Il
governo delle"larghe intese", voluto da Napolitano, che si è
beffardamente autonominato "di servizio" (ai potenti?), "del fare"
(pochi e pessimi provvedimenti), non solo sta indirizzando il paese
verso l'autoritarismo, la crescita della detenzione sociale con la
repressione dei conflitti, sta attaccando la Costituzione, ma sta
dimostrando, emblematicamente, che la subalternità (accettata e voluta)
ai trattati europei porta ad una situazione sociale drammatica. Come
abbiamo sempre sostenuto analizzando il "fiscal compact" e
l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione. Abbiamo un
compito aspro, gravoso, per quel tanto o poco che possiamo: organizzare
rabbia, frustrazione, rancore, "guerre tra poveri" in rivolte
anticapitaliste, progetto, soggettività organizzata.
Gli ultimi governi
hanno imperversato tagliando sulla carne viva delle sfruttate e degli
sfruttati. Sul piano della spesa, non tagliano, ovviamente, spese
militari, opere faraoniche inutili e dannose, ecc... Non aggrediscono
neppure per sbaglio evasione fiscale, elusione, rapporto tra economia
legale, illegale, finanza. Hanno, invece, distrutto il welfare,
accresciuto la diseguaglianza tra i redditi, abbattuto il diritto allo
studio, impoverito i pensionati, tartassato i giovani di precarietà. Lo
stato sociale, questo è il punto, è diventato, dentro la crisi della
globalizzazione liberista, dentro questa feroce guerra di movimento per
l'accumulazione del capitale, per la competitività, un costo da
tagliare. I beni comuni vanno mercificati, i servizi sociali
privatizzati (per i profitti di multinazionali europee, innanzitutto
tedesche, ovviamente). Il rigore finanziario, nella torsione recessiva, è
affossamento della civiltà materiale, culturale, della coesione
sociale. Il "rapporto sullo stato sociale", curato dal prof. Pizzuti
(presentato appena 48 ore fa) descrive la grammatica dolente di un paese
a cui viene nascosta, dal sistema istituzionale e mediatico, la globale
situazione della società. Verrebbe da chiedersi (ma è un tema che
approfondiremo seriamente) cosa facciano i sindacati confederali: non
hanno forti responsabilità nella frammentazione e nella delusa
rassegnazione diffusa? In Italia il novanta per cento della popolazione
(non solo, quindi, i salariati, i precari i disoccupati) non ha affatto
"scialato, vissuto al di sopra delle proprie possibilità"- E' un'infamia
tentare di colpevolizzare le persone di fronte ad un sistema liberista
che domina senza nemmeno più governare.
Si è consolidato un vero e
proprio modello, imposto dal liberismo: bassi salari, altissima
disoccupazione (con divari territoriali che superano i liveli di guardia
democratici), lavoratori poveri anche quando hanno un contratto,
pensioni indignitose, mentre la precarietà è diventata una vera e
propria mutazione antropologica, privazione di senso e futuro per ormai
quasi due generazioni. Milioni di persone non si curano più; diritto
allo studio e all'abitare sono diritti denegati.
E' necessario partire
da qui,demistificare il beota ottimismo sulla "ripresa vicina" (che è
solo un alibi truffaldino per coprire illeciti arricchimenti che,anche
nella crisi,il dieci per cento della popolazione lucra). E intanto
l'opposizione politica sostanzialmente non esiste. In Parlamento è
fievole o compromessa con il centrosinistra (subalterno alle politiche
del capitale finanziario e della Confindustria). All'esterno del
Parlamento penso si debba lavorare per l'unità delle sinistre
antagoniste (è difficile ma ineludibile) su due discriminanti: autonomia
dal centrosinistra e autonomia dal Partito Socialista Europeo. Senza
bizantinismi come la formazione astrusa di una "sinistra del
centrosinistra". Non estremisti, ma molto, molto radicali alimentando
conflitto sociale.
Indubbiamente, va registrato che oggi
l’essere fuori dal governo allargato ti mette fuori anche dal sistema
politico, il bipolarismo, entrato apparentemente in crisi, alle ultime
elezioni, con l’importante risultato del Movimento cinque stelle produce
una stretta maggioritaria e la via dello snaturamento della
Costituzione, impegnandosi nella scelta presidenzialista o semi
presidenzialista che è persino peggio.
Impedire che si consolidi questo ciclo è
la condizione necessaria per ricomporre le forze fuori dal centro
sinistra, meglio, da questo Centro sinistra, ed è significativo che il
peggioramento della condizione sociale, si rovescia sulla sinistra
piuttosto che pretenderne la rinascita.
Come non vedere che l’Italia rappresenta
una vera e propria anomalia europea, per quanto attiene alla
capacità-necessità della sinistra e dei comunisti di strutturare forme
di composizione nell’interesse più alto che è quello di star in
connessione con le persone che più soffrono gli effetti della crisi, una
crisi che produce l’individualizzazione sul piano sociale nella ricerca
di soluzioni alla propria particolare condizione, uno per uno, fabbrica
per fabbrica, città per città, individualismo e nuovo plebeismo sono la
forma più evidente dei rischi profondi della nostra democrazia. Del
resto è inconfutabile che il “governassimo” rappresenti un potente
acceleratore verso l’astensionismo, il voto stesso viene ritenuto
inutile, anzi, potremmo dire che chi sta bene vota chi sta male no!
E’ importante analizzare, così come
abbiamo iniziato con il ciclo di seminari, questa tendenza, facendo i
conti con la complessità che ci viene consegnata e che non consente
scorciatoie o frettolosi giudizi, infatti, vorrà pur dire qualcosa che
le grandi identità sociali e politiche si sono spezzate, il sindacato di
massa, i grandi partiti formatisi su affinità ideali fondamentali, a
differenza, ripeto, di quanto sta avvenendo in altri paesi europei,
credo che questa frattura parli dritta al cuore della scomposizione
della cultura di classe, e, sulla politica così debole sfugge il tema
della rappresentanza e si impone l’antipolitica.
Nella materialità di questi processi
prende corpo una vera e propria “controriforma” culturale, quanto pesa
il vuoto di un “intellettuale collettivo”, o se si vuole, l’assenza di”
intellettuali organici” nel formarsi del senso comune? Il lavoro
culturale è stato devastato, ed è mancata la capacità di rielaborazione
della tradizione.
Insomma se non si fa fronte ai grandi
vuoti, sociali, culturali, democratici la sinistra e i comunisti non
potranno farcela, la destra non lancia grandi idee, specie quella
attuale, e le persone si orientano sulle convenienze del momento.
E’ a partire da queste considerazioni
che abbiamo deciso nella riunione della Direzione Nazionale del PRC di
inviare una lettera aperta, e una richiesta di confronto ai soggetti
politici e sociali della sinistra.
Nelle scorse settimane abbiamo
incontrato, la FIOM, ALBA e Ross@, che hanno risposto alla nostra
istanza, e in quella occasione abbiamo proposto di riprendere la
campagna referendaria, interrotta dalle elezioni anticipate, su:
articolo 18, articolo 8 e pensioni, perché è del tutto evidente che una
campagna come quella ha bisogno di un fronte più largo di forze.
Abbiamo condiviso la necessità di un
impegno spiccato per l’applicazione della Carta Costituzionale
contrastando le tendenze, più in auge che la vogliono modificare, nei
suoi tratti fondamentali: il lavoro, i diritti, la democrazia, ed in
particolare con la FIOM abbiamo discusso, anche in considerazione della
manifestazione che si sarebbe tenuta il 18 maggio, della democrazia nei
luoghi di lavoro e del diritto per i lavoratori di scegliere liberamente
il sindacato cui aderire, ritenendo che se Confindustria accettasse la
regola del vaglio degli accordi da parte dei lavoratori prima della
firma sarebbe un significativo passo avanti.
Abbiamo, rappresentato a tutti i nostri
interlocutori, la necessità di dare vita ad una “costituente della
sinistra” per la quale ci metteremmo a disposizione, chiedendo che
personalità importanti possano esserne garanti, e possano aiutarci a
trovare le forme stesse di una costituente, giacché è indubitabile che
quel che manca è una forza di opposizione al governo di “larghe intese”
larga, plurale, popolare. Non di leaders abbiamo bisogno, quanto
piuttosto, di allargare il protagonismo dei soggetti che dalle periferie
al centro ogni giorno ingaggiano vertenze sociali e politiche, vorremmo
un processo partecipato e democratico senza accordi pattizzi tra
apparati, in questo senso, per noi, non si tratta di cercare ruoli di
direzione nella Costituente quanto, invece, un autentico processo
partecipativo in cui l’unica regola democratica per decidere sia “una
testa un voto”
Sono stati tre incontri importanti, e,
ne faremo altri anche con altri soggetti. Spiace che SEL si sottragga al
confronto, quasi che ritenesse esaurita la rappresentanza di sinistra
nel confine del centro sinistra, più interessata ad allargare il proprio
“recinto” alle singole adesioni che non a farsi promotrice, insieme ad
altri, della necessaria opera di ri-fondazione della politica. Possibile
che l’unico interlocutore per SEL, sia il PD, e che, addirittura,
ricerchi, come scritto su Il Manifesto da un autorevole dirigente di
SEL: “convergenze parallele” nelle prossime assisi congressuali di PD e
SEL? Così facendo, rischia davvero di essere un impedimento alla
costruzione di una costituente politica in grado di riconnettere
rappresentanza sociale e politica, in grado di contrastare gli effetti
di una crisi così devastante per il mondo del lavoro, per i giovani
insomma per la maggioranza delle persone orfane di una cultura politica
che li coinvolga e torni a farli diventare protagoniste del loro
destino. Noi non ci rassegniamo all’ostinato rifiuto di confronto,
ritenendo che esperienze preziose di unità a sinistra maturate nei
territori, anche in occasione delle ultime elezioni amministrative,
vadano messe al servizio di una ricomposizione tra soggetti politici e
sociali, più che al servizio degli apparati.
Noi certo non siamo autosufficienti per questa impresa ma chi lo è?
ROSA RINALDI
Segreteria Nazionale PRC
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