli altri.
Bisogna sapere che sono piu di tre anni che la metà dei lavoratori è
fuori dallo stabilimento e l’azienda coi sindacati Fim, Uilm, Uglm e
Fismic impedisce la turnazione che invece è prevista dalla legge. È
inutile dire che tra i circa duemila lavoratori che son chiamati al
lavoro neanche uno è iscritto alla Fiom Cgil. I metalmeccanici che hanno
preso parte al presidio dalle 22.00 del venerdi, fino alle 6.00 del
mattino del sabato hanno provato a convincere e non a costringere i
lavoratori che arrivavano ai diversi ingressi presidiati da centinaia di
forze dello stato che invitavano i lavoratori ad entrare nello
stabilimento.
È paradossale ma ormai si stanno ripetendo in più situazioni che chi,
come alla Mac di Brescia, difende lo stabilimento e la produzione dalla
delocalizzazione deve confrontarsi con l’ordine impartito agli agenti
di polizia di garantire la delocalizzazione dei macchinari.
Chi sta difendendo la capacità produttiva e l’intera filiera
dell’automotive in Italia sono i metalmeccanici, anche contro le scelte
di alcune organizzazioni sindacali. Basti pensare che su un milione e
duecentomila lavoratori nell’automotive rischiano il posto di lavoro in
220mila. Ogni giorno giungono alle sedi sindacali comunicazioni di
apertura di procedure di cassa integrazione o di licenziamento. Tutta la
filiera produttiva dell’auto si sta consumando giorno dopo giorno.
Era il 2010 e proprio a Pomigliano la Fiat propose uno scambio che la
Fiom Cgil non accettò. Lo scambio con le organizzazioni sindacali
prevedeva che la direzione aziendale avrebbe riconosciuto formalmente i
diritti sindacali, ma non nella sostanza, perché la prestazione
lavorativa non poteva esser più negoziata. Mentre lo scambio coi
lavoratori consisteva nel cedere tutti i diritti in cambio del
mantenimento del posto di lavoro.
A tre anni e mezzo di distanza possiamo dire che quello non era uno
scambio come in tanti dicevano ma un ricatto che produce milioni di ore
di cassa integrazione. Negli ultimi 10 anni 1,7 miliardi di euro sono
stati spesi per consentire alla Fiat di fare quel che vuole.
In tanti si entusiasmano per le ribellioni in giro per il mondo,
dalla Turchia al Brasile, ma in Italia c’è l’effetto nimby: non nel
cortile di casa. Mentre si discute di modificare la Costituzione, di
rendere ancora più precario il mondo del lavoro, di tagliare ospedali e
scuole sulla rete, in tv e sui giornali si tifa, come in una partita di
calcio, per le “partite in trasferta” mentre stasera davanti a uno
stabilimento ancora una volta si confronteranno lavoro e democrazia
contro disoccupazione e autoritarismo.
La crisi e l’uso della crisi sta dimostrando che il lavoro spesso è
ricatto e non democrazia. Notte in bianco a Pomigliano, non per impedire
ai lavoratori di entrare, ma perchè tutti possano rientrare al lavoro,
magari con la Costituzioe nella tasca della tuta.
huffingtonpost.it
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