Poteva riuscirci solo lui, e infatti c'è riuscito. Solo lui poteva
costruire il Fiscal Compact in Europa, votarlo, approvarlo fin nei suoi
dettagli e poi chiedere di non rispettarlo pochi mesi dopo.
Sì, è Silvio Berlusconi, l'unico che riesce ad avere ancora la faccia per prenderci in giro. Enrico Letta e il resto del centro sinistra italiano lo fanno altrettanto, ma con minor creatività e maggior coerenza, dato che ancora recitano come un mantra che i vincoli europei saranno comunque rispettati e che l'unico modo per uscire dalla crisi è quello di abbinare rigore e crescita.
Il paradosso della giornata è che dobbiamo ringraziare Silvio Berlusconi perché almeno ci permette di parlare di politica. Berlusconi almeno oggi sta facendo discutere l'Italia dell'unica cosa seria che conta in questo momento, il rispetto o meno dei vincoli europei.
Beppe Grillo e il suo movimento che erano i naturali candidati per porre questa questione sono stati succhiati vivi dalla loro stessa logica mediatica, e ora si trovano a parlare di idiozie mentre il paese schianta.
Così mentre oggi i grillini si divertivano a fare processi in diretta streaming l'unica cosa seria e condivisibile è arrivata sulle prime pagine dalla bocca di Silvio Berlusconi:" i parametri europei non vanno rispettati, tanto mica ci cacciano".
Sì, è Silvio Berlusconi, l'unico che riesce ad avere ancora la faccia per prenderci in giro. Enrico Letta e il resto del centro sinistra italiano lo fanno altrettanto, ma con minor creatività e maggior coerenza, dato che ancora recitano come un mantra che i vincoli europei saranno comunque rispettati e che l'unico modo per uscire dalla crisi è quello di abbinare rigore e crescita.
Il paradosso della giornata è che dobbiamo ringraziare Silvio Berlusconi perché almeno ci permette di parlare di politica. Berlusconi almeno oggi sta facendo discutere l'Italia dell'unica cosa seria che conta in questo momento, il rispetto o meno dei vincoli europei.
Beppe Grillo e il suo movimento che erano i naturali candidati per porre questa questione sono stati succhiati vivi dalla loro stessa logica mediatica, e ora si trovano a parlare di idiozie mentre il paese schianta.
Così mentre oggi i grillini si divertivano a fare processi in diretta streaming l'unica cosa seria e condivisibile è arrivata sulle prime pagine dalla bocca di Silvio Berlusconi:" i parametri europei non vanno rispettati, tanto mica ci cacciano".
Si dirà che lo fa per calcolo politico.
Si dirà che ha governato per anni adeguandosi all’austerità. Si dirà
che parla fuori tempo massimo. E si diranno altre cose più o meno
sensate. Ma saremmo intellettualmente disonesti se negassimo che questa
volta ha ragione Berlusconi: la politica economica del governo dovrebbe
effettivamente guardare oltre i vincoli europei.
Per quanto mi riguarda, credo di averlo già chiarito pochi giorni fa sul “Sole 24 Ore”:
bisogna utilizzare l’avanzo primario (l’eccedenza delle entrate fiscali
sulla spesa, esclusi gli interessi sul debito), sfondando il vincolo
europeo del deficit al 3%. Nelle condizioni date, non ci sono altre
strade altrettanto efficaci, certe, per rilanciare l’economia. Infatti,
nessuno ormai può più negare quanto una parte della accademia italiana
ha chiarito già tre anni fa, con la famosa “Lettera degli economisti”: le politiche di austerità sono fortemente recessive e fanno sprofondare l’Europa nel baratro.
Quanti sostenevano che i moltiplicatori della politica fiscale – che
appunto misurano l’impatto dei tagli e delle tasse sulla produzione
nazionale – fossero trascurabili (o addirittura negativi, secondo la
favoletta per cui l’austerità favorirebbe la crescita) sono stati
sbugiardati nella maniera più plateale. Come ha scritto Krugman,
mai nel ring della storia del pensiero economico un match teorico si
era chiuso con un ko così netto. I keynesiani, favorevoli alle politiche
anticicliche di stimolo della domanda, hanno messo al tappeto i falchi
della austerità. Insomma, oggi vi è una clamorosa contraddizione
tra la condizione in cui siamo, per molti aspetti peggiore di quella
del ’29, e l’idea di proseguire con tagli della spesa pubblica (che, si
badi bene, è già a livelli inferiori della media europea, considerando
anche la spesa per interessi) e aumenti delle tasse.
L’azzeramento
dell’avanzo primario, costruito con le politiche di lacrime e sangue,
vale oltre 35 miliardi di euro e avrebbe un effetto benefico rilevante
per l’economia italiana. Quanto benefico? Ebbene, utilizzando
l’intervallo stimato da Olivier Blanchard – l’illustre
quanto moderato capo economista del Fondo Monetaria Internazionale –
l’effetto espansivo sul Pil italiano sarebbe, nel giro di 9-15 mesi,
variabile tra i 34 e i 62 miliardi di euro, cioè tra i 2 e i 4 punti di
Pil, con un valore medio superiore ai 45 miliardi di euro. Ma
quest’ultima sarebbe una stima davvero molto prudente, se è vero che un
ulteriore recente studio dello stesso Fondo Monetario Internazionale
considera che il moltiplicatore della spesa in Italia, in una condizione
recessiva come quella in cui siamo, dovrebbe assumere molto più
probabilmente un valore intorno al massimo dell’intervallo proposto da
Blanchard. Per non parlare delle stime compiute sugli effetti delle
politiche espansive di Obama (l’American Recovery and Reinvestment Act) che sono arrivati ad individuare moltiplicatori ben più ampi, pari a 3.
A
quanti osserveranno che questa manovra farebbe incrementare il rapporto
tra deficit e Pil, ricordiamo che un intervento di questo genere
avrebbe ampi effetti retroattivi positivi. Intanto, la
crescita del Pil tenderebbe ad arginare significativamente l’aumento dei
rapporti di finanza pubblica. E, d’altra parte, le entrate fiscali
aumenterebbero non meno di un punto di Pil, come conseguenza automatica
della crescita. A coloro che vivono nell’incubo del debito pubblico,
vorrei piuttosto ricordare che nella storia italiana il debito raramente
è cresciuto velocemente come in questo periodo di austerità e che (per
quanto il paragone sia in buona misura improprio) se una impresa è
indebitata il modo razionale per risolvere la questione può ben
consistere nello spendere qualcosa in più per tentare di incrementare il
fatturato, riducendo il peso dei debiti. A chi si chiede di quanto
aumenterebbe lo spread sui titoli del debito pubblico, replico che si
tratta di questione più politica che tecnica, perché se la Banca
Centrale Europea assumesse un profilo accomodante gli spread potrebbero addirittura ridursi.
Una strada difficile da percorrere? Certamente. Ma è la sfida cui siamo sfortunatamente chiamati e il resto sono frottole.
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