Il caso. I partigiani: un’iniziativa nei
giorni della Liberazione. Il presidente Smuraglia: «Si va verso una
grave riduzione della democrazia»
Nel giorno in cui l’emerito presidente della Corte
Costituzionale Gustavo Zagrebelsky, tra i principali promotori
dell’appello di alcuni costituzionalisti contro «la svolta
autoritaria» contenuta nelle riforme, sulla Stampa
abbassa i toni e attenua la contrapposizione con il presidente
del consiglio («Forse l’appello è stato tranchant», ammette il
fondatore di Libertà e giustizia), contro il ddl costituzionale
cade un’altra tegola. Stavolta non è colpa dei i «professoroni», dei
«parrucconi», del «manipolo di intellettuali», per dirla con le
parole di Renzi e dei suoi.
Stavolta a dire no è l’associazione
nazionale dei partigiani. La stessa che, sarà bene ricordarlo, lo
scorso 12 ottobre 2013 aveva deciso di non partecipare al corteo
«La via maestra» organizzata contro la modifica dell’art.138 da
Rodotà, Carlassare, Don Ciotti, lo stesso Zagrebelsky e Maurizio
Landini. Per non partecipare a una manifestazione divisiva, era
stata la motivazione, in una battaglia (contro quella riforma) che
«non può essere solo di una parte dei cittadini, ma dev’essere la più
estesa e condivisa possibile, anche per l’eventualità che alla fine
si debba ricorrere al referendum». La manifestazione fu
sterminata, e la sinistra del Pd, che allora sosteneva un governo di
larghe intese con Berlusconi, si fece scudo di questa posizione
e non partecipò. Gli unici dem che andarono in piazza furono Pippo
Civati e Laura Puppato (poi quest’ultima votò a favore della riforma).
Poi Berlusconi ruppe con il governo Letta e mandò per aria l’iter
delle riforme, per la quarta volta dai tempi della Bicamerale.
Stavolta sospetti di ’partitini’ (infondati, si rivelarono poi) non ce n’è. E così ieri il presidente partigiano Carlo Smuraglia (già avvocato, membro del Csm e tre volte senatore Ds, nonché combattente nel Corpo Italiano di Liberazione, Divisione Cremona, ottava armata) si è decisamente messo di traverso sulla strada delle riforme targate Renzi, schierando tutto il prestigio della sua associazione. Spiega Smuraglia: il ddl sul senato, in combinato disposto con la legge elettorale che a sua volta «irrobustisce i poteri del presidente del Consiglio e del governo», va verso «un’ulteriore e grave riduzione dei margini di democrazia, che subiscono da tempo una lenta ma progressiva erosione e che, invece, noi consideriamo intangibili, alla luce dei principi e dei valori costituzionali».
Stavolta sospetti di ’partitini’ (infondati, si rivelarono poi) non ce n’è. E così ieri il presidente partigiano Carlo Smuraglia (già avvocato, membro del Csm e tre volte senatore Ds, nonché combattente nel Corpo Italiano di Liberazione, Divisione Cremona, ottava armata) si è decisamente messo di traverso sulla strada delle riforme targate Renzi, schierando tutto il prestigio della sua associazione. Spiega Smuraglia: il ddl sul senato, in combinato disposto con la legge elettorale che a sua volta «irrobustisce i poteri del presidente del Consiglio e del governo», va verso «un’ulteriore e grave riduzione dei margini di democrazia, che subiscono da tempo una lenta ma progressiva erosione e che, invece, noi consideriamo intangibili, alla luce dei principi e dei valori costituzionali».
Se non siamo alla «la svolta
autoritaria» poco ci manda. «Non vogliamo conservare l’esistente
a tutti i costi», sottolinea Smuraglia, che è favorevole alla
fine del bicameralismo perfetto, problema che però «può essere
risolto in molti modi, scegliendo fra i tanti modelli esistenti, ma
rispettando la linea costituzionale di valorizzazione del
parlamento, in quanto rappresentante diretto della volontà
popolare».
Non sarà solo una dichiarazione da
mettere a verbale, fra le tante che fioccano in questi giorni
mentre al senato viene incardinata la riforma. Fra il 25 e il 30
aprile, e cioè a ridosso della tradizionale celebrazione
dell’anniversario della Liberazione, l’Anpi annuncia una
manifestazione dove saranno invitate «tutte le associazioni che da
sempre si battono per questa Costituzione».
Si ricompatta dunque il fronte che si
era incrinato lo scorso ottobre. E si ricompatta nei giorni vicini
a un 25 aprile che quest’anno cade nel ventennale della
manifestazione del 1994, quella sterminata di Milano, sotto la
pioggia, da cui partì la slavina che travolse il primo governo
Berlusconi.
L’Anpi è stata attenta a non esporre la festa nazionale nelle polemiche di parte, che però a occhio non tarderanno ad arrivare, a giudicare dalle prime reazioni della rete. Stavolta, a vent’anni di distanza, a Palazzo Chigi c’è Matteo Renzi, capo di un governo ’amico’, almeno sulla carta. Ma le sue riforme contano ancora sull’appoggio indispensabile dell’ex cavaliere, che pure ormai è condannato, e sarà già in quei giorni affidato ai servizi sociali.
L’Anpi è stata attenta a non esporre la festa nazionale nelle polemiche di parte, che però a occhio non tarderanno ad arrivare, a giudicare dalle prime reazioni della rete. Stavolta, a vent’anni di distanza, a Palazzo Chigi c’è Matteo Renzi, capo di un governo ’amico’, almeno sulla carta. Ma le sue riforme contano ancora sull’appoggio indispensabile dell’ex cavaliere, che pure ormai è condannato, e sarà già in quei giorni affidato ai servizi sociali.
di Daniela Preziosi, Il Manifesto
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