domenica 16 giugno 2013

Contro il Governo dell'impoverimento sociale serve unità delle sinistre (vere) per organizzare la rivolta anticapitalista




di Giovanni Russo Spena, Controlacrisi.org
 
Il governo delle"larghe intese", voluto da Napolitano, che si è beffardamente autonominato "di servizio" (ai potenti?), "del fare" (pochi e pessimi provvedimenti), non solo sta indirizzando il paese verso l'autoritarismo, la crescita della detenzione sociale con la repressione dei conflitti, sta attaccando la Costituzione, ma sta dimostrando, emblematicamente, che la subalternità (accettata e voluta) ai trattati europei porta ad una situazione sociale drammatica. Come abbiamo sempre sostenuto analizzando il "fiscal compact" e l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione. Abbiamo un compito aspro, gravoso, per quel tanto o poco che possiamo: organizzare rabbia, frustrazione, rancore, "guerre tra poveri" in rivolte anticapitaliste, progetto, soggettività organizzata. 
 Gli ultimi governi hanno imperversato tagliando sulla carne viva delle sfruttate e degli sfruttati. Sul piano della spesa, non tagliano, ovviamente, spese militari, opere faraoniche inutili e dannose, ecc... Non aggrediscono neppure per sbaglio evasione fiscale, elusione, rapporto tra economia legale, illegale, finanza. Hanno, invece, distrutto il welfare, accresciuto la diseguaglianza tra i redditi, abbattuto il diritto allo studio, impoverito i pensionati, tartassato i giovani di precarietà. Lo stato sociale, questo è il punto, è diventato, dentro la crisi della globalizzazione liberista, dentro questa feroce guerra di movimento per l'accumulazione del capitale, per la competitività, un costo da tagliare. I beni comuni vanno mercificati, i servizi sociali privatizzati (per i profitti di multinazionali europee, innanzitutto tedesche, ovviamente). Il rigore finanziario, nella torsione recessiva, è affossamento della civiltà materiale, culturale, della coesione sociale. Il "rapporto sullo stato sociale", curato dal prof. Pizzuti (presentato appena 48 ore fa) descrive la grammatica dolente di un paese a cui viene nascosta, dal sistema istituzionale e mediatico, la globale situazione della società. Verrebbe da chiedersi (ma è un tema che approfondiremo seriamente) cosa facciano i sindacati confederali: non hanno forti responsabilità nella frammentazione e nella delusa rassegnazione diffusa? In Italia il novanta per cento della popolazione (non solo, quindi, i salariati, i precari i disoccupati) non ha affatto "scialato, vissuto al di sopra delle proprie possibilità"- E' un'infamia tentare di colpevolizzare le persone di fronte ad un sistema liberista che domina senza nemmeno più governare. 
Si è consolidato un vero e proprio modello, imposto dal liberismo: bassi salari, altissima disoccupazione (con divari territoriali che superano i liveli di guardia democratici), lavoratori poveri anche quando hanno un contratto, pensioni indignitose, mentre la precarietà è diventata una vera e propria mutazione antropologica, privazione di senso e futuro per ormai quasi due generazioni. Milioni di persone non si curano più; diritto allo studio e all'abitare sono diritti denegati. 
E' necessario partire da qui,demistificare il beota ottimismo sulla "ripresa vicina" (che è solo un alibi truffaldino per coprire illeciti arricchimenti che,anche nella crisi,il dieci per cento della popolazione lucra). E intanto l'opposizione politica sostanzialmente non esiste. In Parlamento è fievole o compromessa con il centrosinistra (subalterno alle politiche del capitale finanziario e della Confindustria). All'esterno del Parlamento penso si debba lavorare per l'unità delle sinistre antagoniste (è difficile ma ineludibile) su due discriminanti: autonomia dal centrosinistra e autonomia dal Partito Socialista Europeo. Senza bizantinismi come la formazione astrusa di una "sinistra del centrosinistra". Non estremisti, ma molto, molto radicali alimentando conflitto sociale. 
 
 
Nessuno, a sinistra, è autosufficiente
Nessuno, a sinistra, è autosufficiente

Indubbiamente, va registrato che oggi l’essere fuori dal governo allargato ti mette fuori anche dal sistema politico, il bipolarismo, entrato apparentemente in crisi, alle ultime elezioni, con l’importante risultato del Movimento cinque stelle produce una stretta maggioritaria e la via dello snaturamento della Costituzione, impegnandosi nella scelta presidenzialista o semi presidenzialista che è persino peggio.
Impedire che si consolidi questo ciclo è la condizione necessaria per ricomporre le forze fuori dal centro sinistra, meglio, da questo Centro sinistra, ed è significativo che il peggioramento della condizione sociale, si rovescia sulla sinistra piuttosto che pretenderne la rinascita.
Come non vedere che l’Italia rappresenta una vera e propria anomalia europea, per quanto attiene alla capacità-necessità della sinistra e dei comunisti di strutturare forme di composizione nell’interesse più alto che è quello di star in connessione con le persone che più soffrono gli effetti della crisi, una crisi che produce l’individualizzazione sul piano sociale nella ricerca di soluzioni alla propria particolare condizione, uno per uno, fabbrica per fabbrica, città per città, individualismo e nuovo plebeismo sono la forma più evidente dei rischi profondi della nostra democrazia. Del resto è inconfutabile che il “governassimo” rappresenti un potente acceleratore verso l’astensionismo, il voto stesso viene ritenuto inutile, anzi, potremmo dire che chi sta bene vota chi sta male no!
E’ importante analizzare, così come abbiamo iniziato con il ciclo di seminari, questa tendenza, facendo i conti con la complessità che ci viene consegnata e che non consente scorciatoie o frettolosi giudizi, infatti, vorrà pur dire qualcosa che le grandi identità sociali e politiche si sono spezzate, il sindacato di massa, i grandi partiti formatisi su affinità ideali fondamentali, a differenza, ripeto, di quanto sta avvenendo in altri paesi europei, credo che questa frattura parli dritta al cuore della scomposizione della cultura di classe, e, sulla politica così debole sfugge il tema della rappresentanza e si impone l’antipolitica.
Nella materialità di questi processi prende corpo una vera e propria “controriforma” culturale, quanto pesa il vuoto di un “intellettuale collettivo”, o se si vuole, l’assenza di” intellettuali organici” nel formarsi del senso comune? Il lavoro culturale è stato devastato, ed è mancata la capacità di rielaborazione della tradizione.
Insomma se non si fa fronte ai grandi vuoti, sociali, culturali, democratici la sinistra e i comunisti non potranno farcela, la destra non lancia grandi idee, specie quella attuale, e le persone si orientano sulle convenienze del momento.

E’ a partire da queste considerazioni che abbiamo deciso nella riunione della Direzione Nazionale del PRC di inviare una lettera aperta, e una richiesta di confronto ai soggetti politici e sociali della sinistra.
Nelle scorse settimane abbiamo incontrato, la FIOM, ALBA e Ross@, che hanno risposto alla nostra istanza, e in quella occasione abbiamo proposto di riprendere la campagna referendaria, interrotta dalle elezioni anticipate, su: articolo 18, articolo 8 e pensioni, perché è del tutto evidente che una campagna come quella ha bisogno di un fronte più largo di forze.
Abbiamo condiviso la necessità di un impegno spiccato per l’applicazione della Carta Costituzionale contrastando le tendenze, più in auge che la vogliono modificare, nei suoi tratti fondamentali: il lavoro, i diritti, la democrazia, ed in particolare con la FIOM abbiamo discusso, anche in considerazione della manifestazione che si sarebbe tenuta il 18 maggio, della democrazia nei luoghi di lavoro e del diritto per i lavoratori di scegliere liberamente il sindacato cui aderire, ritenendo che se Confindustria accettasse la regola del vaglio degli accordi da parte dei lavoratori prima della firma sarebbe un significativo passo avanti.
Abbiamo, rappresentato a tutti i nostri interlocutori, la necessità di dare vita ad una “costituente della sinistra” per la quale ci metteremmo a disposizione, chiedendo che personalità importanti possano esserne garanti, e possano aiutarci a trovare le forme stesse di una costituente, giacché è indubitabile che quel che manca è una forza di opposizione al governo di “larghe intese” larga, plurale, popolare. Non di leaders abbiamo bisogno, quanto piuttosto, di allargare il protagonismo dei soggetti che dalle periferie al centro ogni giorno ingaggiano vertenze sociali e politiche, vorremmo un processo partecipato e democratico senza accordi pattizzi tra apparati, in questo senso, per noi, non si tratta di cercare ruoli di direzione nella Costituente quanto, invece, un autentico processo partecipativo in cui l’unica regola democratica per decidere sia “una testa un voto”
Sono stati tre incontri importanti, e, ne faremo altri anche con altri soggetti. Spiace che SEL si sottragga al confronto, quasi che ritenesse esaurita la rappresentanza di sinistra nel confine del centro sinistra, più interessata ad allargare il proprio “recinto” alle singole adesioni che non a farsi promotrice, insieme ad altri, della necessaria opera di ri-fondazione della politica. Possibile che l’unico interlocutore per SEL, sia il PD, e che, addirittura, ricerchi, come scritto su Il Manifesto da un autorevole dirigente di SEL: “convergenze parallele” nelle prossime assisi congressuali di PD e SEL? Così facendo, rischia davvero di essere un impedimento alla costruzione di una costituente politica in grado di riconnettere rappresentanza sociale e politica, in grado di contrastare gli effetti di una crisi così devastante per il mondo del lavoro, per i giovani insomma per la maggioranza delle persone orfane di una cultura politica che li coinvolga e torni a farli diventare protagoniste del loro destino. Noi non ci rassegniamo all’ostinato rifiuto di confronto, ritenendo che esperienze preziose di unità a sinistra maturate nei territori, anche in occasione delle ultime elezioni amministrative, vadano messe al servizio di una ricomposizione tra soggetti politici e sociali, più che al servizio degli apparati.
Noi certo non siamo autosufficienti per questa impresa ma chi lo è?

ROSA RINALDI
Segreteria Nazionale PRC
 

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